Il livello del mare aumenta sempre più rapidamente
15.08.2022
Notizie negative
Articolo del 25 aprile 2023
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Le crisi si succedono oramai a ritmo sostenuto: dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e la crisi energetica, ecco che ci vediamo confrontati alla crisi idrica che si appresta nei prossimi anni a trasformarsi in crisi alimentare
Gli ultimi 8 anni sono stati i più caldi mai registrati, e ciò nonostante l'effetto di raffreddamento del fenomeno La Niña che ha caratterizzato il clima degli ultimi tre anni. Stando all’Organizzazione Meteorologica Mondiale, i ghiacciai di tutto il mondo si stanno oramai sciogliendo a un ritmo drammatico. Nel giro del solo ultimo ventennio i ghiacciai svizzeri hanno perso addirittura un terzo del loro volume, il 6% della sola ultima estate. Nelle alpi, l’anno scorso sono complessivamente scomparsi 5 miliardi di tonnellate di ghiaccio e per la prima volta nella storia, nessuna neve è sopravvissuta al periodo di scioglimento estivo, nemmeno sulle vette più alte. Pertanto, i ghiacciai non hanno potuto accumulare nuovo ghiaccio per compensare almeno parzialmente le perdite estive. Lo scorso 25 luglio un pallone meteorologico ha registrato una temperatura di zero gradi Celsius ad un’altezza di 5.184 metri, l’isoterma di 0°C più alta mai registrata da quando, 69 anni fa, si è iniziato a misurarla. "La battaglia per i ghiacciai è praticamente già persa”, ha detto Petteri Taalas, il capo dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale. Fatto che non lascia augurare nulla di buono per le falde freatiche, la portata estiva dei grandi fiumi europei e l’approvvigionamento di acqua potabile.
Anche ai poli la situazione non è migliore. Negli ultimi 30 anni la perdita di massa dei ghiacciai dell’Antartide e della Groenlandia è quintuplicata ed è ora responsabile di un quarto dell'aumento del livello del mare, i restanti ¾ essendo dovuti all’acqua più calda, che aumenta di volume con ogni grado di temperatura in più. Per dare un’idea del volume del ghiaccio liquefattosi in mare negli ultimi 30 anni, basta dire che corrisponde a un cubo di 20 km di lato, un cubo la cui altezza oltrepassa il limite che separa la troposfera dalla stratosfera.
Tutto ciò accade mentre le emissioni di gas serra, in particolare di CO2 e di metano, invece di diminuire, continuano ad aumentare. Petteri Taalas ha anche sottolineato le conseguenze economiche e sociali di questa accelerazione del surriscaldamento del clima. L'anno scorso centinaia di milioni di persone sono state colpite da una siccità senza precedenti nell’Africa orientale, da catastrofiche inondazioni che hanno messo sott’acqua 1/3 del Pakistan o dalle ondate di calore e dalla siccità che hanno colpito la Cina e l’Europa. Le conseguenze di tutto ciò sono una crescente insicurezza alimentare, migrazioni di massa, oltre a perdite e danni miliardari.
Il 2022 è stato l’anno più caldo e più secco di sempre in Europa
Secondo Copernicus (servizio di osservazione satellitare della Terra, gestito dal programma spaziale dell'Unione Europea e attivo dal 1979), in Europa le temperature stanno aumentando circa due volte più velocemente della media globale. L’estate scorsa la media delle temperature registrate in Europa ha addirittura superato di 1,4°C la media di quelle registrate nel decennio fra il 1991 il 2000. L'estate del 2022 è stata inoltre caratterizzata da una devastante siccità, che secondo Copernicus ha interessato più di un terzo dell'Europa e ha colpito in particolare l'agricoltura, i trasporti fluviali e l'approvvigionamento energetico. Ciò è dovuto in parte alle deboli nevicate dell'inverno precedente e alle enormi ondate di calore estive che hanno aggravato la situazione. Unico fattore positivo: l’irraggiamento solare è stato il più intenso degli ultimi 40 anni e ha permesso una produzione di energia fotovoltaica senza precedenti.
Spagna: calo della produzione agricola del 14.7%
Al posto di un bacino idrico una distesa di terreno secco attraversato da profonde crepe: un’immagine che di solito conosciamo solo dalle zone di siccità in Africa e in Asia, ma che è diventata realtà anche in ampie zone della Spagna. Secondo la principale associazione di agricoltori e allevatori spagnola, in Spagna si sono persi per la siccità oltre 3,5 milioni di ettari di aree coltivate. L’anno scorso nel sud del paese è andato perso quasi l'intero raccolto di cereali e di legumi. In diverse regioni e città iberiche l’acqua è oramai talmente scarsa da aver costretto le autorità a razionarla.
Stando a Tomas Azcarate del Consiglio Nazionale della Ricerca, la Spagna sta lavorando alacremente per rendere fruibili nuove fonti d'acqua, ad esempio le acque reflue riciclate e l’acqua di mare desalinizzata. "È ovvio che sia l'acqua desalinizzata, sia quella riciclata sono più costose", afferma Azcarate, facendo notare che ciò ha un forte impatto sui costi di produzione. "Più alti sono i costi, più alti saranno i prezzi che i consumatori europei dovranno presto pagare per la frutta e la verdura spagnole". Ma si tratta anche di capire se e per quanto tempo i prodotti agricoli tradizionali potranno ancora essere coltivati in Spagna. Infatti ad essere in pericolo è l'intero settore agricolo spagnolo, perché il surriscaldamento del clima non è per dopodomani, ma è già oggi una cruda realtà. Stando alle cifre ufficiali, nel 2022 la produzione agricola spagnola è calata del 14.7% e, nonostante i cospicui aumenti dei prezzi, il reddito totale del settore agricolo ha subito in termini reali nel 2022 un calo significativo dell'8,7% rispetto al 2021.
Francia: calo del rendimento agricolo fra il 10 e il 30% a seconda delle colture
Anche la Francia si trova in piena emergenza climatica e sta combattendo per l'acqua. Mentre le falde acquifere si stanno prosciugando, le proteste si intensificano. I residenti di quattro comuni del sud della Francia hanno ricevuto proprio in questi ultimi giorni dalle autorità un messaggio SMS per metterli in guardia dal bere l'acqua del rubinetto, acqua che può essere pericolosa per la salute. Durante la siccità invernale il livello delle falde acquifere è infatti sceso a livelli tali da non potere più essere utilizzate. Invece di fermare completamente l’erogazione di acqua, si è dunque fatto ricorso all'acqua utilizzata per l'agricoltura, acqua che però non è potabile. Così le 3.000 persone colpite da questa misura si sono viste costrette a fare la fila davanti ai rispettivi municipi per ritirare le loro razioni di acqua potabile in bottiglie di plastica. Contemporaneamente, pochi chilometri più a sud, diverse centinaia di ettari di pineta andavano in fiamme. In precedenza, le fiamme erano divampate anche sulle colline intorno alla metropoli francese di Nizza. La causa: l'estrema siccità, infatti in Francia le mappe di siccità di diverse regioni sono passate dall'arancione al rosso intenso, simbolo di "siccità estrema".
Il Presidente francese Emmanuel Macron ha recentemente annunciato un piano idrico nazionale e non ha risparmiato parole forti: "La scorsa estate abbiamo avuto una siccità eccezionale, con 2.000 comuni che temevano per la loro acqua potabile o addirittura non erano in grado di fornirla", ha detto, "Ma questa siccità non sarà eccezionale in futuro - non c'è nulla che faccia pensare che la situazione migliorerà". Secondo i climatologi, a causa del surriscaldamento del clima, la Francia disporrà infatti del 40% di acqua in meno entro il 2050. Ecco perché Macron ha annunciato che tutti i principali consumatori di acqua - in Francia si tratta principalmente dell’agricoltura, delle centrali nucleari e delle abitazioni private - dovranno risparmiare il dieci per cento di acqua. Per quel che concerne i privati, il capo di stato francese ha già formulato una proposta concreta: a livello nazionale i cittadini dovrebbero pagare meno per i primi metri cubi di acqua che utilizzano. Questi basteranno solo per coprire le esigenze di base: bere, cucinare, fare la doccia e lavare i vestiti. Per tutti gli altri consumi, che Macron ha definito "consumi di comfort", dovrebbero essere applicate tariffe più elevate. Un sistema che pare abbia funzionato molto bene in alcuni comuni che l’hanno già applicato. Il più grosso consumatore francese di acqua è tuttavia l’agricoltura ed è proprio questo il punto dolente. Nel Sud della Francia ci si pone infatti sempre la stessa domanda: chi ha la priorità? Sono i campi da golf che attirano i turisti, o piuttosto gli agricoltori che coltivano pomodori, meloni e pesche? Nella regione turistica delle Alpi Marittime, che si estende lungo il Mediterraneo da Saint-Tropez a Mentone, al confine tra Francia e Italia, si applicano già oggi regole severe: per evitare sperpero di acqua a causa dell’evaporazione, gli agricoltori possono irrigare solo a partire dal calare della sera, mentre i proprietari di piscine private non sono più autorizzati a cambiare l’acqua e possono al massimo compensare il calo di livello dovuto all’evaporazione. Un’eccezione è concessa solo ai proprietari di piscine appena costruite, per permettere il loro riempimento. Ciò malgrado il fatto che in questa regione il fabbisogno idrico delle piscine private rappresenti più del 10% del consumo totale di acqua, mentre l’intero settore agricolo di questa regione montuosa ne consuma appena l’1%.
L’anno scorso l'impatto della siccità sulla produzione agricola francese è stato considerato complessivamente grave, con un calo dei rendimenti tra il 10 e il 30%, in particolare per il mais, le patate e le barbabietole, e soprattutto con un calo di oltre il 30% per quel che concerne la produzione di foraggi.
Anche le centrali nucleari, che sono tra i maggiori utilizzatori di acqua del paese, dovranno in futuro arrangiarsi per produrre elettricità consumando meno acqua. La Francia dipende dall'energia nucleare per circa il 70% della sua elettricità e l'acqua dei fiumi disponibile per il raffreddamento dei reattori di queste centrali diminuirà drammaticamente nei prossimi anni. Da notare poi che l'acqua, riscaldata durante le operazioni di raffreddamento dei reattori delle centrali viene in parte restituita ai fiumi, mettendo così ulteriormente a dura prova gli ecosistemi acquatici già compromessi dal crescente caldo ambientale. Gli esperti prevedono ad esempio che la portata del Rodano, il fiume più grande del sud della Francia, lungo le cui rive si trovano ben cinque centrali nucleari, diminuirà del 40% entro il 2050.
In Francia, il principale paese dell'Unione Europea per quel che concerne la produzione agricola, il conflitto sull'acqua per l'agricoltura si sta dunque intensificando. A Saint-Soline, un villaggio di 300 persone a est di Bordeaux, migliaia di persone hanno manifestato qualche settimana fa contro il progetto di costruzione di un mega-bacino. Le proteste sono sfociate in violenze: auto della polizia sono state incendiate, agenti hanno sparato proiettili di gomma, spruzzato gas lacrimogeni e lanciato granate, ferendo gravemente 4 manifestanti.
Italia: 332’000 imprese agricole in difficoltà
L’anno scorso è stato per l’Italia l’anno nero del clima e ciò a causa della peggiore siccità registrata dal 1540. Soprattutto il centro-nord è stato colpito da un lungo periodo di siccità. Nei primi sette mesi dell’anno le piogge sono diminuite del 46% rispetto alla media degli ultimi trent’anni. Cruciale è stata la prima parte dell’anno con cinque mesi consecutivi gravemente siccitosi e un’anomalia, da gennaio a giugno, pari a circa 35 miliardi di metri cubi di acqua in meno del normale. In crescente difficoltà i fiumi, come il Po, che al Ponte della Becca risultava con un livello idrometrico di -3 metri, e i grandi laghi con percentuali di riempimento dal 15% dell’Iseo, al 18% di quello di Como, fino al 24% del Lago Maggiore. In autunno è poi peggiorata anche la situazione nelle regioni del centro, soprattutto in Umbria e Lazio. Nel primo caso il deficit pluviometrico si è attestato al -40%, il lago Trasimeno ha raggiunto un livello ben inferiore alla soglia critica, con -1,54 metri. Nel Lazio, il lago di Bracciano è sceso a -1,38 metri rispetto allo zero idrometrico, con gravi conseguenze per l’agricoltura e per gli habitat naturali. Così l’11% delle aziende agricole italiane si sono ritrovate in situazioni talmente critiche da portare alla cessazione dell’attività. Ad agosto Coldiretti stimava che il caldo rovente e la siccità, avevano compromesso raccolti di quasi la metà (46%) degli agricoltori italiani per un totale di 332mila imprese, con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte, del 30% per il frumento duro per la pasta, di oltre un quinto della produzione di frumento tenero, del 30% del riso e del 15% per la frutta.
In molte aree urbane si sono dovute imporre restrizioni all’uso dell’acqua. La siccità ha anche causato la perdita di produzione di energia idroelettrica. A fine anno a preoccupare era soprattutto la situazione delle falde acquifere, con livelli tra il 35 ed il 50% inferiori alla media.
Oltre all’agricoltura, caldo e siccità hanno impattato anche sulla salute. A luglio si sono visti record di temperature in diverse città lombarde: a Brescia e Cremona si sono registrati 39,5°C, a Pavia 38,9°C e a Milano 38,5°C. Ad agosto i termometri hanno segnato tra i 40 e i 45°C a Palermo, Catania e Reggio Calabria, mentre a Bari si è arrivati a 39°C. L’ondata di calore che ha impattato più duramente è stata quella della seconda metà di luglio, con un aumento di mortalità che ha raggiunto, stando ai dati forniti dal Ministero della Salute, il 36% in nell’insieme del Paese, ma in particolare in alcune città del nord. Tra le città maggiormente colpite Torino che ha visto un eccesso di mortalità pari a +70%, cui segue Campobasso +69%, poi Bari +60%, Bolzano +59%, Milano e Genova +49%, Viterbo +48%, Firenze +43%, Catania +42%.
Germania: carenza d’acqua nel 50% dei comuni
In Germania l'estate del 2022 è stata la più soleggiata, e tra le quattro più calde mai registrate. La temperatura media è stata di 2,9°C al di sopra del valore del periodo di riferimento 1961-1990 e di 1,6°C superiore a quella del decennio 1991-2020. Ciò rende l'estate del 2022 una delle quattro più calde in Germania dal 1881. Inoltre, sempre in estate, con circa 145 litri per metro quadrato, è caduto quasi il 40 percento in meno di pioggia rispetto alla media del decennio 1991-2000. Il clima estivo decisamente troppo secco, caldo e soleggiato ha causato una forte siccità. Le tipiche colture estive, come le patate, il mais e la barbabietola da zucchero hanno sofferto particolarmente di questa siccità. I prati sono visibilmente appassiti, così come molti alberi e arbusti, il che ha avuto l’effetto di moltiplicare gli incendi boschivi. Nell'ultimo anno, stando alle informazioni governative, i danni alle foreste sono aumentati in modo preoccupante e solo 1 albero su 5 appare ancora completamente sano. Parallelamente il numero di alberi morti continua ad aumentare, soprattutto tra gli esemplari di oltre 60 anni.
Durante la scorsa siccità estiva, più del 50% dei comuni tedeschi hanno segnalato carenze d'acqua e il 16% di loro ha dovuto imporre restrizioni al consumo idrico. In alcuni di questi, la carenza idrica è stata così grave che non c'era più acqua a sufficienza per le abitazioni e per le operazioni di spegnimento degli incendi.
La Germania era già stata colpita nel 2018 da una siccità fuori dal comune, siccità che anche allora aveva avuto un impatto estremamente negativo sulla produzione di cereali, la quale era diminuita globalmente del 16%. Fra i Lander più colpiti vi erano lo Schleswig-Holstein -31%, il Brandeburgo -27%, la Sassonia-Anhalt -26%, la Bassa Sassonia - 26% e il Mecleburgo-Pomerania anteriore -25%. E da allora le falde freatiche non si sono più riprese.
Come sarà il clima dell’Europa nel 2050 e come sarà la sua agricoltura?
Secondo i climatologi, il clima che stiamo vivendo oggi è il risultato dei gas serra che abbiamo immesso nell’atmosfera 20 anni fa. Infatti dapprima aumenta il tenore di gas serra, poi inizia un leggero aumento della temperatura che scalda in particolare le acque superficiali degli oceani, poi inizia a sciogliersi parte della banchisa, che riflette nello spazio gran parte dei raggi solari che la colpiscono, poi nelle regioni artiche comincia a fondere in superficie il permafrost, che libera nuovi gas serra, i quali accelerano il surriscaldamento del clima, eccetera. La vera forte ondata di calore arriva soltanto quando i meccanismi che la limitavano, fra questi l’effetto albedo della banchisa e il permafrost superficiale, sono stati almeno in parte eliminati. Ecco perché, stando ai più recenti studi, la temperatura delle regioni situate attorno al bacino mediterraneo è destinata ad aumentare in media di oltre 3,1°C già entro il 2050. In Europa ciò concerne in particolare la Spagna, il Sud della Francia, l’Italia, i paesi balcanici e la Grecia, i cui abitanti si vedranno confrontati ad estati particolarmente torride. In queste regioni la diminuzione delle piogge e l’aumento dell’evaporazione accelereranno il processo di desertificazione. È infatti previsto che il clima, che era finora tipico dei paesi che s'affacciano sulla riva meridionale del mediterraneo, lo ritroveremo presto nei paesi situati sulla sua sponda settentrionale. Ma anche il resto dell’Europa subirà ondate di caldo sempre più lunghe e più estreme. Nell’Europa del Nord, ossia in Irlanda, Gran Bretagna e nei paesi scandinavi e baltici, l’impatto del surriscaldamento del clima sarà ancora più forte, in particolare con un aumento delle temperature invernali di circa 3,4°C. Se da un lato vi sarà più siccità, dall’altro si assisterà anche a uragani sempre più violenti ed intensi con un forte rischio di inondazioni.
Secondo il rapporto “Climate change adaptation in the agricultural sector in Europe”, pubblicato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, l’impatto del surriscaldamento del clima ha portato già oggi in alcune parti d’Europa a raccolti più poveri e a costi di produzione più elevati. Mentre in certe zone del Nord Europa si prevede che il riscaldamento in atto migliorerà avrà un impatto positivo su un certo numero di colture, nell’Europa meridionale è vero il contrario. Lì, secondo le proiezioni, le rese delle colture non irrigate, come ad esempio il frumento, il mais e la barbabietola da zucchero, diminuiranno fino al 50% entro il 2050. Ciò provocherà un crollo del valore dei terreni agricoli, il cui prezzo potrebbe calare di oltre l’80%, il che avrà come conseguenza la perdita pura e semplice di questi terreni per l’agricoltura. Per intanto in Europa la sicurezza alimentare non appare nel suo insieme ancora minacciata, ma sotto l’effetto dell’aumento degli eventi meteorologici estremi e dell’aumento della domanda alimentare in altre parti del mondo, non è escluso che nei prossimi decenni la situazione possa radicalmente cambiare.
Il razionamento dei generi alimentari
Oggi in Europa siamo ancora nella comoda situazione di poterci permettere lo spreco alimentare. Nell’Unione Europea si spreca infatti più cibo di quanto ne venga importato da paesi terzi. Nel 2021, ad esempio, l’UE ha acquistato dall’estero quasi 138 milioni di tonnellate di prodotti alimentari per una spesa totale di 150 miliardi di euro. Nello stesso periodo ne ha buttate nelle pattumiere e nelle discariche 153,3 milioni di tonnellate, il 20% delle quali prodotte nella stessa Unione. In Svizzera la situazione non è molto diversa, infatti quasi un terzo degli alimenti prodotti per i consumatori svizzeri, finiscono nella pattumiera o in discarica. Si tratta, stando alle cifre ufficiali della Confederazione, in media di circa 330 kg di derrate alimentari sprecate pro capite ogni anno. Ma non è sempre stato così.
In Svizzera, durante la seconda guerra mondiale, per far fronte alla penuria di generi alimentari e dare anche alle classi meno abbienti accesso a una dieta il più possibile adeguata, la distribuzione di generi alimentari fu razionata e sottratta per una decina d’anni al libero gioco delle forze di mercato. Così, nonostante tutte le carenze dovute alla guerra, si creò l'impressione di una certa giustizia alimentare.
Le tessere annonarie
Oggi le troviamo soltanto al Museo Nazionale, ma i nostri anziani nati prima della seconda guerra mondiale ne hanno certamente un ricordo più che vivido: parliamo qui delle tessere annonarie, ossia di quelle tessere che davano il diritto di acquistare una quantità limitata di generi alimentari.
Dalla fine di ottobre del 1939 fino all'estate del 1948 queste tessere sono state i documenti più importanti per gli abitanti del nostro paese. Solo questo diritto, stampato su carta rigida, dava accesso alla maggior parte dei generi alimentari di prima necessità. Per rendere più difficile la loro falsificazione, le tessere furono stampate su carta speciale. Esse contenevano un numero di tagliandi nel formato 21 x 12,5 millimetri, che potevano essere staccati singolarmente. Questi tagliandi non consentivano un accesso diretto al cibo, ma conferivano al cittadino il diritto di acquistarne una quantità limitata.
A livello della famiglia era la casalinga, considerata allora la responsabile dell’economia domestica, ad amministrare la carenza alimentare. Verso la fine della guerra la famiglia di un operaio delle ferrovie con una moglie lavoratrice (il marito era spesso assente perché mobilitato dall’esercito) e due adolescenti di età superiore ai 16 anni riceveva ogni mese dal Governo Federale 22 tessere di razionamento alimentare. C’erano poi anche altre tessere di razionamento per altri beni di consumo, come ad esempio prodotti tessili e scarpe. In totale, ogni mese le autorità federali gestivano così fino a 700 milioni di questi buoni di consumo.
Un governo previdente
Anche se in campo borghese si continuava a considerare lo sciopero generale nazionale del novembre del 1918 come un’opera dell'agitazione bolscevica, per molti politici era infatti chiaro che una debacle economica e politico-sociale come quella verificatasi nel corso della prima guerra mondiale non doveva assolutamente ripetersi, perché avrebbe messo in pericolo la stabilità stessa del paese. Ecco perché il Dipartimento Federale dell'Economia iniziò fin dalle prime avvisaglie della futura guerra a preparare il paese all’economia di guerra. La Legge federale sulla sicurezza dell'approvvigionamento nazionale in beni essenziali (Legge sulla sicurezza) entrò in vigore già nell'estate del 1938 e conferì al governo federale il potere di regolamentare l’accumulo di scorte (scorte obbligatorie), di effettuare controlli, di confiscare e di espropriare scorte e di ordinare coltivazioni supplementari. Alla fine del 1938, quasi un anno prima che la seconda guerra mondiale scoppiasse, l'apparato amministrativo per gestire la penuria di beni di prima necessità era pronto a funzionare e ciò senza nemmeno che avesse avuto luogo un ampio dibattito pubblico.
Così per tutta la durata della guerra e per gli anni immediatamente successivi le scarse riserve alimentari vennero distribuite alla popolazione in modo abbastanza equo, secondo il principio del razionamento. Le razioni furono basate su due criteri: la disponibilità di risorse alimentari e il fabbisogno calorico fisiologicamente necessario per ogni individuo. Le razioni erano elencate sui tagliandi delle carte annonarie. Una vota consegnati al commerciante per poter acquistare la merce, i tagliandi passavano dal dettagliante al grossista, poi dal grossista al produttore o all'importatore. Lì, un controllo finale permetteva di verificare se i tagliandi corrispondevano alla merce consegnata. Le tessere annonarie venivano distribuite ai consumatori tramite gli uffici comunali per l'economia di guerra. Inizialmente, molti se le fecero recapitare per posta, ma quando le lettere raccomandate divennero più care, la consegna postale diminuì.
L’inflazione tolse potere d’acquisto alle fasce meno abbienti
Quando, nel corso della guerra i rifornimenti dall’estero si fecero più difficili e rari, diminuirono anche le razioni. Parallelamente aumentò l’inflazione: un grosso problema per le fasce meno abbienti della popolazione, che non furono più in grado di riscattare tutti i tagliandi. La soluzione al problema da parte dell’amministrazione federale fu la creazione della tessera B, che conteneva più tagliandi per pane, latte e formaggio al posto della costosa carne, una tessera che poteva essere ottenuta al posto della tessera annonaria normale. La tessera B divenne particolarmente popolare tra le famiglie numerose, i vegetariani, i single e in generale fra le famiglie e le persone a basso reddito.
2160 calorie al giorno a testa … ma non sempre
All’apice della guerra, dal 1943 in poi, nonostante il razionamento, fu possibile raggiungere le 2160 calorie al giorno, considerate allora indispensabili per un individuo adulto, solo per pochi mesi all’anno. Il punto più basso fu raggiunto nel caos dell’immediato dopoguerra, perché le catene di approvvigionamento dall’estero non poterono essere immediatamente ripristinate. A partire dall'autunno 1945, la situazione iniziò progressivamente a migliorare, anche se per alcuni mesi del 1946 e del 1947 non fu ancora possibile raggiungere le previste 2160 calorie per persona. Tuttavia, poco a poco, sempre più beni poterono essere tolti dalla lista dei beni razionati. Per arrivare alla fine del razionamento di tutti i generi alimentari si dovette però attendere il mese di luglio del 1948, mentre alcune altre merci rimasero contingentate fino ad agosto del 1949.
Con la crescente crisi idrica e le conseguenti siccità, la sicurezza alimentare dell’Europa appare dunque tutt’altro che certa e chissà se un giorno non troppo lontano ci troveremo nuovamente a maneggiare delle tessere annonarie.