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415 è il numero più pericoloso del mondo

Articolo del 16 maggio 2019

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Il riscaldamento climatico è sulla bocca di tutti ma la politica tarda a reagire. Intanto il consumo di combustibili fossili continua ad aumentare e con esso le emissioni di CO2

C’è una sola cifra che conta veramente per il futuro dei nostri figli, dei nostri nipoti e dell’intera umanità ed è quella che indica in ppm (parti per milione) la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Questa cifra ci viene regolarmente comunicata fin dal lontano 1958 dall’osservatorio di Mauna Loa, che si trova a quota 3397, a poche centinaia di metri dalla vetta dell’omonimo vulcano situato nella Big Island, la più grande delle isole dell’arcipelago delle Hawaii.

Da quando esiste l’Homo Sapiens Sapiens, ossia grosso modo da 300'000 anni, questa cifra non ha mai superato i 280 ppm. Eppure in questo lasso di tempo sulla nostra terra si sono succedute ben tre glaciazioni alternate ad altrettanti periodi temperati. La prima volta in cui la concentrazione di CO2 nell’atmosfera ha superato i 300 ppm, è stato all’inizio degli anni ’50 e da allora non ha mai cessato di aumentare, fino a sorpassare in questo mese di maggio i 415 ppm.

Il CO2 è il principale gas a effetto serra, un gas che impedisce che una parte del calore prodotto dai raggi solari venga riflesso nello spazio. Più alta è la concentrazione di CO2 nell’aria, più la temperatura media del nostro pianeta sale. Quello che però molti non sanno, è che in una prima fase (quella in cui ci troviamo oggi) la maggior parte di questo calore supplementare non riscalda direttamente l’aria, ma viene assorbito e immagazzinato dagli oceani, i quali, accumulando sempre più calore, fungono poi da vera e propria caldaia planetaria. Quello che noi vediamo oggi è dunque solo l’inizio del riscaldamento climatico (vedi grafico).

Con 415 ppm di CO2 il livello degli oceani si alzerà a termine di almeno 20 metri

L’ultima volta in cui nell’atmosfera del nostro pianeta c’era altrettanto CO2 è stato nel cosiddetto pliocene, circa 3 milioni di anni fa. In quell’epoca la temperatura media era di soli 2-3 gradi superiore a quella odierna, ma ciò è bastato per ricoprire di foreste parte dell’Antartide e per fare aumentare il livello dei mari di oltre 20 metri. Ebbene il solo previsto innalzamento del livello degli oceani, provocato alla fusione dei ghiacciai, minaccia a termine oltre 360 milioni di abitanti delle grandi metropoli costiere, senza contare quelli dei numerosi paradisi tropicali del Pacifico, le cui isole sono destinate a sparire nei flutti.

Le emissioni di CO2 aumentano sempre più in fretta

La grossa preoccupazione non è solo il fatto che le emissioni di CO2, invece di diminuire, continuano ad aumentare, ma il problema che aumentano sempre più in fretta. Se all’inizio delle misurazioni ci vollero ben 16 anni per veder aumentare di 15 ppm il tenore di CO2 nell'atmosfera, oggi per un aumento delle stesse dimensioni ne bastano oramai soli 6. Il fatto è che, una volta immesso nell’atmosfera, il CO2 ci rimane per secoli, anche perché stiamo distruggendo le immense foreste tropicali, che per crescere assorbivano almeno in parte il CO2 da noi prodotto.

I climatologi sono perentori: se non riusciamo a dimezzare le nostre emissioni di CO2 entro i prossimi 10 anni e ad annullarle completamente entro il 2050, andremo dritti a una catastrofe di dimensioni planetarie. Per illustrare cosa ci aspetta basta guardare alla Germania che ha registrato lo scorso aprile il 13° mese consecutivo di siccità con temperature sopra la normale; il risultato: un drammatico calo della produzione di cereali con conseguente aumento del prezzo del pane del 7%. A termine non fare nulla per frenare il riscaldamento climatico ci costerà infatti molto di più di quello che costerebbe la realizzazione di un drastico piano per sostituire rapidamente i combustibili fossili con le energie rinnovabili