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L’idrogeno verde è per la prima volta meno caro di quello grigio

Articolo del 03 giugno 2022

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Non tutti i mali vengono per nuocere: l’impennata senza precedenti del prezzo del gas fossile, innescata dall’invasione russa dell’Ucraina, favorisce la produzione di idrogeno verde

Finora la maggior parte dell’idrogeno necessario tra l’altro per alimentare le pile a combustibile è essenzialmente “idrogeno grigio”, ossia idrogeno che viene prodotto in grossi impianti industriali a partire da un idrocarburo fossile, il metano, dunque tramite un processo produttivo tutt’altro che neutrale dal punto di vista climatico. L’unico idrogeno sostenibile, quello “verde”, ossia quello prodotto tramite l’elettrolisi dell’acqua per mezzo di elettricità rinnovabile, è stato finora molto più caro e rappresenta quindi, non a caso, solo l’1% della produzione mondiale di idrogeno. Infatti ancora nella primavera dell’anno scorso il prezzo dell’idrogeno grigio s’aggirava attorno a 1 euro e ½ al chilo. L’idrogeno blu, cioè quello pure a base di metano ma con cattura delle emissioni di CO2, costava fra i 2 euro e i 2½, mentre il prezzo di quello verde s’aggirava fra i 3 euro e mezzo e i 5 euro al kg. Queste cifre si riferiscono ai prezzi più bassi a livello internazionale. In Europa i prezzi dell’idrogeno sono sempre stati molto più elevati.

Il prezzo del metano fossile è lievitato del 1000% in un anno

Ora, a causa dell’impennata del prezzo del metano sui mercati internazionali, la situazione è radicalmente cambiata. Nel marzo di quest’anno, il prezzo del metano fossile ha toccato i 200 euro al MWh, contro i 15-20 euro di un anno fa, prezzo al quale vanno aggiunti i costi dei permessi di emissione di CO₂ e i costi per trasformare questa materia prima in idrogeno. In altre parole, il prezzo del metano è salito così tanto da rendere improvvisamente il prezzo dell’idrogeno verde molto più competitivo, e ciò non soltanto in paesi come l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, l'Oman o l'Australia, paesi dove l’elettricità prodotta tramite il fotovoltaico è la meno cara.  

Il ruolo dell’idrogeno nella transizione energetica

L’idrogeno ha alcune caratteristiche che lo rendono estremamente interessante quale vettore energetico: è leggero e più facilmente immagazzinabile a lungo termine rispetto all’energia elettrica, è molto reattivo e ad alto contenuto energetico per unità di massa e può essere facilmente prodotto su scala industriale. Per quel che concerne il clima, l’aspetto fondamentale è la possibilità di utilizzarlo quale fonte di energia pulita. Infatti la sua combustione non produce anidride carbonica (CO2) e nemmeno ossidi di azoto, inoltre la combustione può svolgersi anche per via elettrochimica in celle a combustibile, con un’efficienza superiore a quella della combustione termica. Ciò vale ovviamente a patto che si tratti di idrogeno verde, ossia prodotto coll’impiego di elettricità da fonti rinnovabili come il fotovoltaico, l’eolico o l’idroelettrico.

Per la transizione energetica in campo industriale l’idrogeno verde è dunque particolarmente interessante, ad esempio perché può essere utilizzato al posto del carbone per produrre le alte temperature necessarie alla fabbricazione dell’acciaio e del cemento. Per la transizione energetica nel campo dei trasporti l’idrogeno verde è invece essenziale in tutti quei segmenti che non possono essere facilmente o direttamente elettrificati tramite batterie, come ad esempio il trasporto aereo, quello marittimo o quello su strada per lunghe distanze.

Transizione energetica non rima più con aumento del prezzo dell’energia

Finora, l’elevato costo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili era considerato come il principale ostacolo allo sviluppo dell’economia dell’idrogeno. Ma il rapido calo dei costi di produzione del fotovoltaico e dell’eolico, che in poco più 10 anni sono letteralmente crollati del 90%, ha cambiato radicalmente le regole del gioco. Oggi il fotovoltaico e l’eolico sono di gran lunga i metodi più a buon mercato per produrre elettricità. 

L’aggressione della Russia all’Ucraina, una guerra che ha messo per la prima volta completamente a nudo la pericolosa dipendenza energetica dei paesi democratici da regimi dittatoriali, quali quelli della Russia e dell’Arabia Saudita, potrebbe ora rappresentare il colpo di grazia inferto al mercato delle energie fossili. In questi difficili mesi, cittadini, imprese e governi di tutto il mondo hanno infatti iniziato a rendersi veramente conto dell’importanza di essere in grado di garantire la propria sovranità energetica e di difendere nel contempo il nostro pianeta dal surriscaldamento del clima. Per citare un solo esempio: i 39 GW supplementari di fotovoltaico previsti entro fine anno in Europa, permetteranno di sostituire ben 4,57 miliardi di metri cubi di gas russo, di che non solo alleviare la pressione sui nostri portamonete, ma anche di diminuire le nostre emissioni di CO2, a tutto vantaggio del clima.