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17’000 siti europei gravemente contaminati da PFAS

Articolo del 01 marzo 2023

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C'è molta più contaminazione con sostanze chimiche pericolose di quanto si sappia pubblicamente. A rivelarlo è il "Forever Pollution Project", un'iniziativa lanciata dalle redazioni di 18 media europei *)

I PFAS, dall’inglese Per- and polyFluoroAlkyl Substances (sostanze per- e polifluoroalchiliche), sono una famiglia di molecole organiche sintetiche, in cui gli atomi di idrogeno normalmente associati a una catena di carbonio sono stati sostituiti almeno parzialmente da atomi di fluoro. Si tratta di sostanze chimiche sviluppate in origine un’ottantina di anni fa per proteggere dalla corrosione le superfici metalliche delle bombe atomiche. La loro particolarità è che rendono le superfici repellenti all’acqua, ai grassi e alla sporcizia. Ecco perché oramai da numerosi decenni vengono utilizzate senza grandi proteste in tutto il mondo nella produzione di tessuti, tappeti, pellami, carta, pentole (Teflon), imballaggi per il cibo come le scatole per pizza, vernici, schiume antiincendio e non solo. Proprio in questi giorni è apparso uno studio sulla rivista "Environmental Science and Technology Letters", che rivela che di PFAS ne sono stati riscontrati anche nelle analisi della carta igienica venduta in Europa, America e Africa. I ricercatori sottolineano che le acque reflue sono comunemente riutilizzate per l'irrigazione e che i fanghi di depurazione finiscono spesso come fertilizzanti nei campi e di conseguenza i PFAS finiscono direttamente anche nelle falde freatiche, da cui estraiamo la nostra acqua potabile. Un'altra parte di questi composti chimici fuoriesce nell’ambiente durante la loro produzione, durante la lavorazione dei prodotti con cui vengono trattati e anche dagli stessi prodotti finiti e dal loro degrado. 

I PFAS non sono biodegradabili

Il problema è che i PFAS sono sostanze che non esistono in natura e che sono estremamente stabili, sia dal punto di vista chimico, sia da quello termico, tanto da essere state definite "sostanze chimiche eterne”. Esse sono inoltre inodori e incolori e si muovono nell’atmosfera senza lasciare tracce visibili, al contrario dei pennacchi maleodoranti dei gas di scarico. Di PFAS ve ne sono di moltissimi tipi: il database sulle sostanze tossiche dell’EPA, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente degli Stati Uniti, ne elenca 14’735 diversi, il database di PubChem addirittura circa 6 milioni. In natura e nei tessuti degli esseri viventi ne sono stati rilevati finora circa 4'700.

I PFAS hanno effetti deleteri sulla salute

Poiché i PFAS, o i loro prodotti di degradazione, sono molto persistenti, essi si accumulano nell’ambiente e in particolare nei tessuti degli organismi viventi, dove fungono da interferenti endocrini, ossia interferiscono sul sistema ormonale, compromettendo crescita, riproduzione e salute. Si tratta di sostanze chimiche che sono state collegate a un'intera gamma di problemi di salute. Fra questi un alto tasso di colesterolo nel sangue, la colite ulcerosa, l'ipertensione legata alla gravidanza, le malattie della tiroide, il cancro alla prostata, ai reni e ai testicoli, l'infertilità e una ridotta risposta immunitaria ai vaccini. L'anno scorso, ad esempio, l'Agenzia Federale Tedesca per l'Ambiente ha esaminato più di 1’000 bambini e adolescenti di età compresa tra i 3 e i 17 anni e ha rilevato dei PFAS in tutti loro. I rischi per la salute sono dunque molto più preoccupanti di quanto si pensasse finora. Così recentemente le dosi settimanali ammissibili sono state drasticamente abbassate, e ci è resi conto che oramai tutti ci troviamo ad affrontare esposizioni problematiche per la nostra salute. Si stima che i PFAS gravano ogni anno sui sistemi sanitari europei per un importo compreso tra 52 e 84 miliardi di euro. Il problema di fondo è che molti effetti collaterali delle decine di migliaia di sostanze sintetiche che stiamo diffondendo da decenni nell'ambiente non sono ancora noti o non sono mai veramente stati studiati. Un esempio ne é il calo del 50% degli spermatozoi nel eiaculato degli uomini, che si è registrato dal 1970 ad oggi nei 53 paesi di tutti i continenti monitorati finora, e di cui nessuno sa spiegare chiaramente le origini.

Concentrazioni di PFAS nell’ambiente fino a 36,5 milioni di volte superiori al massimo raccomandato

Come ha rivelato il "Forever Pollution Project", la ricerca lanciata dalle redazioni di 18 media europei, i PFAS si trovano oramai ovunque, anche al Polo Nord, ma in alcune regioni la loro concentrazione è molto più importante che in altre. Lo studio ha riscontrato in Europa e nel Regno Unito almeno 17’000 siti che sono contaminati in modo grave e perenne da queste sostanze chimiche. Gli investigatori del "Forever Pollution Project" hanno inoltre identificato 2’100 luoghi in cui la contaminazione raggiunge livelli pericolosi per la salute umana. In 640 di questi siti le concentrazioni di PFAS per litro d’acqua potabile superano i 1'000 nanogrammi e in 300 addirittura i 10'000 nanogrammi. I livelli più alti in assoluto sono stati misurati a Zwijndrecht, nelle Fiandre, dove è situato uno degli stabilimenti di produzione di PFAS. Ebbene a Zwijndrecht, sono state misurate concentrazioni fino a 73 milioni di nanogrammi per litro di acqua potabile, ossia 36,5 milioni di volte il livello massimo raccomandato. Ecco perché ai residenti di Zwijndrecht è stato chiesto di evitare il consumo di verdure coltivate nei propri giardini e di uova della regione. A 70.000 persone che vivono in un raggio di cinque chilometri dallo stabilimento è stato inoltre offerto un esame per determinare la quantità di PFAS presente nel loro sangue. Da sottolineare che l'Agenzia danese per la protezione dell'ambiente stabilisce un limite massimo di 2 nanogrammi di PFAS per litro di acqua potabile e che di stabilimenti in cui si producono queste sostanze in Europa ve ne sono una ventina. 

Oltre che nell’acqua potabile, altre ricerche hanno rilevato la presenza di PFAS nei pesci, nelle piante, nel suolo, nei diversi organi del corpo umano e di altri animali, negli embrioni, nel latte materno, nella neve dell’Artico e non da ultimo nel tessuto adiposo e nel sangue degli orsi polari. Secondo l'EFSA, l'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, è nei nei tessuti e nel sangue dei neonati e dei bambini che si riscontrano le concentrazioni di PFAS più elevate. Gli alimenti che contribuiscono maggiormente a questo accumulo sono: il pesce, la frutta e i prodotti da essa derivati, nonché le uova e tutti i prodotti che contengono uova.

Cosa si può fare per rimuovere i PFAS dall’ambiente?

Secondo gli specialisti si tratta di sostanze chimiche estremamente difficili da rimuovere dall'ambiente. Stando al Forever Pollution Project, "il costo della bonifica ammonterà probabilmente a decine di miliardi di euro”. Ecco perché in molti luoghi, le autorità si sono già arrese e hanno deciso di lasciare le sostanze chimiche tossiche nel terreno, perché ritengono che non è possibile o che è troppo caro estrarle. La maggior parte degli esperti ritiene quindi che la soluzione migliore sarebbe una legislazione che impedisca a queste sostanze di diffondersi nell'ambiente. La Germania, i Paesi Bassi, la Norvegia, la Svezia e la Danimarca, paesi che già dispongono di norme legislative molto severe e restrittive in materia di PFAS, hanno recentemente presentato una proposta congiunta per limitarne l’uso a livello dell'Unione Europea.

Qual è la situazione dei PFAS in Svizzera?

Il Canton Vallese ha riscontrato recentemente concentrazioni eccessivamente elevate di PFAS nei pesci e, proprio in questi giorni, ne ha vietato la pesca nel Canale Stockalper. Infatti nei pesci pescati in questo canale si sono riscontrati fino a 159 microgrammi di PFAS per chilo. Il primo passo sarebbe dunque quello di identificare in modo sistematico tutti i siti gravemente contaminati da PFAS in Svizzera. L'anno scorso, per la prima volta, sono stati esaminati 146 campioni di terreni situati in altrettante località del nostro paese. Ebbene, tutti i 146 campioni erano inquinati da PFAS, anche quelli delle località più remote. Per intanto, a livello nazionale, mancano tuttavia ancora rilevamenti più sistematici e capillari.

Uno dei tanti hotspot svizzeri dell’inquinamento ai PFAS si trova ad Altstätten, nel Canton San Gallo. Si tratta di un sito in cui i pompieri e la protezione civile locali si sono addestrati per decenni a spegnere incendi con schiume antiincendio contenenti appunto dei PFAS. Oggi, l'area è gravemente inquinata da residui di queste sostanze chimiche e, poiché è previsto costruirvi degli alloggi, cantone e comune hanno avviato un’operazione di bonifica, che consiste nel rimuovere e trattare oltre 40.000 tonnellate di materiale. Per distruggere definitivamente i PFAS, il terreno contaminato deve essere trasportato in Germania e in Austria, dove sarà riscaldato a oltre 1000 gradi in speciali impianti di incenerimento per rifiuti pericolosi. Il costo dell’intera operazione è preventivato a 15 milioni di franchi svizzeri. Anche i cantoni Vallese e Turgovia hanno già avviato prime bonifiche di siti contaminati da PFAS. Lo scorso 12 dicembre il Consiglio degli Stati ha appoggiato tacitamente, con il sostegno del Governo, una mozione che chiede alla Svizzera di fare di più per combattere le PFAS. Siamo dunque ancora ben lontani da un divieto e da una bonifica completi. 

E la situazione nella Svizzera italiana?

Nel 2020, nell’ambito dell’annuale campagna di monitoraggio della qualità delle acque sotterranee ticinesi, sono stati prelevati 70 campioni corrispondenti a tutte le falde dalle quali si attinge acqua potabile, e per la prima volta è stata eseguita anche un’analisi della presenza di alcuni tipi di PFAS. Si sono così riscontrate concentrazioni che superano i 6 microgrammi per litro nell'estremo sud del Ticino, oltre il 30% in più di quanto misurato recentemente in Svezia. 


 

*) Il “Forever Pollution Project” è stato inizialmente sviluppato da Le Monde (Francia), NDR, WDR e Süddeutsche Zeitung (Germania), RADAR Magazine e Le Scienze (Italia), The Investigative Desk e NRC (Paesi Bassi). Il progetto è stato sostenuto finanziariamente da Journalismfund.eu e da Investigative Journalism for Europe. L'indagine è stata ulteriormente sviluppata e approfondita da Knack (Belgio), Denik Referendum (Repubblica Ceca), Politiken (Danimarca), YLE (Finlandia), Reporters United (Grecia), Latvian Radio (Lettonia), Datadista (Spagna), SRF (Svizzera), Watershed Investigations / The Guardian (Regno Unito). Il processo di collaborazione transfrontaliera è stato sostenuto da Arena for Journalism in Europe.