Importante passo in avanti in Svizzera per la tassa sul CO2 per i biglietti aerei
20.09.2019
Notizie negative
Articolo del 30 maggio 2023
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In vista della votazione del 18 giugno sulla “Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica”, l'UDC ha lanciato una violenta campagna di Fake News intesa ad affossare la legge. Ecco dunque in merito un dettagliato Fact Checking
In queste settimane è stato recapitato nelle bucalettere dei Ticinesi un giornale di propaganda formato 32 x 47 cm contro la “Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica”, ossia il controprogetto indiretto all’iniziativa per i ghiacciai.
Secondo l’UDC, che è stato l’unico partito a votare contro questa legge, accolta dal Consiglio Nazionale con 139 SI, contro 51 NO e dal Consiglio degli Stati con 38 SI e 4 NO, si tratterebbe di una legge ”divoratrice di elettricità”, legge che “metterebbe a rischio la sicurezza energetica” del nostro paese. Si tratta di 8 pagine zeppe di fake news, che vale la pena smontare una a una.
La prima osservazione che salta all’occhio alla lettura di questo “opuscolo” di propaganda è che dei quindici scribacchini 11 sono membri accertati dell’UDC, 2 leghisti e di altri 2 di cui non è stato possibile appurare l’affiliazione politica. Inoltre fra i 15 sedicenti “esperti” non vi è nessuno, assolutamente nessuno specialista di questioni energetiche e di clima, ma tutti pretendono di confutare il lavoro di decine di migliaia di scienziati. Ma come disse Umberto Eco in una intervista a El Mundo: "Tutti gli abitanti del pianeta, compresi i pazzi e gli idioti, hanno il diritto alla parola pubblica..."
Ma vediamo per cominciare chi sono gli eminenti autori di questo “opuscolo” di propaganda:
Ed ora un’occhiata alle loro argomentazioni:
Prima pagina: “Legge divoratrice di elettricità”
Questa prima pagina è stata redatta ricorrendo a tutta una serie di fake news, stile: “La legge divoratrice di elettricità comporta di fatto il divieto di utilizzare la benzina, l’olio da riscaldamento, il diesel e il gas”, “I proprietari di abitazioni saranno costretti a effettuare costose ristrutturazioni“, “molti proprietari fondiari non saranno quindi più in grado di permettersi la propria casa” e “i costi energetici triplicheranno fino a 9’600 franchi per persona all’anno”. Si tratta di frasi destinate a incutere paura al lettore non informato.
In realtà il testo di legge che andrà in votazione non introduce nessun divieto e nessuna nuova tassa o imposta, né per l’economia, né per la popolazione. Esso prevede per contro sussidi volti a facilitare il passaggio a sistemi di riscaldamento più efficienti, meno energivori e meno cari, sussidi limitati nel tempo e finanziati tramite il bilancio ordinario della Confederazione per un ammontare massimo di 3,2 miliardi di franchi sull’arco di dieci anni. La legge prevede inoltre un sostegno alle imprese che investono in tecnologie innovative volte a ridurre le emissioni di gas serra, mettendo a loro disposizione 200 milioni di franchi all’anno per sei anni.
Questa legge tassata dall’UDC di “divoratrice di elettricità” che metterebbe in grave pericolo “la nostra sicurezza energetica” è in realtà l’esatto contrario di quanto affermato dai referendisti: essa promuove infatti un uso parsimonioso dell’elettricità, ad esempio sovvenzionando la sostituzione dei riscaldamenti elettrici a resistenza, che sono estremamente energivori e costosi e che dilapidano attualmente il 10% dell’elettricità consumata nel nostro paese. Promuovendo le termopompe a sostituzione dei riscaldamenti a olio e a gas, essa permette inoltre di abbassare notevolmente il costo del riscaldamento e mette i consumatori svizzeri al riparo dalle speculazioni sul mercato internazionale dell’energia, di cui abbiamo avuto un buon assaggio in quest’ultimo anno, quando il prezzo del gas è quasi raddoppiato.
Scopo palese dell’UDC non è quello di dare sicurezza energetica al paese, bensì sabotare la transizione energetica e mantenere la dipendenza dalle energie fossili. Per tentare di riuscire in quest’impresa, l’UDC non esita a tirare tutti i registri, stile:
Tutto ciò sembra indicare che l’UDC è venduta alle lobby del petrolio e del gas fossile, che molto probabilmente hanno anche finanziato la pubblicazione di questo giornale di propaganda. Ciò non deve poi tanto sorprendere. Basta infatti ricordare che Albert Rösti, il nuovo consigliere federale dell’UDC è stato fino all’altro ieri il presidente di Swissoil, che Walter Frey, uno dei maggiori finanziatori dell’UDC, è il padre padrone del gruppo Emil Frey, considerato uno dei più importanti commercianti di auto in Europa, con un giro d’affari stimato a oltre 11 miliardi di franchi. Il giornale di propaganda è stato distribuito in oltre 4,5 milioni di esemplari in tutte le bucalettere della Svizzera, secondo la stampa la campagna più cara di sempre. Chi esattamente abbia finanziato questa campagna non è dato a sapere, perché l’UDC rifiuta da sempre di divulgare i nomi dei suoi finanziatori. Sappiamo poi che l’UDC svizzera è nota per le sue onerosissime campagne, contro le quali è difficile competere ad armi pari.
Marco Chiesa: “La legge divoratrice di elettricità comporterà costi per almeno 387 miliardi di franchi” e “i costi energetici aumenteranno pro capite da 3'000 a 9'600 franchi all’anno”
Si tratta di una Fake News pura e semplice: l’energia elettrica ha un’efficacia di circa il 90%, contrariamente alle energie fossili, il cui rendimento varia dal 20 al 30%. Alcuni esempi:
Riscaldamento. Nel 2021, per riscaldare con una termopompa (ambiente e acqua calda) un appartamento di 99 m2 si spendevano in media 718 franchi, con la nafta la fattura era di 1'381 franchi e col gas di 1'382 franchi. Da notare che questa enorme differenza di costi c’era prima ancora che scoppiasse la guerra in Ucraina e che il costo di petrolio e gas salissero alle stelle. Le termopompe permettono infatti di risparmiare dal 40 al 60% dei costi di riscaldamento, perché una termopompa preleva il calore dall’ambiente e lo concentra, così con 1 solo kWh di elettricità producono a seconda del luogo e della meteo dai 2 ai 5 kWh di calore.
Automobile. Un’auto nuova con motore a scoppio consuma in media circa 6,16 litri di benzina per percorrere 100 km. Al costo di franchi 1,81 al litro (prezzo del 1° di maggio 2023) ciò fa 11,14 franchi per 100 km. Nel 2021 il consumo medio di elettricità dei veicoli al 100% elettrici è stato in Svizzera di 18,91 kWh per 100 km. In Svizzera le tariffe elettriche variano da regione a regione. Nel Bellinzonese la tariffa standard 2023 varia da 20.14 centesimi al kWh (tariffa alta), a 18.14 centesimi al kWh (tariffa bassa). Prendendo dunque solo l’elettricità più cara (tariffa alta) un percorso di 100 km viene a costare 4 franchi, ossia quasi un terzo di quanto costa per un’automobile a benzina. La ragione è semplice: un motore a scoppio sperpera i 2/3 dell’energia consumata sotto forma di calore, ecco perché il motore di un’auto a benzina deve essere munito di un radiatore con un circuito di raffreddamento.
Silvan Gaugler: “tre anni fa l’elettricità ci costava 5'000 franchi all’anno, oggi 17’000”
Questo argomento non ha nulla a che vedere con la legge in votazione, bensì con la liberalizzazione del mercato dell’elettricità per le imprese. Le imprese che hanno scelto di rifornirsi sul mercato libero per risparmiare sulla bolletta elettrica, hanno anche accettato il rischio di vedere i prezzi esplodere per via della speculazione sui mercati internazionali. Chi invece non l’ha fatto non ha subito rincari di questa portata. Stando all’amministrazione federale un nucleo familiare tipo paga quest’anno circa 5,8 centesimi al kWh in più rispetto all’anno scorso. Questo rincaro non è certamente dovuto alle energie rinnovabili, che diventano sempre più a buon mercato e che oggi sono oramai le meno costose, bensì soprattutto all’esplosione del prezzo del gas e al calo della produzione delle centrali nucleari, i cui reattori soffrono del calo di acqua di raffreddamento dovuto alla persistente siccità, in particolare in Francia.
Magdalena Martullo-Blocher: “dimezzare il consumo di benzina, diesel, petrolio e gas entro il 2031 è totalmente irrealistico”
Quando si vuole si può! A febbraio dell’anno scorso sembrava impossibile fare a meno del gas e del petrolio russo e l’UDC paventava docce fredde. La crisi energetica non c’è stata, anche grazie al boom di fotovoltaico. In Ticino, nell’ultimo anno l’aumento di fotovoltaico è stato addirittura dell’81% rispetto all’anno precedente. Per coprire l’intero fabbisogno privato dei ticinesi col fotovoltaico basterebbe istallare 1 m2 di pannelli fotovoltaici all’anno per ogni abitante e in meno di 8 anni il loro fabbisogno annuo sarebbe coperto. Un impianto fotovoltaico con una potenza di 3 kW è infatti sufficiente per sopperire alle esigenze energetiche di una famiglia media, composta da 3-4 persone e che consuma in un anno circa 3.000 kWh di elettricità. Per realizzare un impianto di questo tipo servono di norma 12 pannelli fotovoltaici di dimensioni standard, che occupano circa 20 mq di spazio sul tetto, ossia da 5 a 7 m2 per persona.
Elias Vogt sull’eolico: “Si industrializza il paesaggio senza alcun beneficio reale”
Certo, gli impianti eolici impattano sul paesaggio, ma lo fanno anche le autostrade, le ferrovie, i capannoni industriali e le centrali nucleari, che con le loro altissime torri di raffreddamento, con i loro pennacchi di vapore, si vedono a decine di km di distanza. La grossa differenza sta nel fatto che non inquinano, che producono elettricità a buon mercato soprattutto in inverno e che ci mettono al riparo dai ricatti di dittatori dello stampo di Putin e di Bin Salman e dagli speculatori del mercato energetico internazionale. Per sostituire l’elettricità prodotta con le sue centrali atomiche, a carbone e a gas, la Germania ha deciso di permettere l’installazione di pale eoliche sul 2% del suo territorio e in Svizzera la situazione non dovrebbe poi essere troppo diversa. Inoltre, contrariamente a quanto afferma Vogt, in Svizzera ci sono regioni con un grande potenziale eolico. Stando a uno studio commissionato dall'Ufficio federale dell'energia (UFE) alla società Meteotest AG al fine di determinare il nostro potenziale eolico, in Svizzera potrebbero essere generati tramite l’eolico 29,5 terawattora (TWh) di elettricità all'anno, di cui 19 TWh nel solo semestre invernale, ciò corrisponde a circa la metà dei circa 57 TWh di elettricità consumata ogni anno nel nostro paese. Se si sfruttasse soltanto il 30% di questo potenziale utilizzabile in modo sostenibile, ciò corrisponderebbe a circa 1000 impianti eolici, e si potrebbero produrre 8,9 TWh di energia eolica all'anno di cui 5,7 TWh in inverno, proprio quando il fotovoltaico e l’idroelettrico scarseggiano. In Svizzera, attualmente, l’eolico fornisce soltanto l’1% della produzione nazionale di elettricità, in Austria, paese alpino come il nostro, il 15%, e ciò senza minimamente impattare sulla sua attrattività turistica.
“La Germania come monito” (articolo non firmato)
Stando a quanto affermato in questo articolo la Germania avrebbe il “secondo prezzo dell’elettricità più alto del mondo”. Effettivamente in Germania l’elettricità costa in media 32 centesimi di euro al kWh. Quel che l’articolo però non dice è che questo costo elevato è dovuto in particolare all’elevata imposizione fiscale, dovuta tra l’altro anche alle sovvenzioni necessarie per mantenere in funzione le sue centrali a carbone. Si afferma inoltre che “la Germania dipende dall’energia proveniente dall’estero con una quota delle importazioni attorno al 64%”, lasciando intendere fra le righe che si tratti di elettricità.
La verità è che la Germania è esportatrice netta di elettricità e che la quota del 64% si riferisce al consumo totale di energia, inclusa quella da fonti fossili. Secondo la Bundesnetzagentur tedesca, malgrado la crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina, la Germania ha esportato l’anno scorso ben 62,05 TWh di elettricità e ne ha importate solo 35,77 TWh. Rispetto al 2021 le sue esportazioni nette sono addirittura aumentate del 51,1%. Da notare che la Germania ha prodotto nel 2022 ben 100,5 TWh tramite l’eolico su terraferma (+12,4% rispetto all’anno precedente), 24,7 TWh tramite l’eolico marino (+2.9%) e 55.3 TWh tramite il fotovoltaico (+18,7%)
Per quel che concerne la Svizzera siamo in una situazione ancora peggiore, perché il nostro consumo energetico globale è coperto addirittura per il 70% da energia importata, in particolare sotto forma di prodotti petroliferi, gas naturale ed energia nucleare (cifre ufficiali della confederazione). Tra l’altro: in Svizzera il consumo energetico pro capite è in calo da anni. Infatti, sebbene tra il 1990 e il 2020 la popolazione sia cresciuta del 28,7%, grazie a misure di efficientamento energetico nello stesso lasso di tempo il consumo totale di energia è diminuito del 5,9%.
L’affermazione che “La ristrutturazione obbligatoria degli edifici” costerebbe in Germania dai 190'000 ai 340'000 Euro per abitazione, lascia intendere un investimento di questo ordine di grandezza per ogni appartamento, il che non corrisponde affatto alla realtà. In Svizzera, paese molto più caro della Germania, Raiffeisen valuta questi costi fra i 138'000 e i 232'000 franchi per un’unità abitativa costruita negli anni ‘60, ciò tuttavia soltanto nel caso in cui si dovesse procedere a una ristrutturazione energetica di tipo A, che comporta la sostituzione dell’impianto di riscaldamento alle fossili con una pompa a calore, un isolamento supplementare del tetto, delle facciate e del seminterrato, oltre alla sostituzione di tutte le finestre. Tuttavia, un vecchio edificio potrebbe anche essere migliorato dalla classe di efficienza energetica F alla C, semplicemente isolando le facciate e sostituendo le finestre. Ciò avrebbe come conseguenza costi di ristrutturazione nettamente inferiori.
Lara Filippini: “No alla distruzione del nostro paesaggio”
Lara Filippini ci va giù pesante: con l’aumento dell’idroelettrico “almeno 30 valli alpine dovranno essere allagate”, “Gli impianti solari di alta montagna coprirebbero le alpi incontaminate, le valli montane, i prati, i pascoli”, “5000 pale eoliche, alcune delle quali alte fino a 250 metri dovrebbero essere installate in tutta la Svizzera”, “La nostra economia nazionale perderebbe miliardi di valore aggiunto”, “oltre 158’000 posti di lavoro andrebbero persi”, “nonostante tutto, avremmo ancora troppo poca elettricità” e “potremo riscaldare i nostri salotti e i nostri uffici solo fino a un massimo di 19°C”.
Lara non ha apparentemente nessuna idea del potenziale fotovoltaico dei tetti dei nostri edifici: secondo uno studio di Swissolar, sfruttando meno del 40% delle superfici dei tetti degli edifici del nostro paese, senza nemmeno contare sul potenziale di fotovoltaico rappresentato anche dalle loro facciate si potrebbero generare 45 TWh di fotovoltaico all'anno. Tenendo conto del fatto che in Svizzera consumiamo ogni anno 57 TWh di elettricità, ciò rappresenta quasi l’80% del consumo attuale di elettricità. In altri termini munendo il 40% dei tetti dei nostri edifici con pannelli fotovoltaici potremmo anche risolvere il deficit invernale di elettricità, perché se in primavera, estate e autunno si utilizza meno l’idroelettrico, l’acqua dei bacini d’accumulazione resta a disposizione per coprire il fabbisogno invernale.
Se poi a questa produzione di fotovoltaico si aggiunge la produzione di un solo migliaio di pale eoliche (vedi studio Meteotest), e non delle 5000 di cui fabula Lara Filippini, si arriva addirittura a coprire l’intero fabbisogno attuale di energia elettrica con i soli fotovoltaico ed eolico, ciò senza nemmeno contare la terza forma di elettricità rinnovabile: l’idroelettrico. In altre parole sfruttando soltanto il 40% del potenziale fotovoltaico dei tetti dei nostri edifici e il 30% del potenziale eolico del nostro paese potremmo raddoppiare la nostra produzione di elettricità, senza per questo andare a coprire di pannelli pascoli, prati, valli montane e alpi incontaminate.
Per quel che concerne l’impatto economico della transizione energetica, Lara Filippini parla soltanto di costi e di perdite di posti di lavoro, ma evita accuratamente di citarne i vantaggi economici e sull’impiego. Certo costruire impianti fotovoltaici ed eolici costa, ma fa anche risparmiare un sacco di soldi ai consumatori, perché negli ultimi 10 anni i costi delle rinnovabili sono calati in modo impressionante e già nel 2019 un megawattora di elettricità prodotto coll’eolico o col fotovoltaico costava sui 40$, mentre lo stesso megawattora prodotto col gas costava 175$, quello prodotto col nucleare 155$ e quello prodotto col carbone 109$. Attualmente la Svizzera importa il 70% del suo fabbisogno energetico, in gran parte si tratta proprio di prodotti petroliferi, gas fossile e uranio. Secondo Avenir Suisse, nel solo anno scorso queste importazioni sono costate alla svizzera la bella somma di 12,4 miliardi di franchi: un vero e proprio salasso.
Da notare poi che produrre l’energia in casa piuttosto che importarla dall’estero crea numerosissimi posti di lavoro nel nostro paese. Ne sanno qualcosa gli specialisti dell’impiantistica solare, che hanno sempre più difficoltà a trovare il personale di cui hanno bisogno.
Piero Marchesi: “sostituire il 60% del consumo energetico con l’elettricità” sarebbe “irresponsabile”
“La legge divoratrice di elettricità distruggerà l’approvvigionamento energetico sicuro e conveniente della Svizzera”. Questa frase è una vera e propria barzelletta. Marchesi sembra aver dimenticato che la crisi energetica è stata scatenata proprio dall’impennata dei prezzi delle energie fossili importate dall’estero. Energie che la Russia ha tentato di utilizzare come arma contro l’occidente e che l’Arabia Saudita s’è affrettata a rincarare, riducendo l’estrazione di petrolio, proprio nel momento in cui i paesi industriali ne avevamo più bisogno. Vale qui la pena ricordare che mentre i nostri automobilisti soffrivano dell’aumento massiccio de prezzo della benzina, ARAMCO, la compagnia petrolifera saudita dichiarava profitti record per un ammontare di 161 miliardi di dollari, un aumento del 46,5% rispetto all’anno precedente e il più alto profitto annuale mai realizzato da un’azienda quotata in borsa, soldi che sono finiti quasi interamente nelle casse dell’Arabia Saudita, visto che il governo di quel paese possiede la quasi totalità delle azioni di ARAMCO. Da notare che anche le altre major petrolifere, ossia Exxon Mobil, Chevron, BP, Shell e Total Energies hanno riportato un utile record combinato di 190 miliardi di dollari. Altro che “sicuro e conveniente”. Ma non dimentichiamo che pure l’uranio delle nostre centrali proviene in gran parte dalla Russia, che come si sa è un paese tutt’altro che affidabile, un fatto che l’Marchesi evita accuratamente di citare.
Per quel che concerne l’elettrificazione totale del traffico stradale privato, uno studio del Politecnico di Zurigo ha valutato il fabbisogno supplementare di elettricità a circa 11,8 TWh, ossia al 20% del consumo attuale di elettricità che è di 57,6 TWh. Ciò perché i motori elettrici hanno un rendimento attorno al 90%, contro il 20-30% di quelli a benzina o a diesel. Aumentando ogni anno solo del 3% la produzione di elettricità tramite le rinnovabili, permetterebbe di coprire senza problemi questo fabbisogno supplementare come pure di sostituire l’elettricità attualmente prodotta dalle nostre centrali nucleari.
Va poi sottolineato il fatto che quasi tutti i produttori di automobili hanno già annunciato che intendono porre termine alla produzione di automobili con motore a benzina o a diesel. Qualche esempio: Audi cesserà la produzione di auto con motore a scoppio nel 2026, Fiat nel 2027, Citroën e Opel nel 2028, Volvo, Rolls-Royce e Mini nel 2030. Le major dell’automobile stanno attualmente investendo decine di miliardi nello sviluppo dei nuovi modelli al 100% elettrici e sono ben intenzionati a far rendere questi investimenti. La sola Volkswagen ha in cantiere 6 gigafactories per fornire le batterie necessarie alle sue nuove auto elettriche. Non sarà dunque certamente la Svizzera, che non dispone di alcuna industria automobilistica, a poter decidere se in futuro si viaggerà a benzina o all’elettricità. Quel che può e deve invece fare è aumentare rapidamente la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, in modo da poter coprire il crescente fabbisogno di elettricità. La Norvegia, dove l’80% delle nuove auto vendute e circa il 20% del totale delle auto in circolazione è già elettrico, l’ha già fatto. Da notare che in quel paese nordico a partire dal 2025 le auto con motore a combustione non potranno nemmeno più essere vendute. Insistere ancora oggi sull’auto con motore a scoppio equivale dunque a puro e semplice autolesionismo ed è sinonimo di irresponsabilità politica.
Paolo Pamini: “La legge divoratrice di elettricità renderà gli alloggi più costosi”
Anche questa è una fake news pura e semplice. Chi ha già installato in casa sua una pompa di calore al posto del bruciatore a nafta o a gas, sa che la fattura non è affatto aumentata, bensì calata di parecchio, spesso anche di oltre il 50%. Infatti, contrariamente a quel che lascia intendere Pamini, la termopompa non riscalda l’acqua di riscaldamento come una serpentina elettrica, bensì estrae il calore già presente in natura e si accontenta di concentrarlo. Tramite la termopompa, circa l'80% dell'energia necessaria per il riscaldamento e per l’erogazione di acqua calda viene prelevata dall'aria, dalla falda freatica o dal terreno, ossia da fonti rinnovabili, ciò vale più che mai ora che il clima si sta sempre più surriscaldando. Il restante 20% dell'energia di riscaldamento è costituito dall'elettricità necessaria a fare funzionare la termopompa. Inoltre, idealmente, questa elettricità proviene da un impianto fotovoltaico situato sul tetto della propria abitazione. Ecco perché le 600'000 termopompe previste nel nostro paese entro il 2030 rappresenteranno soltanto il 6% del consumo di elettricità della Svizzera. Da notare che i riscaldamenti elettrici "classici" e gli scalda bagno elettrici sono attualmente responsabili di circa il 10% del consumo di elettricità, mentre un altro 3.5% è dovuto alla sola funzione standby dei nostri vari apparecchi elettrici.
Raccontare che “per i proprietari di edifici costruiti nel 1990 o più vecchi l’abitazione diventerà due volte più costosa causa dell’aumento dei costi dell’energia elettrica e delle ristrutturazioni imposte dallo stato”, come pretende Pamini è una balla pura e semplice. Basta infatti ricordare che già oggi il fotovoltaico e l’eolico sono le forme di energia meno costose e che ogni 4-5 decenni le vecchie case vanno comunque rinnovate, perché non più al passo dei tempi. Ciò vale per tetti, tubature, impianti elettrici, di riscaldamento, ecc. A questo proposito vale pure la pena di ricordare che la legge in votazione non prevede nessun obbligo di risanamento bensì sovvenzioni a chi lo fa.
Roberto Bonfanti: “Guidare un’auto diventerà un lusso”
Un’auto nuova con motore a scoppio consuma in media circa 6.16 litri di benzina per percorrere 100 km. Al costo di franchi 1,81 al litro (prezzo medio del 1° di maggio 2023) ciò fa 11,14 franchi per 100 km. Nel 2021 il consumo medio di elettricità dei veicoli elettrici puri in Svizzera è stato di 18,91 kWh per 100 km. In Svizzera le tariffe elettriche variano da regione a regione. Nel Bellinzonese la tariffa standard varia da 20,14 centesimi al kWh (tariffa alta), a 18,14 centesimi al kWh (tariffa bassa). Prendendo dunque solo l’elettricità più cara (tariffa alta) i 100 km vengono a costare 4 franchi, ossia quasi un terzo di quanto costano per un’automobile a benzina. La ragione è semplice: un motore a scoppio sperpera i 2/3 dell’energia consumata sotto forma di calore, ecco perché il motore di un’auto a benzina deve essere munito di un radiatore con un circuito di raffreddamento.
È vero che attualmente un’auto elettrica nuova è ancora più cara di un modello paragonabile con motore a scoppio, ma il divario sta rapidamente calando. È comunque sempre stato così per ogni innovazione tecnologica: le prime televisioni a colore costavano migliaia di franchi, i primi telefonini portabili pure, ma appena la produzione di massa è iniziata i prezzi sono rapidamente calati, è quello che è successo con i pannelli fotovoltaici il cui prezzo è calato del 90% in soli 10 anni, mentre quello dei pacchi batteria per le auto elettriche è sceso dai 1'100 $ al kWh del 2010 a 110 $ al kWh nel 2020 (cifre del Dipartimento per l’energia americano), ed è quello che sta pure succedendo con le auto elettriche. Il progresso non si ferma. Proprio lo scorso mese di marzo il TCS ha pubblicato uno studio che dimostra che nel lungo termine già oggi “Le auto elettriche sono più convenienti di quelle a combustione”, e ciò perché “i motori elettrici sono più convenienti nel lungo termine e con chilometraggi maggiori” e perché “nonostante l’aumento dei prezzi dell’elettricità, i costi ridotti da sostenere per il carburante e il servizio dei veicoli elettrici compensano il costo maggiore dell’acquisto iniziale”.
Vale qui la pena ricordare che un motore a scoppio è formato da circa duecento componenti, quello elettrico in genere da sole due: lo statore ed il rotore. Questo si traduce in minori attriti, maggiore efficienza, maggiore affidabilità, minori guasti. Infatti quello che non c'è non si può rompere. Ecco perché l'intervallo di manutenzione di un motore elettrico è di 500’000 Km, mentre quello per un motore a scoppio è di 20’000—30'000 Km. Un motore a scoppio, per funzionare, ha bisogno di numerosi altri sistemi accessori: filtri, lubrificanti, pompe, sistemi di silenziamento (marmitte), sistemi di raffreddamento (radiatore, pompa, ventilatore, liquido di raffreddamento), catalizzatori, valvole, iniettori, candele eccetera, che a loro volta richiedono manutenzione o sostituzione periodica. Tutto questo nel motore elettrico non c'è: non richiede liquidi o refrigeranti, non ci sono elementi che vanno sostituiti periodicamente, non ha bisogno di marmitte e dispositivi antiinquinamento, non emette particolato o gas (CO2) o residui incombusti, ed è oltretutto silenzioso. Un motore elettrico fornisce direttamente energia meccanica "in rotazione", senza bisogno di altri sistemi meccanici che trasformino il movimento da lineare alternato (pistoni, bielle, alberi a cammes) in movimento rotatorio. Tutte queste componenti generano attrito, calore e rumore, che significano minore efficienza e minore affidabilità. Un motore elettrico quando è fermo o in frenata, non consuma, e in quest’ultimo caso produce addirittura energia e diminuisce il consumo dei freni, che dureranno di più. Ovvio dunque che il passaggio all’auto elettrica non renda affatto felici i garagisti.
Manuele Strazzini: “Carne vietata?” “Alimentazione d’emergenza dell’alpeggio non più consentita”
Questo è forse l’articolo più bislacco. La legge in votazione il prossimo 18 giugno non prevede affatto il divieto di consumare carne o il divieto dei vettori energetici fossili, come benzina, diesel, olio da riscaldamento e gas, bensì la riduzione progressiva del loro consumo tramite l’erogazione di sussidi a chi sostituisce il proprio riscaldamento a olio, a gas o a resistenza elettrica, e il sostegno alle imprese che investono in tecnologie rispettose per il clima.
Se da un lato l’obiettivo principale di questa legge è quello di proteggere il clima, cosa che è nell’interesse prioritario di tutti, agricoltori e allevatori del nostro paese compresi, dall’altro essa intende diminuire la pericolosa dipendenza del nostro paese dall’importazione di energia fossile, che, ricordiamolo, copre attualmente ben il 70% del nostro fabbisogno energetico nazionale.
Raccontare che “la sicurezza alimentare viene messa al muro” e affermare che “l’allevamento di mucche verrà limitato in modo massiccio”, come dice Strazzini, è semplicemente una balla. Da notare poi che il nostro allegro agricoltore nel suo articolo contraddice sé stesso: da un lato afferma “non affidiamoci alle importazioni, bensì produciamo il nostro cibo in Svizzera”, dall’altro, opponendosi a una legge che ha come obiettivo il rafforzamento della sicurezza energetica del nostro paese, difende in modo palese la massiccia dipendenza dall’estero in materia di energia. Da notare che dal gennaio dell’anno scorso al gennaio di quest’anno il prezzo del gas fossile importato in Svizzera è aumentato dell’89%.
Pierluigi Pasi e Michele Guerra: “L’immigrazione sta vanificando tutti i risparmi”, “Una Svizzera di 10 milioni di abitanti mette in pericolo la nostra qualità di vita”
Nell’opuscolo polemico dell’UDC non poteva mancare la solita stoccata contro gli immigranti, che sarebbero responsabili dei nostri mali ambientali e dei nostri problemi energetici. Il fatto è che la “Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica” non ha nulla a che vedere con la politica d’immigrazione, ma è un tassello importante per garantire la nostra sicurezza energetica. E non è certamente dovuto agli immigranti, il fatto che oggi dipendiamo per il 70% del nostro fabbisogno energetico dall’importazione di energie fossili, bensì al fatto che la Svizzera ha trascurato per decenni lo sviluppo delle rinnovabili. Val la pena ricordare che fino a un paio di anni fa eravamo fra gli ultimi paesi europei in materia di fotovoltaico ed eolico, e che l’anno scorso l’insieme dei 27 paesi dell’Unione Europea ha generato il 22% del suo fabbisogno energetico tramite l’eolico e il fotovoltaico, il triplo di quanto ne sia stato generato in Svizzera (6.5% di fotovoltaico e 1% di eolico). Tra l’altro l’Austria, paese alpino come il nostro, produce il 15% del suo fabbisogno di elettricità tramite l’eolico e non compromette per questo la sua attrattività turistica.
Secondo Guerra, “l’arrivo costante di persone dall’estero determina un altrettanto costante aumento della domanda di elettricità e della quantità di emissioni di CO2”.
L’atmosfera del nostro pianeta è una sola e il CO2 non conosce frontiere. Che una persona viva in Svizzera o all’estero non cambia nulla alle sue emissioni di CO2 e di conseguenza al suo impatto sul clima, sono i suoi consumi e il fatto se consuma o meno energie fossili ad essere determinanti. Anche gli Svizzeri che vivono all’estero e quelli che all’estero ci vanno in vacanza ivi producono del CO2.
Per quel che concerne il consumo di energia è da notare che, malgrado il fatto che fra il 2010 e il 2020 la popolazione residente in Svizzera sia aumentata del 10.3%, nello stesso lasso di tempo il consumo di energia elettrica è diminuito del 6.8% e ciò a causa delle numerose misure di efficientamento energetico. Contrariamente a quanto afferma Guerra, un aumento della popolazione, che sia essa con passaporto rossocrociato o straniero non significa dunque automaticamente un aumento del consumo di elettricità.
Roberta Soldati: “La Svizzera come modello di riferimento”
Secondo Roberta Soldati la svizzera sarebbe uno dei paesi più virtuosi al mondo. Si tratta di fatto di una favola fatta circolare ad arte per sottrarsi alle proprie responsabilità. Per capire chi inquina veramente di più, occorre prendere in considerazione per cominciare le emissioni dirette di CO2 pro-capite di ogni paese, cioè vedere in quale paese del mondo le persone emettono in media la maggior quantità di anidride carbonica. Ma ciò non basta, occorre anche sapere quanto CO2 emette la produzione delle merci che questi paesi importano da paesi terzi. Per quel che concerne l’Europa e in particolare la Svizzera ciò è particolarmente eclatante. Infatti negli ultimi decenni gran parte delle produzioni più inquinanti sono state delocalizzate in paesi del terzo mondo o in paesi con legislazioni ecologiche meno severe. La Svizzera ad esempio non dispone più di un settore industriale pesante. Acciaio, automobili, frigoriferi, lavastoviglie, televisori, computer, telefonini e quant’altro lo importiamo dall’estero, senza contrare i nostri viaggi e le nostre vacanze all’estero, o le nostre crociere. Se si tiene conto di tutto questo, e delle emissioni dovute al trasporto di tutte queste merci verso la Svizzera, l'impronta di una persona residente nella Confederazione è pari a 14 tonnellate di CO2 all'anno, ciò a confronto della media globale che è di 6 tonnellate. Ecco perché la Svizzera è responsabile del 2-3% delle emissioni globali di CO2 e si colloca nella categoria “pesi massimi”. Nota bene che non si tratta di cifre inventate, bensì di uno studio pubblicato nel luglio dell’anno scorso e condotto dalla prestigiosa società internazionale di consulenza McKinsey insieme a Economie Suisse e al WWF, studio riportato dalla NZZ. In questo studio, McKinsey ha tenuto conto anche dell'influenza dell'economia svizzera globalizzata. Molte aziende internazionali con sede in Svizzera svolgono la loro attività principalmente all'estero e le emissioni di CO2 che ne derivano ammontano a 300-400 milioni di tonnellate all'anno, ossia da sei a nove volte le emissioni nazionali dirette. A queste vanno poi ad aggiungersi altri 700-900 milioni di tonnellate di CO2 all'anno dovute agli investimenti, prestiti, azioni e altre transazioni che genera la piazza finanziaria elvetica, e che generano a loro volta emissioni aggiuntive pari a 15 a 20 volte le emissioni dirette nazionali. Ecco perché McKinsey ritiene che la Confederazione, come il resto del mondo, non siano affatto sulla buona strada.
Lorenzo Quadri: “La Svizzera non può salvare il clima”
Cone ripetuto regolarmente dai responsabili dell’UDC, anche Lorenzo Quadri riporta la favola di una Svizzera che sarebbe responsabile soltanto dello 0.1% delle emissioni globali di CO2, ma questa favola non diventa più vera perché ripetuta regolarmente, vedi sopra la risposta all’articolo di Roberta Soldati. Nell’immagine allegata all’articolo di Quadri, si afferma inoltre che la Svizzera sarebbe responsabile di soli 35 milioni di tonnellate di emissioni di CO2, cifra fantasiosa che non trova alcun riscontro nelle cifre ufficiali pubblicate dalla Confederazione. Secondo quest’ultima nel 2021 sono state immesse nell'atmosfera a partire direttamente dal territorio svizzero 45,2 milioni di tonnellate di gas serra (CO2 equivalenti), e ciò senza contabilizzare le emissioni dovute ai nostri consumi di prodotti importati, e quelli dovuti all’aviazione, alle nostre vacanze all’estero e alle nostre crociere. Sommando anche tutte quelle, nel solo 2022 i nostri consumi hanno generato oltre 123 milioni di tonnellate di gas serra. Ossia: 14 tonnellate pro capite x 8'812'700 abitanti = 123’377'800 tonnellate.
In conclusione ancora un’osservazione importante concernente la competitività dell’economia svizzera a livello europeo
A partire da ottobre 2023, entrerà in vigore nell’Unione Europea il “meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere” (Carbon Border Adjustment Mechanism). Si tratta in pratica di tariffe doganali supplementari basate sull’impatto CO2 per prodotti realizzati in paesi terzi, meccanismo che dovrebbe incentivare produzioni "pulite" anche al difuori dell'UE. L’Unione Europea intende così equiparare il prezzo del carbonio tra i prodotti europei e i prodotti importati da paesi terzi in cui vigono standard climatici più bassi, ciò per tutelare la competitività delle aziende europee ed evitare fenomeni di delocalizzazione dei processi produttivi più energivori e inquinanti. La misura sarà implementata gradualmente e prevede un periodo transitorio.
Ricordiamo che nel 2005 l’Unione Europea aveva implementato il più grande sistema di tariffazione del carbonio al mondo: un sistema di scambio di quote di emissione di gas a effetto serra. Fissando un prezzo per le emissioni di CO2 l’UE ha così incoraggiato la decarbonizzazione del settore industriale, aumentando però allo stesso tempo anche il rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio verso paesi terzi con norme meno severe e di rendere più concorrenziale l’importazione di prodotti da questi paesi, prodotti più economici perché non soggetti ad alcuna tassa sul carbonio. All’epoca, per scongiurare questo rischio, l’UE aveva concesso alle sue industrie quote di emissione gratuite e compensazioni per l’incremento dei costi dell’energia elettrica prodotta da fonti fossili.
Nell’ambito del Green Deal, che impegna i paesi dell’UE a ridurre entro il 2030 le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990, la Commissione Europea ha deciso di eliminare gradualmente le assegnazioni di quote di emissioni gratuite e di introdurre al loro posto un sistema di tassazione per le importazioni basato sull’impatto climatico delle merci importate. La nuova tassa si applicherà a diversi prodotti e materie prime, come: l'energia elettrica, l'idrogeno, i fertilizzanti, l'acciaio, il cemento e l'alluminio. Il nuovo sistema entrerà in vigore in modo graduale.
Ecco perché un NO alla “Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica”, più che favorire l’economia svizzera, comporta il rischio di vedere penalizzate le sue esportazioni verso il suo maggiore cliente, che è l’Unione Europea. Ciò spiega anche perché Economie Suisse s’è espressa così chiaramente a favore della legge. Secondo il suo presidente Christoph Mäder, “L'obiettivo è chiaro: vogliamo essere neutrali dal punto di vista climatico entro il 2050 e rafforzare la Svizzera come modello di successo. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo raddoppiare la nostra produzione di elettricità rinnovabile. La protezione del clima e la sicurezza dell'approvvigionamento non sono in contraddizione, anzi. La comunità imprenditoriale sostiene quindi la legge sulla protezione del clima che sarà sottoposta al voto il 18 giugno”.