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L'era dei disastri climatici è iniziata

Articolo del 28 agosto 2023

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Molto prima del previsto siamo entrati in un futuro caratterizzato da fenomeni meteorologici estremi

Lo scorso mese di luglio s’è aggiudicato lo sgradito titolo di mese più caldo da quando, nel diciannovesimo secolo, s’è iniziato in modo sistematico ad archiviare i dati meteorologici. Stando ai climatologi, molto probabilmente questo mese di luglio è stato nientemeno che il mese più caldo degli ultimi 120’000 anni e, data la rapidità con cui il clima si sta surriscaldando, quello di quest’anno potrebbe addirittura rivelarsi il luglio più fresco degli anni a venire, in altre parole solo un “assaggio del caldo che verrà”.

Al fine di evitare gli effetti più catastrofici del cambiamento climatico, nel 2015, i leader mondiali avevano fissato l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale a +1,5°C, e ciò rispetto alle temperature preindustriali, A luglio, la temperatura media globale ha superato per la prima volta, se pur di poco, questo limite critico. Nei soli Stati Uniti i termometri hanno segnalato quasi 5’000 record locali di calore e di precipitazioni, a livello globale, il loro numero ha superato i 10’000. I climatologi prevedono che il 2023 sarà l'anno più caldo mai registrato. Sebbene i vari scenari sull’evoluzione del clima avessero previsto da tempo un forte aumento di eventi meteorologici estremi, molti specialisti di questioni climatiche si sono mostrati estremamente allarmati per la sorprendente velocità con cui il clima sta cambiando.

Combattere il surriscaldamento del clima non basta, occorre anche sapersi adattare

L'entità delle catastrofi climatiche verificatesi nel corso di quest'anno mostra chiaramente che non basta più che i governi e i politici si concentrino sullo sviluppo di strategie per ridurre le emissioni dei gas serra. Essi debbono oramai prestare anche maggiore attenzione all'adattamento a un clima molto più caldo che in passato, in altre parole devono anche occuparsi di rendere le infrastrutture meglio atte a resistere ai fenomeni meteorologici estremi. Se ciò non accadrà, il surriscaldamento del clima non solo provocherà innumerevoli vittime, ma metterà a repentaglio anche i mezzi di sussistenza e comunità intere in tutto il mondo.

La 28esima Conferenza sul clima (COP28), che si terrà tra fine novembre e inizio dicembre di quest’anno negli Emirati Arabi Uniti, rappresenterà un momento cruciale per dare all'adattamento alle nuove condizioni climatiche la stessa importanza di quella data finora alla riduzione delle emissioni di gas serra. Le catastrofi meteorologiche che continuano a imperversare a livello planetario, dovrebbero infatti galvanizzare i governi e spingerli a intraprendere azioni più radicali rispetto a tutti i vertici precedenti.

Adattarsi o perire

Le statistiche sul calore, per quanto scioccanti, non raccontano l'intera storia dell’impatto del surriscaldamento del clima. Temperature più elevate hanno come corollario tempeste e inondazioni più disastrose, ciò in particolare perché con ogni grado in più l’aria può accumulare il 7% di acqua in più. Inoltre, con l’aumento delle temperature che impatta anche sul regime dei venti, le ondate di calore si fanno sempre più calde e lunghe, causando siccità e favorendo il dilagare di giganteschi incendi. Tutto ciò già si sapeva, ma il livello delle temperature e la durata delle ondate di afa di quest'estate hanno ugualmente sorpreso. A Phoenix, la capitale dell’Arizona, il termometro ha registrato per ben 31 giorni consecutivi temperature superiori ai 43°C di giorno e ai 30°C di notte, riscaldando l’asfalto delle strade a un punto tale da ustionare la pelle delle persone e degli animali che ne sono entrati in contatto. Nel sud-ovest dell'Iran le temperature hanno raggiunto addirittura i 50°C, costringendo il governo a dichiarare le vacanze pubbliche perché era semplicemente troppo caldo per lavorare. Ad agosto, il tanto atteso Jamboree mondiale dei Boy Scout in Corea del Sud ha dovuto essere interrotto, perché centinaia di ragazzi sono stati vittime di malori a causa del caldo. Le condizioni più calde e umide hanno invece permesso alle zanzare di prosperare, causando in Bangladesh la peggiore epidemia di Dengue di sempre, epidemia che ha causato centinaia di morti e messo in ginocchio le strutture sanitarie. Nel Canada giganteschi incendi hanno costretto le autorità ad evacuare oltre 200'000 residenti e hanno finora ridotto in cenere una superficie boschiva di oltre 15 milioni di ettari, pari alla superficie dell’intera Grecia, costringendo milioni di americani e canadesi a rimanere chiusi in casa per evitare malattie respiratorie. I violentissimi roghi verificatisi sull’isola hawaiana di Maui sono di fresca memoria e hanno letteralmente cancellato la storica capitale Lahaina, facendo almeno 115 morti e oltre 388 persone di cui si sono perse addirittura le ceneri.

Una marea montante

Quest’estate non sono mancate nemmeno le precipitazioni estreme col loro corteo di inondazioni, scoscendimenti e distruzioni. A luglio, a Nuova Delhi son caduti in un solo giorno 15 cm di pioggia, causando mortali smottamenti e inondazioni improvvise. Sempre a luglio, a Pechino, un'altra tempesta ha scaricato le precipitazioni più intense degli ultimi 140 anni, ossia quattro volte la media delle precipitazioni che cadono sulla città durante l'intero mese di agosto. Appena pochi giorni fa, le autorità del Pakistan sono state costrette ad evacuare oltre 100'000 abitanti da numerosi villaggi sommersi da catastrofiche inondazioni.

In Europa, durante l’ondata di caldo estremo di luglio, gli italiani hanno subito catastrofiche grandinate con chicchi di dimensioni enormi. Il 19 luglio 2023 a Carmignano di Brenta, in provincia di Padova, è piombato dal cielo un pezzo di ghiaccio con un diametro di 16 centimetri, ben un centimetro in più rispetto al precedente record europeo registrato in Romania nel 2016. Ma questo record è stato superato appena cinque giorni dopo da un altro titanico “chicco” di grandine di ben 19 centimetri di diametro, cascato dal cielo ad Azzano Decimo, sempre in Italia. Ma non occorre andare all’estero per fare la conta dei danni da grandinate catastrofiche. Anche qui da noi in Ticino, e più precisamente nel Locarnese, una grandinata con chicchi della dimensione di palline da golf ha provocato nei giorni scorsi danni milionari

Tutti questi eventi hanno un alto costo umano ed economico. Case e scuole distrutte, strade interrotte, raccolti annientati e catene di distribuzione interrotte. Stando a un'analisi di “World Weather Attribution”, un'organizzazione che analizza i dati meteorologici per determinare in quale modo il clima più caldo influenza gli eventi meteorologici estremi, le ondate di canicola che hanno devastato in questi mesi l'Europa e il Nord-America sarebbero state "virtualmente impossibili" in assenza dell’attuale livello di gas serra prodotto dall’uso di carburanti e combustibili fossili, Questo nesso causale è valido in tutte le regioni del mondo. In Cina, ad esempio, il caldo record è stato reso 50 volte più probabile a causa del surriscaldamento del clima provocato dall'uomo.

Finora, la classe politica, l’economia e gli scienziati si sono concentrati sul “come ridurre le emissioni di gas serra”, in altri termini sul come uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili. Secondo il presidente del “United Kingdom’s Climate Change Adaptation Committee”, l'altro lato della sfida, ossia l'adattamento e la preparazione a eventi meteorologici estremi come quelli di quest'estate, è rimasto invece "privo di risorse, di finanziamenti e spesso ignorato". Gli sforzi di adattamento, come ad esempio innalzare gli edifici in modo che non vengano compromessi dalle inondazioni, ripristinare le “infrastrutture naturali”, come le foreste di mangrovie, per proteggere le coste dall'innalzamento del livello del mare e dalle mareggiate, o investire in reti elettriche in grado di funzionare anche nelle condizioni più estreme, sono stati finora modesti, anche se i disastri legati al clima sono aumentati e peggiorati. Ecco perché, nel 2022, le Nazioni Unite hanno messo in guardia sul fatto che, senza una maggiore attenzione a questi aspetti, la portata dei disastri legati al clima potrebbe superare ben presto le nostre capacità di correre ai ripari.

Val la pena ricordare che, fissando l'obiettivo di limitare il riscaldamento ad un massimo di 2°C e preferibilmente al di sotto di 1,5°C, nell'accordo di Parigi del 2015 si stabiliva anche che quest’obiettivo mirava a "migliorare la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici". Misurare i progressi fatti nel campo dell'adattamento a un clima più caldo, come ad esempio l'ammontare dei danni evitati da inondazione, è tuttavia molto più difficile e impegnativo che calcolare la quantità di carbonio emessa o non emessa nell'atmosfera. Ciò anche perché le emissioni si possono facilmente misurare sia a livello globale, sia per paese, mentre i danni da disastri climatici sono in genere locali e più difficili da quantificare.

A che punto siamo

Con le catastrofi di quest'estate ancora di fresca memoria, la COP28 potrebbe diventare un punto di svolta per quanto concerne gli sforzi di adattamento a un clima molto più caldo. La forza distruttiva del surriscaldamento del clima non si è infatti mai manifestata in modo così palese su tutti i continenti del nostro pianeta, permettendo a miliardi di persone di sperimentare sulla propria pelle il suo impatto. Queste esperienze personali in materia di catastrofi climatiche potrebbero, anzi dovrebbero, servire da propellente per darci una mossa e intensificare gli sforzi per adattarci a un clima più caldo.

Occorre imparare a gestire il rischio climatico

Il fatto è, che nessun paese è veramente pronto in modo adeguato ad affrontare la nuova realtà. Certo ve n’è qualcuno che si è già mosso, come ad esempio i Paesi Bassi, paese con più di un quarto del suo territorio situato già oggi al disotto del livello del mare. Ebbene i Paesi Bassi stanno investendo miliardi per innalzare le loro dighe e prepararsi alle previste inondazioni nel caso si realizzi lo scenario climatico peggiore. Tuttavia, anche gli olandesi sono stati colti di sorpresa dal caldo record di quest'estate: 39.000 persone sono morte durante un'ondata di calore di tre settimane lo scorso mese di giugno, il 5% in più di quanto normalmente previsto in quel periodo dell’anno. Anche i Cinesi, che hanno deciso di trasformare l'80% delle loro aree urbane entro il 2030 in cosiddette "città spugna", ossia città progettate per essere in grado di assorbire gran parte delle precipitazioni, non sono stati all'altezza delle inondazioni verificatesi quest'estate. Le inondazioni che hanno colpito l'area di Pechino e che hanno costretto ad evacuare quasi un milione di persone, hanno messo in luce l'inadeguatezza delle misure di prevenzione messe in campo finora. Negli Stati Uniti, il numero dei cosiddetti disastri da un miliardo di dollari, ovvero di quei disastri che costano più di un miliardo di dollari ciascuno, è passato da 6 nel 2002 a 18 nel 2022, e se ne sono già registrati ben 15 nei soli primi sette mesi del 2023. Mentre la maggior parte dei paesi sviluppati, tra cui l’Australia, il Canada, il Giappone e quelli dell'Unione Europea, hanno adottato almeno sulla carta tali strategie quali strumenti essenziali per la gestione del rischio climatico, nonostante l’impressionante aumento dei disastri sul suo suolo, finora il governo statunitense non è stato in grado di sviluppare una strategia nazionale di adattamento, il che lo rende il fanalino di coda tra le nazioni sviluppate. Ora resta da vedere se la COP28 potrà rappresentare una svolta per quanto riguarda l'adattamento al surriscaldamento del clima. Quel che comunque è certo, è che i progressi fatti finora per quel che concerne invece la riduzione delle emissioni di gas serra sono, è il caso di dirlo, meno che modesti.

L’agenda ambiziosa di COP28

Per la COP28 gli Emirati Arabi Uniti hanno presentato un'agenda ambiziosa. Essa prevede ingenti fondi per progetti volti ad affrontare il cambiamento climatico, tra cui il raddoppio entro il 2025 dei fondi destinati all'adattamento. Ma anche se questi finanziamenti per l'adattamento dovessero realmente aumentare, i requisiti di finanziamento per l'adattamento in generale rimangono scoraggianti: si stima che i soli paesi in via di sviluppo abbiano bisogno di fra 160 e 340 miliardi di dollari all'anno entro il 2030 per finanziare i numerosi progetti di adattamento locali, tra cui la gestione delle risorse idriche, la manutenzione delle infrastrutture e i programmi volti ad assicurare la sicurezza alimentare. Tuttavia, ad oggi, il flusso di fondi internazionali destinati all'adattamento rimane misero, ossia meno di 50 miliardi di dollari, il che rappresenta meno del 10% del denaro attualmente speso per la protezione del clima nel suo complesso. Inoltre, ciò che viene destinato all'adattamento proviene quasi interamente dai governi, in gran parte concesso sotto forma di crediti, che mettono ulteriormente a dura prova le magre finanze di questi paesi che già soffrono di problemi di liquidità. Comunque il denaro da solo non basterà a preparare le comunità ad affrontare un clima storicamente estremo.

Le 5 priorità per rendere la nostra società più resiliente al surriscaldamento del clima

Per essere efficaci, le agende di adattamento dovranno andare oltre la ricerca di finanziamenti e sviluppare piani veramente efficaci per ridurre le devastazioni. L'estate appena trascorsa ha dimostrato che ci sono alcune aree chiave, che richiedono un'attenzione particolare e urgente, e per le quali strategie di adattamento efficaci sarebbero molto utili per rendere i paesi resilienti agli eventi climatici estremi.

Prima di tutto occorrono sistemi di allerta precoce. Le statistiche parlano chiaro: un preavviso di sole 24 ore per un disastro imminente può comportare fino al 30% di danni in meno. L'allerta precoce e il miglioramento delle previsioni salvano numerose vite umane, come dimostrato nel Bangladesh. Quando nel 1970 il ciclone Bhola colpì questo paese, persero la vita circa mezzo milione di persone. Negli ultimi cinque decenni, il Bangladesh è riuscito a creare un sistema di allerta precoce che consiste in previsioni meteorologiche più precise, in un meccanismo di comunicazione efficace, nonché in un sistema di rifugi per cicloni, alcuni dei quali in tempi normali fungono da scuole. Queste misure hanno ridotto di oltre cento volte il numero di morti causati dai cicloni. Gli investimenti in previsioni meteo più accurate potrebbero ridurre anche i decessi legati alle ondate di calore. In occasione della COP27, le Nazioni Unite hanno lanciato un'iniziativa di allerta precoce che prevede di investire fra il 2023 e il 2027 oltre 3 miliardi di dollari. La COP28 può quindi basarsi sul lavoro svolto in precedenza dall’ONU, mettendo in funzione tempestivamente i nuovi sistemi d’allerta meteorologica ed espandendoli rapidamente a tutto il globo, in particolare all’Africa.

In secondo luogo, i paesi dovrebbero cooperare per migliorare le capacità di risposta transfrontaliera. Le catastrofi climatiche spesso non rispettano le frontiere nazionali, il che rende essenziale una risposta coordinata a livello internazionale. Parecchi governi vicini hanno già dimostrato di essere capaci a collaborare in caso di crisi. Quando ad esempio a inizio agosto la Slovenia è stata devastata dalle inondazioni, causando in quel paese il peggior disastro naturale di sempre, Francia e Germania hanno inviato parecchio materiale per aiutare le autorità di soccorso slovene, tra cui anche ponti in prefabbricato. Oppure quando Cipro è stata devastata da enormi incendi, l’Unione Europea ha inviato aerei antincendio, mentre la Grecia ha inviato le schiume ignifughe necessarie ai pompieri. Anche la NATO ha dato il buon esempio, assumendo un ruolo guida nell'istituzionalizzare la cooperazione transfrontaliera in caso di catastrofe. Nel 2022 ha schierato ben 40 aerei, tra cui aerei antincendio ed elicotteri, per domare gli incendi che s’erano sviluppati in Grecia. Quest’anno, sempre la NATO, ha istituito un centro per il cambiamento climatico e la sicurezza, inteso a mettere a punto strategie più efficaci per rispondere alle nuove sfide. Finora però si tratta solo di sforzi puntuali, in futuro sarà necessario un coordinamento molto più sistematico per garantire la condivisione delle conoscenze, del personale e dei mezzi.

In terzo luogo, i politici devono impegnarsi a colmare il divario di protezione assicurativa: ossia la differenza tra ciò che deve essere assicurato contro i disastri climatici e ciò che è effettivamente coperto. Dei 360 miliardi di dollari di perdite globali causate da fenomeni meteorologici estremi nel 2022, le assicurazioni hanno coperto soltanto il 39%. Ciò significa che la maggior parte delle perdite ha dovuto essere presa a carico da privati, governi e filantropi, mettendo a dura prova le risorse delle comunità toccate. I risarcimenti assicurativi accelerano la ripresa e sollevano le famiglie dal dover fare scelte devastanti in seguito a gravi disastri naturali, come per esempio ritirare i figli da scuola per metterli al lavoro o vendere beni preziosi come sementi e bestiame per sopperire alla mancanza di reddito. Ecco perché gli stati, man mano che l’impatto economico del surriscaldamento del clima si fa più pesante, devono inventarsi nuove politiche assicurative. Si potrebbe ad esempio ampliare la portata delle polizze in modo da fornire denaro in anticipo rispetto a una tempesta, in modo che coloro che ne sono minacciati possano investire in protezioni contro le inondazioni, oppure offrire incentivi per investimenti volti a ridurre il rischio, come ad esempio rendere le case più resistenti agli incendi.

Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una sfida assicurativa particolarmente delicata. Negli ultimi anni, molti assicuratori immobiliari si sono infatti ritirati dalle aree più soggette a disastri climatici, come la California, la Florida e la Costa del Golfo. Parallelamente, man mano che la copertura assicurativa dei proprietari di casa si riduce, aumentano le richieste di intervento da parte dello stato. Il governo degli Stati Uniti non è nuovo ad interventi nel mercato delle assicurazioni contro i disastri. Esiste infatti un precedente: oltre 50 anni fa, dopo che le assicurazioni private si erano ritirate dal mercato delle assicurazioni contro le inondazioni a seguito di una serie di massicce inondazioni lungo il corso del fiume Mississippi, il governo federale creò il Programma Nazionale di Assicurazione contro le Inondazioni, un'iniziativa tutt’ora nelle cifre rosse, ma che permette di compensare le carenze del settore assicurativo privato. Oggi il governo degli Stati Uniti potrebbe estendere questo programma, istituendo una commissione che individui i modi per garantire un'adeguata copertura assicurativa a prezzi accessibili al cittadino comune. Questa commissione potrebbe anche ispirarsi ai programmi di protezione dai disastri naturali di altri paesi, come ad esempio al sistema Nat Cat della Francia, che garantisce a tutti i cittadini francesi un risarcimento in caso di danni causati da disastri naturali.

In quarto luogo, occorre cambiare il paradigma per le catastrofi naturali, dando priorità alla riduzione del rischio rispetto al recupero. Ad esempio imponendo norme di costruzione più severe per aumentare la resistenza degli edifici. Negli Stati Uniti, ad esempio, per ogni dollaro speso a causa di norme edilizie più severe, si risparmiano fino a 11 dollari in costi di recupero dell’edificio in caso di disastro. Secondo l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), attualmente i paesi a rischio incendi spendono fino a sei volte di più per combattere gli incendi che per ridurre il rischio che essi si verifichino. Con l'aumento delle dimensioni degli incendi provocati dal cambiamento climatico e del calore che sprigionano, la prevenzione, piuttosto che il recupero, diventerà sempre più fondamentale. Un modo per incentivare maggiori investimenti in misure proattive, sarebbe quello di vincolare gli sforzi di riduzione del rischio ai fondi statali. Ad esempio, le comunità che non investono nella riduzione del rischio, autorizzando le costruzioni anche in aree a rischio di inondazioni o di incendi, riceverebbero meno assistenza governativa dopo i disastri rispetto a quelle che cercano di minimizzare i rischi in anticipo, migliorando l'uso del territorio e le pratiche edilizie.

In quinto luogo, i paesi devono investire in modo collaborativo per migliorare la sicurezza alimentare globale, sempre più minacciata da condizioni climatiche estreme. Circa il 42% delle calorie mondiali proviene da riso, frumento e mais. I rendimenti per ettaro di queste colture sono destinati a diminuire a causa dell'aumento delle temperature e della maggiore frequenza di eventi estremi, come ad esempio l'alluvione del 2022 in Pakistan che ha sommerso un terzo del paese, annientando gran parte delle coltivazioni di riso e di cotone. Per difendersi da questi eventi ed evitare le carestie sul nascere, occorre aumentare gli investimenti nello sviluppo e nella distribuzione di sementi resistenti alle nuove condizioni climatiche e di colture che necessitano meno acqua. Gli stati devono inoltre diversificare le loro fonti di approvvigionamento, in modo da garantire la disponibilità di fonti alternative di cibo nel caso in cui un polo agricolo dovesse entrare in crisi. Come affermato da Antonio Guterres, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, "Se non nutriamo le persone, alimentiamo i conflitti", di che fornire ai governi un ulteriore incentivo ad affrontare il problema della sicurezza alimentare. Solo così si potrà infatti migliorare la sicurezza generale.

Un disastro annunciato

All’ultima riunione del G-20 (il gruppo che riunisce le 20 maggiori economie del mondo), quanto s’è trattato di definire l'impegno per ridurre l'uso dei combustibili fossili e per triplicare la produzione di energie rinnovabili entro il 2030, i negoziati si sono purtroppo arenati. Contemporaneamente Big Oil, ossia le principali compagnie petrolifere, nella scia dei profitti record che hanno realizzato durante la guerra in Ucraina, hanno fatto marcia indietro rispetto agli impegni presi in precedenza per ridurre le loro emissioni di gas serra. Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, negli ultimi anni meno del 5% degli investimenti di Big Oil sono stati destinati a fonti energetiche rinnovabili e quest'anno queste aziende spenderanno in totale oltre 500 miliardi di dollari per aprire nuovi pozzi di petrolio e di gas. La Cina, il paese che emette più gas serra al mondo, sta attualmente costruendo centrali a carbone per una capacità sei volte superiore a quella di tutto il resto del mondo. Non a caso, stando all'AIE, quest’anno il consumo di carbone sarà più o meno pari al record mondiale stabilito l’anno scorso. Tutto ciò mentre, sempre quest’anno, gli scienziati dell’osservatorio di Mauna Loa nelle Hawaii hanno registrato un nuovo triste primato per quel che concerne la concentrazione di gas serra nell’atmosfera, ossia 424ppm, quella più alta mai rilevata dall'inizio delle registrazioni. A titolo di paragone val la pena qui ricordare che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha superato per la prima volta i 300ppm all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso e che nel corso degli ultimi 3 milioni di anni non ha mai superato i 400ppm.