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La perdita dell’Eden: un terzo delle specie di alberi in via d'estinzione

Articolo del 15 settembre 2021

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Stando al recente rapporto "Global Tree Assessment", pubblicato da Botanic Gardens Conservation International, un’organizzazione internazionale che rappresenta i giardini botanici di oltre 100 paesi, una specie di alberi su tre è oramai a rischio d’estinzione 

Sono 142 le specie di alberi che sono già irrimediabilmente estinte e oltre 400 quelle di cui ne rimangono meno di 50 esemplari in natura. Fra le specie di alberi che arrischiano di sparire, ve ne sono di ben note, come magnolie, querce e aceri. Fra le principali cause di questo declino figurano il massiccio disboscamento per far spazio a terreni agricoli, il taglio del legname e la diffusione di parassiti e malattie invasive.

Quando nel 2015 un gruppo di botanici s’è messo al lavoro per effettuare un censimento delle specie di alberi del nostro pianeta e per analizzare il loro stato di conservazione, sembrava doversi trattare di un’operazione quasi impossibile. All'epoca, nessuno sapeva nemmeno quante specie esistessero, per non parlare di come le varie specie se la stessero cavando. Per effettuare questo lavoro è dunque stata creata una rete globale di più di 500 esperti, ognuno dei quali ha valutato le specie con cui aveva più familiarità. Il rapporto è il risultato di questo enorme sforzo collettivo che ha richiesto ben cinque anni per essere completato.

20'000 delle 60'000 specie di alberi arrischiano l’estinzione

Il primo compito è stato quello di compilare una lista di tutte le specie di alberi che sono già state descritte nella letteratura scientifica. Si è scoperto così che ce ne sono quasi 60.000, di cui la maggior parte cresce nelle foreste tropicali, senza contare il fatto che gli scienziati continuano a descriverne di nuove ogni anno. Di tutte queste specie di alberi più di un quinto è usato come fonte di cibo, di combustibile, di legname o di medicine. Altre hanno un importante valore culturale o religioso. Preoccupante è il fatto che alcune delle specie più utili e significative sono tra quelle che arrischiano l'estinzione. A livello globale il numero delle specie di alberi minacciate d’estinzione è addirittura doppio rispetto a quello degli animali superiori (mammiferi, uccelli, anfibi e rettili) minacciati d’estinzione. Da notare che gli alberi offrono anche cibo e habitat per almeno la metà delle piante e degli animali terrestri conosciuti. La perdita di specie arboree può dunque provocare tutta una cascata di estinzioni tra le molte specie che dipendono da loro.

Ecco alcune specie emblematiche che sono sull’orlo dell’estinzione

Dipterocarpus

I dipterocarpi appartengono a una grande famiglia di alberi da legname, che comprende 680 specie, la maggior parte delle quali crescono nelle foreste tropicali dell'Asia meridionale. Questi alberi producono un legname di alta qualità, del valore di circa 170 dollari al metro cubo. Più di 3,5 miliardi di dollari di legname da dipterocarpo vengono esportati ogni anno dalla sola isola di Borneo, dove 182 specie di dipterocarpo sono oramai minacciate d’estinzione, incluso l'albero tropicale più alto conosciuto, la Shorea faguetiana, un’angiosperma (pianta con fiori) che può raggiungere i 100 metri di altezza.

Aquilaria

Aquilaria è un genere che comprende una quindicina di specie di alberi, originari del sud-est asiatico. Si trovano in particolare nelle foreste pluviali di Indonesia, Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam, Malesia, India nord-orientale, Bangladesh, Filippine, Borneo e Nuova Guinea. Sono alberi che possono crescere fino a un’altezza di 20 metri. Da questi alberi si ricava l'agarwood un legname con una resina molto preziosa chiamata aloe, usata nei profumi e nell'incenso. È una delle materie prime più preziose al mondo, con un valore fino a 100.000 dollari al kg e che genera un commercio globale di 32 miliardi di dollari all’anno.

Prunus africana

Il Prunus africana è un albero con una corteccia che contiene tutta una serie di composti che riducono le infiammazioni. Si utilizza per trattare una serie di malattie, tra cui la malaria, le malattie renali e i disturbi alla prostata. Il commercio internazionale della sua corteccia ha un valore di 200 milioni di dollari, ma l'eccessiva raccolta ha fatto sì che questa specie sia minacciata in tutto il suo habitat, che è situato nell'Africa orientale e australe nonché in Madagascar.

Swietenia macrophylla

La Swietenia macrophylla produce il mogano, uno dei legni tropicali più preziosi e duri, apprezzato in particolare nella fabbricazione di mobili e di strumenti musicali, come le chitarre. Il legno di mogano è durevole e ha un bel colore e un singolo albero può valere molte migliaia di dollari. Originario delle foreste tropicali delle Americhe, il mogano è stato uno dei primi alberi ad essere catalogato come specie a rischio, a causa del diffuso taglio illegale.

Taxus brevifolia

Detto anche Tasso del Pacifico, questo albero è la fonte del taxolo un potente farmaco antitumorale che genera una cifra d’affari di oltre 100 milioni di dollari. Originario del nord-ovest dell’America, questo albero sempreverde è ora classificato come quasi minacciato dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), soprattutto a causa del tagli indiscriminati per ricavarne il farmaco. Altre specie di tasso, pure loro fonte di taxolo, sono ancora più minacciate, come il Taxus contorta dell'Himalaya.

Il valore economico globale delle foreste è valutato a 150'000 miliardi di dollari

Se il singolo albero è certamente importante sia per noi esseri umani, sia per la fauna selvatica che ospita, il valore collettivo di un intero ecosistema forestale è molto più alto. Le foreste coprono circa il 31% delle terre emerse e il loro valore economico totale è stimato a circa 150’000 miliardi di dollari. Le foreste provvedono inoltre a stoccare circa il 50% del carbonio terrestre e contribuiscono così in modo determinante a mitigare il surriscaldamentoi del clima. Esse immagazzinano inoltre il 75% dell'acqua dolce accessibile all'uomo. Questi benefici potrebbero andare persi se molte specie arboree si estinguono.

Gli alberi giocano un ruolo importante anche nel benessere e nella salute dell’uomo

Il maestoso baldacchino verde di un'antica foresta, il dolce gorgoglio di una ruscello, un paesaggio naturale mozzafiato hanno una cosa in comune: suscitano meraviglia e un gran senso di pace. Non è quindi un caso se, come compensazione allo stress quotidiano cui ci sottopone la nostra civiltà industriale, cerchiamo spesso conforto in lunghe passeggiate nella natura e in particolare nei boschi. Il Forest Bathing e la Forest Therapy, diventati molto di moda in questi ultimi anni, sono il sintomo più evidente di questa aspirazione al verde e alla natura in generale.

Stando a Lucy F. Jones, che ha appena pubblicato un libro dal titolo iconico “Losing Eden”, che potremmo tradurre in italiano con “perdere il paradiso”, il fatto che reagiamo così fortemente al verde e a certi paesaggi è dovuto al patrimonio evolutivo della nostra specie, che ci fa preferire alberi che danno ombra, prati rigogliosi e le rive di ruscelli, fiumi, laghi e mari alle distese di cemento e catrame delle nostre città. Non a caso chi vive in città e non ha a disposizione un giardino in cui rilassarsi spesso non esita a decorare il suo appartamento con piante in vaso. In altri termini la nostra affinità emotiva con la natura, la nostra “biofilia”, appare saldamente ancorata nei nostri geni.

Il bosco ha un effetto terapeutico

Camminare in un bosco riduce infatti lo stress e diffonde un sentimento di felicità. Secondo molti studi scientifici, queste emozioni positive abbassano i livelli di citochine che circolano nel corpo. Le citochine sono delle proteine che assolvono nel nostro corpo tutta una serie di importanti funzioni. Fra di loro ve ne sono alcune, come gli interferoni, le interleuchine, i TNF (Tumor Necrosis Factor) e le chemochine, che giocano un ruolo importantissimo nelle reazioni immunologiche e nei processi infiammatori. Ecco perché sono considerate dei biomarcatori importanti per le infiammazioni. Le tempeste di citochine, cioè la produzione eccesiva di queste proteine, possono provocare una reazione a catena del sistema immunitario potenzialmente fatale, come ad esempio negli infettati dal COVID-19 che finiscono alle cure intense.