700 scienziati si lanciano a sostegno dei giovani manifestanti per il clima
06.03.2019
Notizie positive
Articolo del 04 giugno 2019
Clicca sul tag per altri articoli
Secondo un sondaggio dell’istituto Forsa, ad appena una settimana dell’elezione al parlamento europeo, che li aveva visti diventare 2° partito. i Verdi tedeschi superano per la prima volta il partito della Merkel, con un balzo in avanti di ben 9 punti rispetto all’ultimo sondaggio pre-elettorale
L’ultima elezione europea è stata un vero e proprio affondo per partiti di governo di diversi paesi dell’Unione Europea. Partiti che hanno dominato la scena politica di grandi paesi del nostro continente, quali la Gran Bretagna, la Francia e la Germania si sono infatti visti brutalmente puniti dai rispettivi elettorati. Nelle analisi sul tracollo di questi partiti gli osservatori politici hanno puntato il dito soprattutto sull’ondata di nazionalismi che imperversa sull’Europa, ma pochi sono andati veramente fino sul fondo della questione. Si è parlato dell’incapacità dei partiti di far passare il loro messaggio nei media e agli elettori, si sono cercati capi espiatori fra i dirigenti, ma poco o nulla sulle ragioni profonde dello scontento dell’elettorato.
Il crollo dei partiti di governo continua
In Germania, una settimana fa, l’unione fra democristiani e cristiano sociali bavaresi (CDU-CSU) aveva ottenuto il 28,9% dei voti, in calo del 6,4% rispetto alla elezioni europee del 2014, che li aveva visti a oltre il 35%. I socialisti, dal canto loro, erano passati dal 27,3% al 15,8% con una perdita netta di 11,5 punti. Grandi vincitori del confronto erano usciti i Verdi, i quali con un guadagno di 9,8 punti avevano ottenuto il 20,5% dei voti, trovandosi catapultati di colpo al secondo posto della graduatoria dei partiti politici tedeschi. Una sola settimana più tardi il disastro dei partiti di governo si accentua: la CDU-CSU perde nei sondaggi altri 2 punti mentre i socialisti ne perdono quasi 4, attestandosi al 12%, il loro minimo storico. Le due formazioni di governo, che appena lo scorso anno avevano ottenuto la maggioranza in parlamento, oggi, assieme, si troverebbero oggi con un solo terzo dei seggi in parlamento. I Verdi, dal canto loro, si vedono catapultati al primo posto dello scacchiere politico tedesco col 27% dei voti, in crescita del 6,5% rispetto al voto di una settimana fa.
Il perché del crollo
Ma che cosa è veramente successo? Cosa ha spinto masse di elettori ad disertare le loro vecchie dimore politiche? L’unica a dare una risposta convincente è stata Svenja Schulze, la ministra socialista dell’ambiente, e la risposta è una sola: la cifra 3. Infatti solo il 3% degli elettori tedeschi è completamente soddisfatto del modo in cui il governo affronta le questioni legate alla protezione del clima e dell’ambiente, mentre altri 11% si dichiarano solo “abbastanza soddisfatti”. Il restante 86% non lo è affatto. E dire che la protezione del clima e dell’ambiente è in cima alla lista delle questioni che preoccupano l’elettorato tedesco. Il sondaggio in questione era noto ben prima delle elezioni, ma i partiti, impegolati nelle loro quotidiane scaramucce interpartitiche non ne hanno minimamente tenuto conto continuando col loro “business as usual”. Ci è voluto il video incendiario di un certo Rezo, pubblicato poco prima del voto, a svegliare i partiti governativi tedeschi dal loro torpore e a seminare il panico nelle loro direzioni.
La protezione del clima e dell’ambiente è in cima alle priorità dei tedeschi
Due terzi dei tedeschi (64%) ritengono la protezione dell’ambiente e del clima una questione “molto importante”. Solo la giustizia sociale (65%) e lo stato di salute del sistema educativo (69%) preoccupano qualche elettore tedesco in più. Il 72% degli interrogati ritiene inoltre che la protezione del clima e quella dell’ambiente sono di primaria importanza, in particolare nel campo della politica energetica, mentre addirittura il 96% dei tedeschi auspica una politica energetica compatibile con la protezione del clima. Un governo che rinvia alle calende greche la chiusura delle centrali a carbone e che ha protetto finora a oltranza la propria industria automobilistica da norme più severe sull’inquinamento non deve dunque sorprendersi più di quel tanto se gli elettori gli fanno pernacchie e gli voltano le spalle.