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2020: primi segnali di un cambiamento di rotta dell’economia mondiale verso una maggiore sostenibilità

Articolo del 05 febbraio 2020

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Assicuratori, investitori, industriali, agricoltori e il commercio sono sempre più preoccupati per i crescenti danni all’economia, cioè ai loro investimenti, causati dal cambiamento climatico

Non sono solo i climatologi e i giovani di Fridays for Furure e di Extinction Rebellion ad essere preoccupati dal surriscaldamento del clima, anche il mondo economico comincia a misurare la gravità del danno che esso arrischia di portare all’economia mondiale e alla società nel suo insieme. Ecco perché nell’inizio di questo decennio cruciale per l’evoluzione del clima si stanno moltiplicando i segnali di un cambiamento profondo dell’economia finora basata sulle energie fossili.

Quadruplicati nel 2019 gli investimenti sostenibili

Mentre siccità, incendi, uragani, inondazioni e il crescente aumento del livello dei mari rendono sempre più palesi i rischi del surriscaldamento climatico, i grandi investitori hanno iniziato a dirottare una parte sempre più cospicua dei loro capitali verso fondi sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale e di governance. Stando alla Global Sustainable Investment Alliance, nel 2019 questo tipo di investimenti è quadruplicato rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 20,6 miliardi di dollari. Secondo gli analisti della Bank of America, nel corso dei prossimi due decenni questo tipo di investimenti sostenibili è destinato a lievitare ulteriormente, fino a sorpassare i 20'000 miliardi di dollari. La domanda d'investimento in fondi sostenibili è talmente alta, che molti gestori patrimoniali devono fare salti mortali per trovarne di adatti. Resta però da definire esattamente che cosa sia un fondo sostenibile, in modo da evitare una inadeguata allocazione di risorse in nome del, ma non esattamente a favore del clima. Resta comunque il fatto che anche Wall Street si sta tingendo timidamente di verde: Bank of America ha annunciato 300 miliardi di dollari di investimenti sostenibili per questo decennio, idem per Goldman Sachs che intende investire in modo sostenibile addirittura 750 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Anche BlackRock, il maggiore fondo d’investimenti mondiale, ha annunciato recentemente la sua intenzione di disinvestire dall’industria del carbone e di includere l’aspetto della sostenibilità nelle sue decisioni d’investimento.

Forbes ipotizza il crollo dell’impero delle energie fossili

Il 28 gennaio il bisettimanale Forbes, una delle riviste economiche di maggior successo a livello mondiale, ha pubblicato un articolo col seguente titolo evocativo “Is America’s Fossil Fuel Empire Collapsing?” (L’impero americano dei carburanti fossili sul punto di collassare?). L’articolista Daniel Araya vi ipotizza che il secolo del predominio USA basato sullo sfruttamento del petrolio stia volgendo al suo termine. A dimostrazione della sua tesi Araya cita il Green Deal Europeo, lanciato recentemente da Ursula von der Leyen, che prevede investimenti nelle energie pulite dell’ordine di 1'000 miliardi di Euro per permettere all’Europa di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Araya cita poi la Cina, impegnata in una corsa accelerata nel campo delle tecnologie green. La Cina, pur essendo ancora il maggior responsabile mondiale delle emissioni di CO2, è infatti già oggi il più grande produttore di tecnologie pulite: è il maggiore produttore di pannelli fotovoltaici, di impianti eolici, di batterie, di veicoli elettrici e di trasporti pubblici ecologici. La Cina è inoltre il più importante investitore mondiale nel campo delle energie pulite e il paese guida nel campo dei brevetti in materia di energie rinnovabili, lungi dinnanzi a USA, Giappone ed Europa. Secondo Araya la presidenza Trump segna la fine del predominio americano, consumato da un’avidità fuori controllo delle sue multinazionali e da un sistema politico cannibalizzato da una classe dirigente rapace. Per capire la dimensione del problema, basta ricordare che i 400 americani più ricchi possiedono oggi più ricchezza di 185 milioni dei loro connazionali. Per Araya, riuniti in un partenariato verde, l'Unione Europea e la Cina sono in grado di rimodellare completamente l’economia dell’Europa e di gran parte dell’Asia.

2019 l’anno in cui il mercato USA dell’elettricità cambiò definitivamente

Chi mai avrebbe immaginato nel gennaio dell’anno scorso che nell’America di Trump il 2019 avrebbe suonato la campana a morto del carbone? Cosa è successo? L’anno scorso è diventato definitivamente chiaro che, non solo le centrali a carbone, ma anche quelle a gas non sono più in grado di competere a livello economico con il fotovoltaico di ultima generazione, combinato con le nuove tecnologie per lo stoccaggio di elettricità. A ciò s’aggiunge il fatto, che sempre più stati dell’unione s’impegnano a raggiungere l’obiettivo "elettricità al 100% rinnovabile". Già 13 dei 50 stati usa hanno preso decisioni in merito. L’anno scorso numerose centrali elettriche a carbone USA hanno chiuso i battenti facendo calare del 18% la produzione di elettricità tramite carbone. Sono oltre 300 le centrali elettriche a carbone che sono state dismesse negli USA negli ultimi 10 anni. Fino a recentemente gran parte di queste venivano sostituite con centrali a gas, le quali emettono solo la metà del CO2 prodotto dal carbone. Ma ora anche le centrali a gas non appaiono più sufficientemente redditizie per competere con le rinnovabili e per quest’anno, nella costruzione di nuove centrali elettriche negli USA, è previsto il netto sorpasso da parte delle rinnovabili col 44,5% di nuovi impianti eolici e il 32% di nuovi impianti fotovoltaici, mentre le nuove centrali a gas rappresenteranno oramai meno del 22%, ossia 1/3 in meno dell’anno precedente. Nel 2019, negli Stati Uniti, le centrali a gas rappresentavano ancora il 34% delle nuove istallazioni per la produzione di elettricità (Fonte: U.S. Energy Information Administration).

Boom di fotovoltaico nell’Unione Europea

Nel 2019, nell’Unione Europea, l’istallazione di nuovi impianti fotovoltaici è raddoppiata rispetto all’anno precedente. Al totale di 115 gigawatt di fotovoltaico del 2018 se ne sono così aggiunti altri 17. Il fotovoltaico è oramai l’energia più conveniente dal punto di vista economico: dal 2010 ad oggi il costo di un pannello fotovoltaico s’è ridotto di 3/4. Da notare tuttavia che finora in Europa il fotovoltaico copre soltanto il 5% del fabbisogno di elettricità. Gli esperti sono però concordi nel ritenere che il fotovoltaico e l’eolico saranno nel futuro le principali fonti energetiche. Secondo uno studio effettuato dall’Università Tecnica di Lappenranta (Finlandia) in collaborazione coll’ Energy Watch Group, nel 2050 le energie pulite potrebbero coprire senza problemi l’intero fabbisogno energetico europeo, con il fotovoltaico al 62%, l’eolico al 32%, l’idroelettrico al 4% e il restante 2% coperto dalla biomassa. Secondo il professore Christian Breyer, economista specializzato nel fotovoltaico dell’Università di Lappenranta, nel corso dei prossimi 20 anni i costi del fotovoltaico saranno ulteriormente dimezzati, portando il prezzo alla produzione del chilowattora a meno di un centesimo di euro