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Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più grande inquinatore di plastica del reame?

Articolo del 01 novembre 2019

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Dal 1950 ad oggi, l’industria ha prodotto oltre 9 miliardi di tonnellate di plastica e solo il 9% di queste sono state riciclate. Il resto è finito negli inceneritori, nelle discariche e nella natura

Break Free From Plastic” è un movimento attivo a livello mondiale, che si prefigge di affrontare il problema dell’inquinamento da plastica nella totalità dei suoi aspetti, ossia attraverso tutta la filiera della plastica, dalla fabbricazione alla sua eliminazione, concentrandosi tuttavia in particolare sulla prevenzione dei rifiuti di plastica, piuttosto che sul loro smaltimento. Dopo aver raccolto nell’ambito del World Clean Up Day dello scorso 19 settembre, grazie allo zelo di oltre 70'000 volontari, quasi mezzo milione di scarti di plastica su centinaia di spiagge di ben 50 paesi di 6 continenti, il movimento ha stilato una lista dei maggiori responsabili di questa marea di rifiuti di plastica. Sì, perché sul 43% di questi rifiuti era sempre ancora visibile la marca di chi li aveva prodotti. I maggiori responsabili sono risultati i tre giganti delle bevande, ossia Coca Cola, Nestlé e Pepsi Cola, seguiti da: Mondelēz International, Unilever, Mars, P&G, Colgate-Palmolive, Phillip Morris e dal produttore di caramelle Perfetti Van Melle.

Quali sono i principali responsabili degli imballaggi di plastica

Il più importante in assoluto è la Coca Cola che produce imballaggi di plastica per 3 milioni di tonnellate petrolio all’anno. Al secondo posto si piazza Pepsi Cola con 2,3 milioni di tonnellate. Seguono la Nestlé con 1,7 milioni, Unilever con 700'000 tonnellate, Mars con 200'000 e Loréal con 100'000 tonnellate.  Per oltre 25 anni i paesi ricchi dell’occidente si sono sbarazzati di questi rifiuti inviandoli nei paesi asiatici, in particolare in Cina, dove sono finiti il 45% dei rifiuti di plastica esportati da tutti i paesi del mondo. Costava infatti meno caricare questi scarti su grosse navi e fargli attraversare l’oceano, che eliminarli, riciclarli o depositarli in discariche a casa propria. La Cina, che aveva un gran bisogno di materie prime, gran parte di questi rifiuti li riciclava, ma in molti altri paesi finivano semplicemente in discariche a cielo aperto o dispersi nella natura, in particolare nei mari. Da quando, l’anno scorso, il governo cinese e quelli di altri paesi asiatici hanno vietato l’importazione di rifiuti di plastica, il resto del mondo deve darsi da fare per trovare una soluzione alle centinaia di miliardi di bottiglie, sacchetti e altri imballaggi di plastica che finiscono ogni anno nelle pattumiere

Qualcosa si muove

L’anno scorso la Ellen MacArthur Foundation ha lanciato in collaborazione con il Programma per l’ambiente dell’ONU il New Plastics Economy Global Commitment, un programma per la riduzione dei rifiuti di plastica. Finora hanno aderito all’accordo oltre 400 imprese internazionali, responsabili del 20% degli imballaggi prodotti a livello globale. Fra loro figurano anche i tre maggiori produttori globali di bevande di cui sopra, i quali si sono impegnati ad investire 100 milioni di dollari per potenziare le infrastrutture di riciclaggio della plastica. La più importante delle tre, la Coca Cola, utilizza già oggi nettamente più plastica riciclata per la produzione delle sue bottiglie di quanta ne utilizzino le sue concorrenti.

Proprio in questi giorni è stato pubblicato il primo rapporto annuale del New Plastics Economy Global Commitment. È lungo 422 pagine, eccone alcuni estratti:

  • Le imprese firmatarie hanno dato l’avvio a un programma per eliminare gli imballaggi di plastica problematici e per aumentare l’utilizzo di plastica riciclata. Nel giro dei prossimi 5 anni si prevede che esso permetterà di moltiplicare per 5 l’utilizzazione di plastica riciclata e di mantenere così nel sottosuolo l’equivalente di 25 milioni di barili di petrolio
  • Attualmente le imprese firmatarie utilizzano in media il 60% di plastica riciclabile o compostabile. Molte di esse si sono impegnate a portare questa percentuale al 100% entro il 2025
  • Diversi governi che hanno firmato l’accordo, fra cui la Francia, il Ruanda e il Regno Unito, come pure le città di São Paulo (Brasile) e Austin (USA) hanno messo in atto politiche intese a ridurre le quantità di rifiuti di plastica e a incentivare la ricerca sul riciclo

Solo il 9% della plastica prodotta finora è stata riciclata

Dal 1950 ad oggi l’industria ha prodotto oltre 9 miliardi di tonnellate di plastica e solo il 9% di queste sono state riciclate. Il resto è finito negli inceneritori, nelle discariche o, appunto, nella natura. Bruciata, la plastica produce sostanze tossiche, come le diossine. Depositata nelle discariche o dispersa nell’ambiente, di sgretola nel corso dei decenni in microplastiche, particelle sempre più fini che finiscono nel terreno, nei corsi d’acqua, nei mari e addirittura nell’aria, dove rilasciano per decenni e addirittura per secoli le sostanze tossiche che contengono. Va notato che una parte del problema risiede nel fatto che vi sono centinaia, se non addirittura migliaia di tipi di plastiche diverse e che una parte di queste non è finora riciclabile.