La metà degli USA è confrontata a un inizio d’estate da apocalisse
28.06.2021
Notizie negative
Articolo del 13 settembre 2019
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Finora mai tante persone hanno dovuto abbandonare le loro case a causa di fenomeni climatici estremi come nei primi 6 mesi di quest’anno
Sono numerosi i primati climatici tutt’altro che positivi battuti quest’anno: luglio è stato il mese più caldo mai registrato sul nostro pianeta, l’Australia ha subito l’estate più torrida di sempre, in Angola si è registrato il mese di febbraio più caldo a memoria d’uomo e a livello mondiale si sono censiti nel primo semestre di questo 2019 ben 950 eventi meteo estremi, fra i quali figurano:
E si tratta solo di cifre provvisorie, visto che da molti paesi è difficile ottenere dati precisi e attendibili, mentre da altri, come ad esempio dall’India colpita quest’anno da un monsone particolarmente catastrofico, non si hanno ancora i bilanci definitivi.
Secondo l’IDMC, l’International Displacement Monitoring Centre, nella prima metà di quest’anno circa 10.8 milioni di persone hanno dovuto fuggire dai loro luoghi di residenza. 3,8 milioni di queste sono scappate a causa di conflitti e violenze etniche, mentre gli altri 7 milioni hanno dovuto lasciare le loro case per via di eventi meteorologici estremi, come inondazioni, uragani e siccità.
Secondo Alexandra Bilak, direttrice dell’IDMC, nei prossimi mesi e anni la situazione è destinata a peggiorare e i paesi, specialmente quelli colpiti con maggiore intensità dal cambiamento climatico, devono prepararsi meglio ai fenomeni meteorologici estremi e all’evacuazione, in caso di necessità, delle popolazioni maggiormente minacciate.
Da notare che le cifre citate sopra riguardano solo i primi 6 mesi dell’anno e non comprendono quindi uragani terribili come Dorian, che ha recentemente devastato le Bahamas, dove tutt’ora si contano oltre 2'500 dispersi. Secondo le previsioni il numero di sfollati “meteorologici” potrebbe salire entro la fine dell’anno addirittura a 22 milioni. Il problema è che i fenomeni meteorologici estremi impattano maggiormente sui paesi più poveri e vulnerabili, paesi in cui gran parte della popolazione vive già oggi in povertà o in condizioni molto precarie e che non dispongono dei mezzi per far fronte all’emergenza climatica.