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La resurrezione del castagno americano

Articolo del 21 aprile 2021

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All’inizio del secolo scorso il castagno americano (Castanea dentata) era una delle più importanti essenze forestali del Nord America. In certe foreste degli Stati Uniti orientali e del Canada un quarto degli alberi erano castagni americani. Poi, in seguito a una pandemia vegetale giunta dall’Asia, il castagno americano scomparve. Ora, grazie all’ingegneria genetica, lo si sta risuscitando

La celebre canzone natalizia “Chestnuts Roasting on an Open Fire” (Caldarroste al caminetto), scritta nel 1945 da Mel Tormé e da Bob Wells e conosciuta anche sotto il nome di “The Christmas Song” o di “Merry Christmas to You”, è una delle più celebri canzoni natalizie americane e da un’idea dell’importanza del castagno americano nella tradizione popolare d’oltre oceano. Castanea dentata era infatti considerato il più bel castagno del mondo, sia per il suo eccellente legno resistente alla putrefazione, sia per i suoi squisiti e abbondanti frutti. Un tempo le sue castagne rappresentavano un’importante risorsa economica ed erano offerte ai passanti da venditori di caldarroste per le strade di tutte le grandi città del Nord America.

Oggi pochi se lo ricordano, perché quest’albero è scomparso dal paesaggio negli anni fra il 1920 e il 1940, in seguito all’arrivo accidentale su suolo americano di un fungo asiatico parassita della corteccia, il Cryphonectria parasitica, un fungo contro il quale i castagni cinesi erano resistenti, ma non quelli americani. Le spore del fungo si diffusero rapidamente per via aerea, si calcola alla velocità di circa 80 km all'anno, e così nel giro di pochi decenni uccisero praticamente l’intera popolazione di castagni americani, ossia oltre tre miliardi di alberi e con essi andò distrutto tutto un ecosistema di mammiferi uccelli e insetti che dipendevano da questa specie di alberi. Oggi il castagno americano è considerato funzionalmente estinto. Infatti, a sopravvivere, sono a malapena un centinaio di esemplari di questa magnifica e maestosa specie di alberi, tutti situati in posti estremamente isolati, dove le spore del micidiale fungo non sono riuscite ad arrivare. Reintrodurre il castagno americano nella regioni in cui in passato prosperava s’è rivelato finora impossibile, perché il fungo patogeno ha continuato a sopravvivere in varie specie di querce, esse stesse resistenti alla malattia.

Negli ultimi anni diverse organizzazioni, fra cui l’American Chestnut Cooperators Foundation, si sono impegnate a selezionare castagni americani resistenti al fungo, in modo da poterli reintrodurre nel loro habitat d’origine. In loro aiuto sono ora venuti ricercatori del College of Environmental Science and Forestry  della State University of New York, i quali, tramite l’ingegneria genetica, sono riusciti a introdurre nel genoma del castagno americano dei geni che producono un enzima in grado di neutralizzare l’acido ossalico prodotto dalla Cryphonectria parasitica, l’acido che distrugge il sistema vascolare che permette ai castagni americani di portare la linfa dalle radici fino alle fronde. 

Nell’agosto dell’anno scorso i ricercatori della State University of New York hanno chiesto al U.S. Department of Agriculture (USDA) il permesso di reintrodurre questi castagni geneticamente modificati nelle foreste degli Stati Uniti, dalle quali erano scomparsi un secolo fa. Qualora questo permesso dovesse essere concesso, il castagno americano modificato geneticamente sarebbe il primo OGM destinato a diffondersi spontaneamente nei boschi americani, e la rediviva Castanea dentata potrebbe tornare a popolare le grandi foreste del Nord America.