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Anche le ondate di freddo polare sono paradossalmente il frutto del riscaldamento globale

Articolo del 30 maggio 2019

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L’aumento della temperatura sta cambiando il regime dei venti polari, che determinano anche il tempo che fa alle nostre latitudini, ecco perché aumentano siccità, piogge estreme e ondate di canicola e di freddo. Lo dimostra lo studio pubblicato da uno dei più prestigiosi istituti di ricerca

Nel giorno in cui l’ONU lanciava l’ennesimo allarme sul drastico aumento dei gas a effetto serra, brutali raffiche di vento polare colpivano le grandi pianure degli Stati Uniti. Eravamo nel novembre dell’anno scorso e Donald Trump non si lasciò sfuggire l’occasione per dichiarare: “Fa un freddo record. Dov’è il riscaldamento globale?”. Spesso i-negazionisti del riscaldamento climatico approfittano delle ondate di freddo per mettere in dubbio la realtà del riscaldamento globale. Eppure sono decenni che i climatologi ci mettono in guardia dal fatto che clima più caldo rima con aumento degli eventi meteorologici estremi. Riscaldamento globale significa infatti crescente siccità, ma anche aumento delle precipitazioni estreme e paradossalmente anche ondate di freddo intenso. Lo scorso inverno, ad esempio, si sono ripetutamente registrate situazione in cui nelle regioni polari faceva più caldo che non nelle nostre zone temperate.

Il perché di queste situazioni ce lo spiega uno studio effettuato dai ricercatori dell’AWI, l’Alfred-Wegener-Institut, un prestigioso istituto di ricerca tedesco specializzato nell’osservazione dei fenomeni climatici non solo nelle regioni polari dell’Artico e dell’Antartide, ma anche in quelle temperate e negli oceani. Ebbene i ricercatori dell’AWI hanno studiato in particolare l’impatto dei cosiddetti Jet Stream, sull’evoluzione del clima. I Jet Stream si formano in genere nell’ambito di flussi d’aria di compensazione fra zone di alta e di bassa pressione. Si tratta di venti che fluiscono velocemente da ovest verso est alla quota di circa 11 km dalla superficie della terra e che separano le masse d'aria fredda polare da quelle di aria più calda delle zone temperate. In generale hanno la forma di un nastro dallo spessore di meno di meno 5 km la cui massa d’aria si sposta all’orizzontale ad una velocità fra i 150 e i 540 km all’ora.

Il Jet Stream polare si indebolisce

Dal punto di vista climatico, il Jet Strean più importante è quello polare, perché in genere mantiene l’aria fredda sui poli, separandola da quella delle zone più temperate. Ora negli ultimi anni il clima polare si è riscaldato molto più in fretta di quello delle regioni temperate. Se a livello globale l’aumento medio della temperatura è stato di un solo grado centigrado, nell’Antartico la temperatura media è salita di ben 4°C. I ricercatori dell’AWI hanno scoperto che questa diminuzione della differenza di temperatura fra zone polari e temperate hanno un effetto determinante sui Jet Stream (vedi immagine sopra). Essi hanno in particolare constatato che nel corso degli ultimi decenni questi venti si stanno indebolendo e, invece di circolare come in passato in modo orizzontale lungo i paralleli, hanno iniziato a oscillare con uno moto ondoso, spingendosi a tratti molto più a sud, il che spiega ad esempio l’eccezionale ondata di freddo che ha colpito gli Stati Uniti nello scorso inverno, al punto che, a tratti, faceva più caldo al Polo Nord o in Alaska che nelle vaste pianure del Middle West. Ecco spiegato il paradosso degli inverni più rigidi malgrado il riscaldamento globale.

Le zone di alta e di bassa pressione diventano più stazionarie

Ma vi è un altro effetto dell’indebolimento del Jet Stream polare ed è che le zone di alta e bassa pressione si muovono più lentamente, il che spiega l’eccezionale siccità registrata lo scorso anno nelle zone temperate a nord delle Alpi, in Australia e nel Sud America. Mentre da un lato le siccità hanno tendenza a perdurare nel tempo, dall’altro, per lo stesso motivo, i periodi di pioggia si fanno vieppiù lunghi e intensi. Ne sanno qualcosa gli abitanti delle pianure bagnate dal Mississippi, confrontati in queste settimane con inondazioni di dimensioni storiche, dovute a una primavera caratterizzata da precipitazioni interminabili.

Ecco perché, qualora la banchisa dell’Artico dovesse continuare a liquefarsi al ritmo attuale, i ricercatori dell’AWI pronosticano per l’Europa un numero sempre maggiore di estati canicolari e di siccità di lunga durata  A darcene un primo assaggio sono stati gli estati del 2003, del 2006, del 2015 e del 2018.