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Perché le piogge diventano sempre più violente e catastrofiche

Articolo del 06 settembre 2023

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Quando pensiamo ai "grandi fiumi", ci vengono in mente nomi come il Rio delle Amazzoni, il Mississippi o il Nilo. Eppure nell'atmosfera, ben sopra la superficie terrestre, scorrono fiumi grandi il doppio del Rio delle Amazzoni, fiumi la cui portata aumenta di anno in anno! 

Tutti sanno che sul nostro pianeta l’acqua (H2O) può presentarsi sotto tre forme: si parla di ghiaccio quando è solida, di acqua quando è liquida e di vapore acqueo quando è sotto forma gassosa. Il vapore acqueo è un gas perfettamente trasparente e inodore e quindi invisibile e ce n’è nell’aria anche quando il cielo è perfettamente limpido. Quest’acqua nell’atmosfera diventa visibile soltanto quando il vapore acqueo condensa formando delle goccioline di acqua liquida o fiocchi di neve, è il fenomeno che chiamiamo nebbia o nuvole.

Più l’aria è calda, più può contenere acqua

La quantità di vapore acqueo contenuto nell’atmosfera dipende da due fattori: dal luogo in cui ci troviamo e dalla temperatura dell’aria stessa. Per quel che concerne il luogo, ad esempio in un deserto l’aria sarà più secca, essendovi nei deserti pochissima acqua che potrebbe evaporare, mentre al disopra di un oceano l’aria sarà molto più umida, soprattutto se si tratta di un mare tropicale. Per quel che concerne invece la temperatura, va notato che più l’aria è calda più vapore acqueo può contenere. A -20°C un metro cubo di aria può contenerne al massimo appena poco più di 1 grammo di acqua, a 0° quasi 5 grammi e a +40°C oltre 54 grammi.

Per quel che concerne il contenuto di vapore acqueo nell’aria, si parla di “umidità relativa”, ossia della percentuale di acqua contenuta nell’aria rispetto al massimo che potrebbe contenere a una data temperatura. Per esempio, se la temperatura dell’aria è di 25°C e l’aria contiene 12 grammi di vapore acqueo al metro cubo, parliamo di un’umidità relativa del 50%, perché a quella temperatura l’aria ne potrebbe contenere al massimo circa 24 grammi (= 100% di umidità relativa dell’aria a 25°C).

Se il livello di saturazione di vapore nell’aria viene superato, cioè se si tocca e supera il 100% di umidità relativa, il vapore in eccesso condensa e si trasforma in acqua liquida o in ghiaccio. È ad esempio quel che accade di notte quando la temperatura dell’aria scende e quando in estate sul terreno si forma la rugiada e in inverno la brina. È anche quello che succede quando ad esempio una massa di aria calda e umida proveniente dal mare si scontra con una massa d’aria più fredda e si formano dei temporali. La ragione per cui in questi ultimi decenni le precipitazioni si sono fatte sempre più intense e i temporali sempre più violenti sta proprio nel fatto che il clima s’è fatto più caldo e che quindi l’aria spesso contiene molta più acqua che in passato.

Nella tabella seguente vediamo come varia la quantità massima di vapore acqueo contenuta in un metro cubo di aria a seconda della temperatura:

aria a   -20°C =   1,08 grammi di vapore acqueo

aria a   -15°C =   1,65 grammi di vapore acqueo

aria a   -10°C =   2,37 grammi di vapore acqueo

aria a     -5°C =   3,42 grammi di vapore acqueo

aria a      0°C =   4,98 grammi di vapore acqueo

aria a    +5°C =   6.86 grammi di vapore acqueo

aria a  +10°C =   9,51 grammi di vapore acqueo

aria a  +15°C = 13.04 grammi di vapore acqueo

aria a  +20°C = 17,69 grammi di vapore acqueo

aria a  +25°C = 23.76 grammi di vapore acqueo

aria a  +30°C = 31,64 grammi di vapore acqueo

aria a  +35°C = 41.83 grammi di vapore acqueo

aria a  +40°C = 54.10 grammi di vapore acqueo

 

I “fiumi atmosferici”

Il termine “fiume atmosferico”, dall'inglese Atmospheric River, è stato coniato solo nel 1994, anche se l’impatto di questo tipo di fenomeni s’è già fatto sentire in precedenza. I fiumi atmosferici sono correnti atmosferiche larghe da 400 a 600 km e spesse fino a 3 km, le quali possono anche essere lunghe fino a 4'700 km e che, transitando sopra le acque calde degli oceani tropicali, si caricano di molta umidità che trasportano dai tropici in direzione dei poli. In media, ne contiamo quattro o cinque attivi in qualsiasi momento dell'anno. Quando queste masse d'aria umida incontrano un ostacolo, come ad esempio una massa d'aria più pesante e fredda oppure una catena montuosa come le Alpi, i Pirenei o le Montagne Rocciose, dove l'aria umida è costretta a salire e si raffredda, nascono spesso fortissime precipitazioni. Le quantità di umidità che trasportano questi fiumi atmosferici sono enormi e, sebbene possano variare notevolmente in termini di dimensioni e di forza, trasportano in media una quantità di vapore acqueo equivalente al doppio dell’acqua convogliata dal Rio delle Amazzoni.

Un recente studio, basato sulle osservazioni della NASA, ha contribuito ad ampliare la nostra comprensione su come nascono ed evolvono questi fenomeni e sull’impatto che hanno sulle comunità di tutto il mondo. Inoltre, un sistema di classificazione, sviluppato nemmeno una manciata di anni fa, aiuta i meteorologi a meglio valutarne l’impatto e a lanciare l'allarme in anticipo alle popolazioni che ne saranno colpite, in modo da permettere loro di correre tempestivamente ai ripari. Il nuovo sistema di classificazione è stato sviluppato dai meteorologi dello Scripps Institution of Oceanography dell'Università della California, assieme al National Weather Service degli Stati Uniti, e prevede una scala che va dall’1 al 5, ossia dal più debole al più forte. Si stima che le perdite assicurate per danni da inondazione aumentano di 10 volte ad ogni aumento di grado di questa scala, con un danno medio per un ammontare di 260 milioni di dollari per quel che concerne il livello 5.

Fiumi atmosferici sempre più carichi di acqua

Lo studio ha anche rivelato un numero crescente di questi fenomeni e una loro crescente intensità a livello globale, con un picco negli oceani delle medie latitudini, cioè nella fascia temperata compresa all'incirca tra i 30 e i 60 gradi nord e sud, ossia proprio quella fascia in cui si trovano praticamente tutti i paesi europei, fra cui anche la Svizzera. Il motivo per cui i fiumi atmosferici si stanno intensificando è il surriscaldamento del clima che sta surriscaldando anche gli oceani, facendo evaporare molta più acqua nell'atmosfera che in passato. I fiumi atmosferici possono anche colpire i poli, come è successo lo scorso 2 luglio in Antartide, dove in pieno inverno australe sono cadute piogge torrenziali per ben dodici lunghe ore consecutive. Ad innescare queste precipitazioni è stato un fiume atmosferico, un'estesa massa di aria calda e umida proveniente dai tropici che ha fatto salire il mercurio a +4 °C, e ciò, come detto, in pieno inverno australe.

Gli oceani mai così caldi come oggi e nei prossimi mesi la loro temperatura è destinata a salire ulteriormente

Stando alle misurazioni del sistema satellitare europeo COPERNICUS, da quasi un anno gli oceani sono eccezionalmente caldi e dal mese di marzo ad oggi, in ogni singolo mese, la media globale delle temperature della superficie del mare ha superato tutti i record precedenti. Ricordiamo che gli oceani fungono da enorme serbatoio di calore e assorbono, secondo gli esperti, più del 90% del calore causato dal surriscaldamento del clima provocato dall'uomo. Come abbiamo potuto costatarlo in modo plateale in questi ultimi mesi, questa crescita delle temperature dell'acqua marina ha provocato un notevole aumento degli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, nubifragi e inondazioni.

Anche se oggi molti vorrebbero già attribuire la colpa di queste ondate di caldo e di maltempo al fenomeno climatico El Niño*), Petteri Taalas, il Segretario Generale dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale, ricorda che attualmente El Niño è solo in fase di formazione e che gran parte del suo impatto sul meteo è ancora tutto a venire. Ciò significa che le ondate di calore di quest’anno potrebbero essere soltanto un assaggio di quanto potrà accadere l’anno prossimo. Infatti, secondo molti climatologi, nel 2024 potrebbe addirittura verificarsi un cosiddetto "Super El Niño", per cui l’anno prossimo potrebbe diventare l'anno più caldo nella storia della meteorologia. Ricordiamo che l'anno più caldo registrato finora à stato il 2016, proprio l’anno dell’ultimo El Niño.

*) Cosa è El Niño

El Niño, conosciuto anche con la sigla ENSO (El Niño-Southern Oscillation), è un fenomeno oceanico periodico, che si ripresenta a scadenze irregolari che possono variare dai 2 ai 7 anni, e che provoca un forte riscaldamento delle acque dell'Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale nei mesi di dicembre e gennaio. Per definizione si è in presenza di El Niño quando alla superficie della parte centrale dell'Oceano Pacifico si registra un aumento della temperatura dell’acqua di almeno ½ grado, e ciò per un lasso di tempo non inferiore ai 5 mesi. Di solito l'intensità massima di oscillazione di temperatura non supera comunque i 3 - 4 gradi centigradi.

A livello globale, il passaggio di un El Niño provoca un aumento della temperatura di circa 0,2°C. Gli impatti che generalmente si verificano durante la maggior parte degli eventi El Niño includono precipitazioni inferiori alla media in Indonesia, in Australia e nella parte settentrionale del Sud America, mentre nella parte meridionale e orientale del Sud America, come pure nel Sud degli Stati Uniti si verificano precipitazioni superiori alla media. Trattandosi di un fenomeno di portata globale, esso impatta anche su territori molto lontani dall’Oceano Pacifico, ad esempio sull’Africa, sui paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano, sull’Europa e anche sull’Antartide. In Europa i suoi effetti sono però difficili da prevedere, talvolta esso provoca inverni più freddi e secchi nel Nord del continente e più miti e umidi al Sud, ma vi sono tanti altri fattori che influenzano il meteo del nostro continente e che possono avere la meglio sugli effetti di El Niño.