Centrali Nucleari: profitti ai privati, costi ai contribuenti e alle generazioni future
03.02.2019
Notizie negative
Articolo del 02 settembre 2024
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Il governo svizzero intende aprire la porta alla costruzione di nuove centrali nucleari annullando il divieto di costruire nuove centrali nucleari approvato nello storico voto popolare del 2017. Oggi, tuttavia, l’energia nucleare rimane un'energia pericolosa ed è inoltre ben lungi dall’essere competitiva
Stando al ministro dell'energia Albert Rösti, negli ultimi anni vi sarebbe stato un "cambiamento di paradigma", e ha citato quali motivi principali: la guerra in Ucraina e il suo impatto sulle importazioni di gas russo e sulla sicurezza energetica della Svizzera, la forte crescita della popolazione e di conseguenza il crescente fabbisogno di elettricità, il lento sviluppo delle energie rinnovabili dovuto ai ricorsi legali che complicherebbero ulteriormente le cose e la nuova legge che richiede la neutralità climatica entro il 2050 e di conseguenza la necessità di ridurre a zero l’utilizzazione di carbone, petrolio e gas.
La mossa del governo non sorprende più di quel tanto quando si sa che dei suoi 7 membri 4 sono esponenti dell’UDC e del PLR, i due partiti di destra dichiaratamente favorevoli al nucleare e che lo stesso ministro Rösti, non solo è stato dal 2015 al 2022 presidente di Swissoil, la lobby degli importatori di petrolio, un mandato scomparso come per incanto dalla sua biografia ufficiale, ma è stato anche presidente dell’UDC dal 2016 al 2020, il partito che si è opposto con veemenza, ma senza successo, alla nuova legge sull’energia che incentiva il dispiegamento delle rinnovabili. Ma vediamo dunque in dettaglio quali sono le prospettive reali del nucleare civile nel mondo e in Svizzera
L’energia nucleare è oggi la più cara in assoluto
A livello globale eolico e fotovoltaico sono di gran lunga le forme di energia più a buon mercato, anche tenendo conto della necessità di stoccare l’elettricità in batterie, per compensare la loro resa discontinua. D’altro canto l’energia nucleare è la più cara in assoluto. Ciò vale in particolare per i reattori nucleari di ultima generazione, i cosiddetti EPR.
I costi indicati nella tabella tengono conto dei tempi necessari alla costruzione degli impianti, della loro durata di vita, del capitale investito e dei tassi d’interesse, delle spese di gestione e di manutenzione, dei costi dei combustibili, della quantità di elettricità prodotta, dei costi dei certificati d’emissione di CO2 e delle spese di smantellamento degli impianti arrivati in fin di vita.
In questi ultimi 2 decenni i costi di costruzione delle centrali nucleari sono letteralmente esplosi.
Le norme di sicurezza delle nuove centrali nucleari sono state aggiornate a più riprese dopo le catastrofi di Cernobyl e di Fukushima. Ciò ha fatto lievitare i costi di costruzione. Ne sono esempli lampanti la costruzione delle ultime tre centrali realizzate o in via di realizzazione in Europa:
Centrale nucleare britannica di Hinkley Point C (2 reattori del tipo EPR di 3a generazione). Costo stimato in origine da EDF Energy per i due reattori: 19 miliardi di euro. Costo stimato finale stimato da EDF: fino a 56.9 miliardi di Euro. (Inizio dei lavori 2008, per una durata stimata allora a 13 anni. Stando alle ultime notizie la centrale non dovrebbe entrare in funzione prima del 2029-2030).
Dato l’enorme sorpasso dei costi preventivati do quest'ultima centrale, essa non sarà mai redditizia, ecco perché il governo britannico ha concesso al consorzio costruttore della centrale sovvenzioni per un ammontare di 100 miliardi di Euro sull’arco di 35 anni. Da notare che già nel luglio 2016, quando l’ammontare totale dell’ammanco non era ancora noto, il National Audit Office (NAO) del Regno Unito aveva dichiarato che sarebbe stato più economico utilizzare le energie rinnovabili piuttosto che costruire Hinkley Point C
I tempi di realizzazione delle nuove centrali nucleari sono biblici
Se negli anni ’50 del secolo scorso la costruzione di una centrale nucleare durava meno di 4 anni, oggi questi tempi sono più che triplicati.
Se poi si tiene conto anche della progettazione, diventata molto più complessa e onerosa dopo i disastri di Cernobyl e di Fukushima, i tempi di realizzazione assumono connotati addirittura biblici.
A livello globale la parte dell’energia nucleare è in netto declino
Il suo picco s’è registrato verso la metà degli anni ’90 del secolo scorso, quando le centrali nucleari fornivano fino al 17.5% di tutta l’energia elettrica consumata nel mondo. Ma nel 2022 le centrali nucleari hanno prodotto solo il 9% dell'elettricità consumata a livello globale.
Le principali ragioni per cui se ne costruiscono sempre meno sono due:
Da notare che senza i reattori costruiti in Cina il bilancio sarebbe molto più negativo. Fra il 2002 e il 2021 sono infatti stati dismessi 105 reattori, mentre quelli nuovi collegati alla rete sono stati 98, di cui 50 nella sola Cina. Negli USA, ad esempio, la costruzione degli unici 2 reattori andati in servizio nell’ultimo quarto di secolo è durata oltre 20 anni e, sempre negli USA, delle 27 richieste di licenza degli ultimi 15 anni per la costruzione di nuovi reattori, solo 2 sono effettivamente in costruzione
La ripresa del nucleare in Europa avrebbe costi astronomici.
Un’alleanza di 15 Paesi dell’Unione Europea favorevoli all’energia nucleare afferma che l’Unione Europea avrebbe bisogno di ulteriori 50 GW di impianti nucleari entro il 2050 per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica, il che richiederebbe la costruzione oltre di 30 nuovi reattori (Fonte: Euractiv)
Quest’alleanza valuta i costi fra i 5 e gli 11 miliardi di Euro al GW. In realtà, tenendo conto dei costi di costruzione effettivi e attuali delle tre centrali citate sopra (21.5 miliardi di Euro in media per ogni reattore da 1.6 GW, ossia 13.25 miliardi a GW), l’investimento necessario ammonterebbe come minimo 664 miliardi di Euro, senza contare il più che probabile rincaro.
In paragone l’installazione ai costi attuali di una potenza di 50 GW di fotovoltaico commerciale (grandi impianti) costa meno di 50 miliardi di Euro (Fonte: Solar Modo), mentre l’installazione di una potenza di 50 GW di eolico commerciale (grande impianto) costa, a seconda del tipo, da 50 a 250 miliardi (fonte: Energie Netze Deutschland)
Ondate di calore e la siccità compromettono il buon funzionamento delle centrali nucleari.
Contrariamente a quanto affermato dai fautori del nucleare, cioè che le centrali nucleari, a differenza delle energie rinnovabili che producono a intermittenza come l'eolico e il fotovoltaico, manterrebbero sempre un'operatività quasi totale, l’estate torrida del 2023 ha dimostrato che durante la siccità il rendimento delle centrali nucleari diminuisce o cessa addirittura in mancanza di quantità sufficienti di acqua per raffreddare i reattori.
Le centrali nucleari pompano infatti acqua dai fiumi o dal mare per alimentare i circuiti di raffreddamento dei reattori (in Francia il 30% dell'acqua è utilizzata a questo scopo). Quando l’acqua diventa troppo calda, capita di non poter far girare i reattori alla massima potenza. Il problema non è nuovo: in estate la produzione di elettricità dei reattori nucleari francesi e svizzeri cala regolarmente e ciò proprio perché le temperature delle acque dei fiumi aumentano. In passato, tuttavia, queste fasi critiche coincidevano in genere con la seconda metà di luglio e col mese di agosto, quando molte fabbriche sono chiuse, molti sono in vacanza e il consumo di elettricità è più basso del solito.
Il caldo anomalo che in questi ultimi anni ha colpito tutta l’Europa già a tarda primavera e a inizio estate ha però cambiato le carte in tavola e cade spesso in momenti in cui l’economia è ancora in piena attività. Ma non è tutto: spesso a mancare è addirittura l’acqua stessa. Nell’estate del 2019, ad esempio, un’ondata di calore e un prolungato periodo di siccità hanno costretto i francesi a mettere in stand by 8 centrali nucleari, riducendo la capacità di generazione elettrica del parco nucleare francese dell’8%.
A inizio estate 2022, per tutta una serie di problemi legati alla manutenzione e a un’ondata anomala di caldo e di siccità, addirittura la metà dei 56 reattori francesi è stata messa fuori uso, riducendo la potenza quotidiana del nucleare francese al livello più basso degli ultimi 30 anni, ossia a miseri 30 GW, invece dei potenziali 60. Ciò ha costretto la Francia, da tradizionale esportatore di elettricità, ad importare elettricità rinnovabile dalla Germania. Questo proprio nel momento in cui l’Europa intera, a seguito all'invasione dell'Ucraina, era alla disperata ricerca di soluzioni alternative per ridurre la sua dipendenza energetica dal gas russo.
Le centrali nucleari europee e svizzere dipendono dall’uranio fornito da paesi governati da dittature
Nel 2021 il Niger risultava il maggior fornitore di uranio per l'Unione Europea, seguito da Kazakistan e dalla Russia. Per quel che concerne il Niger basta ricordare che è stato teatro di un colpo di stato militare nel 2023, a seguito del quale i golpisti hanno espulso i militari francesi e americani che erano stazionati nel paese per sostenerlo nella lotta contro la Jihad Islamica e per proteggere gli impianti di estrazione dell'uranio. Oggi il Dipartimento Federale svizzero degli Affari Esteri sconsiglia viaggi in questo paese africano, essendo esso in preda a bande armate e a gruppi terroristici che vivono di contrabbando, rapine e sequestri.
Per quanto riguarda la Russia, basta ricordare che è governata da un dittatore aggressivo e senza scrupoli che non ha lesinato a tagliare le forniture di gas all’Europa per cercare di metterla sotto pressione durante l'invasione dell'Ucraina da parte del suo esercito.
Per quel che concerne l’uranio usato nelle centrali nucleari svizzere è da notare che i 2 reattori di Axpo a Beznau lavorano esclusivamente con uranio russo e che anche a Leibstadt – pure gestita da Axpo - la metà dell'uranio utilizzato è russo. La Russia, un paese tutt’altro che affidabile, è dunque uno dei principale “partner” del settore nucleare svizzero, un fatto tutt’altro che rassicurante.
Da notare inoltre che l'influenza della Cina e della Russia nel settore nucleare è in continua crescita. Questi due paesi forniscono infatti la tecnologia nucleare destinata al 70% dei reattori attualmente in costruzione a livello globale.
Il prezzo dell’uranio alle stelle
Nel 2020, il prezzo dell’uranio sui mercati internazionali era di 25 dollari per libbra. A inizio 2024 è lievitato a 106 dollari per libbra, il dato più alto mai toccato dal 2007, in crescita del 424% rispetto al periodo Pre-Covid. I motivi di questa impennata hanno a che fare con la particolare situazione in cui versa il mercato. Da un lato vi sono le tensioni geopolitiche in particolare in Europa, dall’altro l’offerta è concentrata nelle mani di pochissime imprese, le quali alimentano l’incertezza sulle forniture. Come per il gas e il petrolio, i prezzi e le forniture di uranio sono quindi alla mercé delle fluttuazioni dei mercati internazionali e lungi dall'essere garantiti.
Le centrali nucleari rappresentano un pericolo troppo grande per un paese piccolo come la Svizzera.
Quel che può succedere in caso di catastrofe nucleare lo dimostra Chernobyl, dove ancora oggi, a quasi 40 anni dall’esplosione, esiste una zona di esclusione di 4'300 km2, una zona che rimarrà radioattiva per un tempo indeterminato. Si tratta di una superficie ora inabitabile pari circa all’insieme delle superfici di 9 cantoni svizzeri, ossia di Uri (1077 km2), Svitto (908 km2), Obvaldo (491 km2), Nidvaldo (276 km2), Glarona (685 km2), Appenzello Interno (173 km2), Appenzello Esterno (243 km2), Zugo (239 km2) e Sciaffusa (299 km2). Ci si può quindi facilmente immaginare l'impatto che una simile catastrofe in una centrale nucleare svizzera avrebbe sul nostro paese.
Vale anche la pena ricordare i costi esorbitanti dei due maggiori disastri nucleari.
Stando a un bilancio stilato dalla University of Southern California, il disastro nucleare Chernobyl è costato nei 30 anni successivi circa 700 miliardi di dollari, di cui 235 miliardi a carico della Bielorussia, 240 miliardi a carico dell’Ucraina e il resto a carico della Russia. Anche il disastro nucleare molto più recente di Fukushima si rivela estremamente costoso per il Giappone: stando al Comitato giapponese sui conti pubblici, sono stati spesi finora la bellezza di 146 miliardi di Euro. A 13 anni dal disastro, oltre la metà di questi fondi è stata impiegata per la ripulitura del materiale dei reattori, attività tutt’altro che completata, e per l'attività di smaltimento delle acque radioattive. Stando alla TEPCO, la Tokyo Electric Power Co, che gestisce la centrale, i lavori per garantire la sicurezza dell’impianto dureranno ancora dai 30 ai 40 anni. Da notare che le ultime relazioni sui progressi realizzati sul campo sono tutt’altro che positive. Infatti i test effettuati per tentare di rimuovere il materiale radioattivo dal reattore numero 2 tramite apparecchi robotizzati sono per ora falliti.
Le centrali nucleari rappresentano un grave pericolo in caso di conflitto armato
Basta ricordare come durante l'invasione dell'Ucraina Putin ha ordinato alle sue truppe di attaccare e occupare la centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa, come pure le rovine della centrale di Chernobyl. La sola minaccia di bombardare una centrale nucleare può mettere in scacco le truppe di un paese attaccato.
A oltre 55 anni dalla messa in servizio della prima centrale nucleare svizzera lo stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie altamente radioattive delle centrali nucleari non è ancora stato risolto
Nel 2003 la Gran Bretagna ha spento la sua centrale nucleare di Sellafield, adibendo il sito soprattutto al trattamento e allo stoccaggio delle scorie radioattive e del materiale proveniente dallo smantellamento di centrali nucleari dismesse. Questo sito, considerato il sito industriale più pericoloso d'Europa, è stato definito da un ex segretario di stato britannico come un “pozzo senza fondo di inferno, di denaro e di disperazione”. Infatti nel corso degli anni i costi per mettere in sicurezza gli edifici in cui vengono immagazzinate le scorie radioattive e per decontaminare l’intero sito hanno preso l’ascensore e ammontano oramai a oltre 3,2 miliardi di euro all’anno (£2.7bn), causando, secondo un rapporto del National Audit Office (NAO), tensioni con il ministero britannico delle finanze. Secondo il NAO i progressi fatti a Sellafield per rendere sicuro il sito sono molto più lenti del previsto e tre dei suoi impianti di stoccaggio provvisorio più pericolosi rappresentano un “rischio intollerabile”.
Oggi si prevede che lo smantellamento degli impianti di Sellafield costeranno allo stato in totale oltre 163 miliardi di euro (136 miliardi di sterline), ossia oltre 25,5 miliardi di euro in più di quanto stimato appena cinque anni fa. Da notare in particolare che, secondo i piani attuali, lo smantellamento dovrebbe durate un intero secolo ed essere terminato nel 2125, quando le scorie nucleari dovranno essere sotterrate in una regione inglese tuttora ignota.
E qual è la situazione in Svizzera? Nel 1973, cioè oltre 50 anni fa, la Confederazione e gli operatori delle centrali nucleari svizzere hanno fondato la NAGRA (Nationale Genossenschaft für die Lagerung radioaktiver Abfälle), la cooperativa responsabile dello smaltimento e dello stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie radioattive prodotte in Svizzera. Finora la NAGRA ha speso 250 milioni di franchi per cercare un posto dove sotterrare questi rifiuti per i prossimi 200'000 anni. A fine 2022 la NAGRA ha annunciato di avere identificato una zona idonea per un deposito di scorie altamente radioattive e ha presentato a fine 2024 la domanda di autorizzazione a procedere per la pianificazione del deposito, dopodiché la decisione di approvare il progetto spetterà al governo e l'Assemblea federale, una decisione che con ogni probabilità sarà sottoposta a un referendum, da tenersi probabilmente non prima del 2031, Qualora tutto dovesse andare come sperato, la costruzione del deposito potrebbe iniziare attorno al 2045. Secondo le stime del 2021 questo progetto avrebbe dovuto costare 18.2 miliardi di franchi, oggi si parla già di 20 miliardi. Da notare che in un deposito di questo genere Le scorie altamente radioattive dovranno rimanere indisturbate e al sicuro anche quando l’attuale riscaldamento climatico lascerà il posto ad almeno due prossime ere glaciali.
Perché allora costruire nuove centrali nucleari se la Svizzera, oltre mezzo secolo dopo l’inaugurazione della sua prima centrale nucleare commerciale, quella di Beznau entrata in servizio nel 1969, non è ancora stata in grado di risolvere il problema di uno stoccaggio sicuro e definitivo delle scorie altamente radioattive e lo rimanda alle prossime generazioni?
Qual'è dunque la probabilità di vedere in Svizzera la messa in cantiere di una nuova centrale nucleare?
Come prossimo passo, il governo federale presenterà entro la fine del 2024 una proposta di modifica della legislazione nucleare, in modo che possa essere discussa in parlamento l'anno prossimo. Se la proposta dovesse essere accolta dalle camere, il referendum è praticamente certo e sarà quindi la popolazione chiamata alle urne a decidere in ultima istanza. Infatti le reazioni delle organizzazioni ambientaliste, dei Verdi Svizzeri, dei Verdi Liberali, del Partito Socialista e di quello del Centro alla proposta governativa sono tutte negative e tacciate di "irresponsabile passo indietro" che rischia di bloccare il dispiegamento delle energie rinnovabili e di impedire il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Secondo Gerhard Pfister, il presidente del partito del Centro che rappresenta l'ago della bilancia del parlamento svizzero, le nuove centrali nucleari non saranno redditizie, e sarà "assolutamente fuori questione" attingere alle sovvenzioni destinate a promuovere le energie rinnovabili per sovvenzionare nuove centrali nucleari.
Per intanto la probabilità di vedere aprirsi nuovi cantieri nucleari in Svizzera appare dunque più che incerta. Il governo federale non ha ancora minimamente affrontato le questioni chiave, come quella della tecnologia da mettere in campo, quella della sicurezza dell'approvvigionamento di uranio, quella dei costi e dello stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi. Inoltre, secondo Stephanie Eger, esperta di energia nucleare presso la Fondazione svizzera per l'energia, a causa dei cambiamenti legislativi che si renderebbero necessari, dei problemi legati al finanziamento delle centrali nucleari, delle autorizzazioni e della probabile opposizione pubblica, la costruzione di una nuova centrale nucleare potrebbe richiedere almeno 35 anni, ben al di là dunque del termine fissato dalla legge al 2050 per raggiungere la neutralità climatica.
Anche i grandi produttori svizzeri di elettricità poco entusiasti all'idea di rilanciare il nucleare
Nemmeno i grandi produttori svizzeri di energia elettrica sembrano entusiasti all'idea di far rivivere il nucleare. Alpiq, la società leader in Svizzera nella produzione di elettricità e fornitrice di servizi energetici anche in tutta l'Europa, ha addirittura annunciato la sua decisione di lasciare Economiesuisse a causa della sua decisa presa di posizione a favore della costruzione di nuove centrali nucleari. Ricordiamo che Economiesuisse è l'organizzazione mantello dell'economia svizzera di cui fanno parte 100 associazioni di categoria, 20 camere di commercio cantonali e 42 imprese individuali. Alpiq, che dal canto suo ha deciso di concentrarsi sulle energie rinnovabili, ritiene infatti che il dibattito sul nucleare, rilanciato dal governo su pressione di Economiesuisse, sia dannoso per la transizione energetica del nostro paese. BKW e Axpo, gli altri due maggiori produttori svizzeri di elettricità, si dicono dal canto loro prudentemente aperti alle nuove tecnologie nucleari, ma avvertono nel contempo che nuove centrali nucleari, per essere redditizie, potrebbero richiedere finanziamenti statali o sovvenzioni e continuano intanto entrambe a spingere per uno sviluppo più rapido delle energie rinnovabili. Sia per il governo, sia per Economiesuisse, le prese di posizione di Alpiq e degli altri due grandi produttori svizzeri di elettricità rappresentano dunque un duro colpo.