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Siccità e incendi senza precedenti

Articolo del 10 febbraio 2023

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Gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati a livello globale, ciascuno con una temperatura media annuale che ha superato di oltre un grado centigrado i livelli preindustriali. Nel 2022 la temperatura media annuale ha superato di addirittura di 1,2°C la media delle temperature registrate nel periodo compreso fra il 1850 e il 1900, media scelta come indicatore dell’età preindustriale. E con la temperatura aumentano anche le siccità e gli incendi 

I dati rilevati evidenziano come ciascuno degli ultimi quattro decenni è stato successivamente più caldo di qualsiasi decennio che lo ha preceduto dal 1850.

La terra non si sta tuttavia riscaldando in modo uniforme: la temperatura degli oceani è aumentata in media solo di 0,88°C, mentre la temperatura 1sulla terraferma è aumentata in media quasi del doppio, ossia di 1,59°C. Ma anche queste cifre non dicono nulla sulle singole regioni del globo e sui singoli paesi. Così, ad esempio, nei soli ultimi 25 anni le zone situate a nord del circolo polare artico, ossia sopra i 66,5 gradi di latitudine, si sono riscaldate di oltre 4°C. Un altro esempio lo offre la Svizzera, dove nel 1900 la temperatura annua media era di 4°C mentre l’anno scorso quella media misurata secondo gli stessi parametri dell’epoca è stata di 7.4°C, ossia 3.4°C in più. Ricordo che la temperatura media della Svizzera viene calcolata ogni anno in base alla media delle temperature stagionali, diurne e notturne registrate dalle stesse 15 stazioni meteorologiche distribuite su tutto il territorio, e ciò fin dal 1864.

Più caldo rima con più secco e più secco rima a sua volta con più incendi. Siccome col surriscaldamento del clima i periodi siccitosi, sebbene intercalati da rovesci sempre più intensi, diventano più lunghi e pure loro più intensi, anche gli incendi sono diventati molto più intensi e drammatici.

Col nostro sistema mediatico sempre più frenetico, anche la tendenza a dimenticare aumenta. Approfitto dunque della notizia uscita in questi ultimissimi giorni sul Cile, confrontato alla stagione di incendi più letale della sua storia, per riportare alla memoria di chi legge alcuni dei più drammatici incendi verificatisi nell'ultima manciata di anni. Si tratta di un modo questo, per ricordare che nessuno ne è al riparo, neanche qui da noi in Ticino, e che la lotta contro il surriscaldamento del clima è più attuale e urgente che mai.

CILE

Sono finora almeno 24 le persone che sono morte nei vasti incendi forestali scoppiati da inizio anno in Cile. Oltre 1.000 le case distrutte e circa 3’000 i km2 di foreste e di boschi andati in fumo. Secondo le agenzie di stampa, l’attuale stagione degli incendi è la più letale mai registrata in questo paese sudamericano, e siamo solo all’inizio della stagione. Questi incendi sono alimentati da una grave siccità che attanaglia da oltre un decennio le province cilene di Maule, Ñuble, Bío-Bío e Araucanía, e che ha inaridito la vegetazione rendendola altamente infiammabile. A complicare le cose vi è il fatto che in queste regioni le foreste sono composte principalmente da conifere e da eucalipti, due specie che prendono facilmente fuoco. In questa stagione vi sono poi i “puelche”, dei venti caldi simili al nostro favonio, che soffiano dalle Ande verso la costa e che favoriscono la rapida diffusione degli incendi. Attualmente il Cile  è colpito da un’ondata di canicola che supera i 40°C e le autorità temono che l’area interessata dagli incendi possa ancora espandersi notevolmente superando quella del 2017, quando andarono in fumo complessivamente 5'700 km2 di foreste.

ARGENTINA

Nel febbraio dell’anno scorso, la provincia di Corrientes, alle prese con una serie di devastanti incendi, ha dovette dichiarare lo stato d’emergenza. Favorite dal clima caldo e secco, le fiamme mandarono in fumo di 6’000 chilometri quadrati di foreste.

PANTANAL

Il Pantanal è la più grande zona umida del mondo e la seconda più grande foresta dell’America Latina dopo l’Amazzonia. Si tratta di un'immensa pianura alluvionale di 150'000 km2, di cui normalmente l’80% è sommerso dall’acqua per nove mesi all’anno. Il Pantanal si trova in un'area centrale del Sudamerica situata a cavallo del Brasile, della Bolivia e del Paraguay ed è considerato l'ecosistema con il maggior numero di specie di flora e fauna al mondo, fra cui centinaia di specie di uccelli, giaguari, caimani, capibara, formichieri giganti e anaconda. Ebbene nemmeno il Pantanal sfugge al surriscaldamento del clima, alla siccità e agli incendi che ne conseguono. Nel 2020 colossali incendi distrussero 2'653 km2 di questa foresta preziosissima alluvionale, uccidendo 17 milioni di animali vertebrati, e nel 2021 altri 2'618 km2, fra cui il 90% di un parco naturale dove vivono ancora giaguari latino-americani, una specie a rischio d’estinzione. L’anno scorso nel Pantanal gli incendi sono ulteriormente aumentati del 26% e la zona si sta progressivamente prosciugando.

CALIFORNIA - STATO DI WASHINGTON

Nel maggio del 2020, qualcosa di quasi impensabile è accadde sulla costa ovest americana: la foresta della penisola di Olympic, uno dei posti più umidi del continente nord-americano, prese fuoco. Ad agosto quest’incendio era diventato un vero e proprio un inferno. Il vento aveva spinto le fiamme fino alla città di montagna di Twisp, nello stato di Washington e la tempesta di fuoco era diventata la peggiore nella storia dello Stato, bruciando oltre 1'200 km2 di foresta e distruggendo numerosissime case. Per combattere questo cataclisma giunsero pompieri da tutto il mondo, persino da posti lontani come l'Australia e la Nuova Zelanda.

SPAGNA

Un incendio boschivo, scoppiato nella provincia spagnola di Zamora il 15 giugno dell’anno scorso, s’è trasformato in soli 5 giorni in uno dei peggiori mai registrati in Spagna: distrusse in meno di una settimana circa 300 km2 di bosco e costrinse all’evacuazione di 5'800 persone di oltre 20 comuni. Altre 4 mila persone furono evacuate dalla zona di Cebreros, nella provincia di Avila. Stando al direttore generale della Protezione civile spagnola, questi roghi sono stati i più importanti da quando esistono statistiche sugli incendi in Spagna. La causa: una forte siccità e temperature che hanno superato i 43 gradi centigradi.

AUSTRALIA

Gli incendi, scoppiati nel giugno 2019 e amplificatisi poi nella primavera australiana (autunno qui da noi) bruciarono circa 168’000 km2 di foreste, distrussero oltre 5’900 edifici, uccisero almeno 33 persone e 3 miliardi di animali. Per fronteggiare il mare di fiamme il governo australiano, oltre al corpo dei pompieri, dovette mobilitare l'Australian Defence Force e richiamare 3000 militari riservisti. A dar man forte arrivarono inoltre corpi di vigili del fuoco da Canada, Malaysia, Nuova Zelanda, Singapore e Stati Uniti d'America. Nel corso degli incendi, la città di Melbourne registrò picchi di inquinamento atmosferico tali, da mandarla in cima alla classifica delle città con l’aria più inquinata del mondo. A causa del fumo furono registrati numerosi malori, anche fra gli atleti degli Australian Open che dovettero interrompere e rinviare diverse partite.

SIBERIA

Nell’estate del 2021, quello che è stato definito "l'incendio più grande del mondo" divorò per settimane la taiga della Sakha-Jacuzia, la regione più fredda e più grande della Russia e che da sola copre una superficie nove volte superiore a quella della Germania. Umanamente impossibile spegnere le fiamme: i vigili del fuoco avrebbero dovuto combattere il fuoco su un fronte lungo 2'000 chilometri, essi si limitarono dunque a salvare gli insediamenti e le infrastrutture che si trovavano sul percorso del fuoco. Il fumo di quest’incendio invase città e villaggi, arrivando, come ha riferito la NASA, fino al Polo Nord distante 3'000 chilometri. La causa di quest’incendio: il rapido riscaldamento del clima della Jacuzia, dove dall’inizio del XX secolo la temperatura media è aumentata di 3°C, combinato a una siccità record, la peggiore degli ultimi 150 anni, e a forti venti che trasformarono la taiga in una vasta polveriera.

GRECIA

Nel luglio del 2018 una serie di violentissimi incendi devastò la costa dell’Attica e le periferie di Atene. Le fiamme, attizzate da temperature attorno ai 40 gradi e da un forte vento. si propagarono così velocemente, che molte persone rimasero intrappolate dentro le loro case, nelle loro auto o a qualche metro dalla spiaggia, sulla quale avevano cercato di trovare rifugio. Gli incendi si trasformarono così in una vera e propria tragedia nazionale con oltre persone 100 bruciate vive, fra cui 11 bambini, e altre 200 ospedalizzate. In una villa a Mati, uno dei villaggi maggiormente colpiti, furono trovate 26 persone carbonizzate e abbracciate tra di loro. La Guardia Costiera greca riuscì a portare in salvo circa 700 persone che s’erano rifugiate sulle spiagge per sfuggire alle fiamme. Per dare una mano ai Greci per domare le fiamme, paesi come Cipro, Italia, Croazia, Spagna, Polonia, Portogallo, Romania, Stati Uniti inviarono squadre di ingegneri e vigili del fuoco, Canadair e droni.

FRANCIA

Il fumo degli incendi scoppiati nel luglio dell’anno scorso lungo la costa atlantica nel sud-ovest della Francia arrivò fino a Parigi, a 500 chilometri di distanza, città dove si registrarono 40,5°C. Nei dipartimenti della Gironda e delle Lande gli incendi mandarono in fumo 200 km2 di foreste. Le fiamme colpirono anche la Bretagna, dove sono furono fatte evacuate 500 persone, mentre le fiamme, spinte dal vento e da temperature vicine ai 40 gradi, distruggevano 14 km2 di boschi. Ciò, mentre altri violenti incendi imperversavano anche in Provenza.

SVEZIA

L’estate del 2018 è ricordata in Svezia come “l’inferno di fuoco”. Quell’anno infatti un’ondata di caldo anomalo, che superava di 13°C la media stagionale, aveva raggiunto il Circolo Polare Artico, causandovi una dozzina giganteschi roghi, visibili anche dallo spazio. Le autorità svedesi furono costrette a far evacuare 4 cittadine e a chiedere agli altri paesi dell’Unione Europea aiuti e mezzi aerei per combattere il fuoco. Le cause: oltre al caldo record, precipitazioni sette volte inferiori alla media, il valore più basso mai registrato nell’ultimo secolo. Ad essere colpita fu tutta la penisola scandinava: a Drag, villaggio della Norvegia situato 1.300 chilometri a nord di Oslo, fu raggiunto un picco di 33,7°C, a Kvikkjokk-Arrenjarka, località svedese non troppo distante, il termometro segnò 32,5°C, mentre ancora più a nord, nella riserva naturale di Kevo, situata nella Lapponia finlandese, si arrivò a 33,4°C. Quell’estate si contarono complessivamente in Scandinavia oltre una cinquantina di grandi incendi forestali.

LONDRA

Nemmeno le città sono state risparmiate. Con una temperatura che ha toccato 40,2 gradi, il martedì 19 luglio dell’anno scorso sarà ricordato dalla London Fire Brigade come il giorno peggiore dalla fine della seconda guerra mondiale. Quel giorno i pompieri londinesi ricevettero infatti più di 2.600 richieste di soccorso, dodici furono addirittura gli incendi scoppiati in contemporanea e 41 gli appartamenti ridotti in cenere. La maggior parte di questi roghi fu causata da fiamme appiccate incautamente all’erba secca, che prese fuoco come la paglia, propagandosi rapidamente alle case.

TICINO

Noi tutti conosciamo la famosa frase che appare spesso in calce previsioni meteo: “divieto assoluto di accendere fuochi all’aperto”. Il Ticino è infatti il Cantone svizzero più colpito dal fenomeno degli incendi boschivi. Durante l'ultimo ventennio circa l'80% della superficie boschiva andata in fumo in Svizzera si è concentrata nel nostro Cantone, nonostante esso rappresenti nemmeno il 7% del territorio nazionale. Gli incendi boschivi a Sud delle Alpi svizzere scoppiano soprattutto durante i frequenti periodi di siccità invernale compresi tra i mesi di febbraio e aprile. Durante questo periodo, che precede l’inizio della stagione vegetativa, il bosco di latifoglie è particolarmente predisposto agli incendi. Infatti il netto rialzo delle temperature, spesso accentuato dal favonio, contribuisce in maniera determinante a disseccare l’abbondante fogliame non ancora decomposto presente sul suolo, rendendolo particolarmente infiammabile. Sui pendii un fuoco può andare rapidamente fuori controllo e si propaga velocemente, consumando il fogliame secco, scottando il colletto degli alberi e causandone frequentemente la morte. In un incendio del genere, la temperatura a pochi centimetri dal suolo può infatti raggiungere anche i 600°C. Se poi ad essere coinvolto è un bosco di conifere, il fuoco si estende rapidamente anche alla chioma degli alberi e balza rapidamente da una conifera all’altra. Negli ultimi anni, nel nostro Cantone, i danni relativi agli incendi di bosco sono stati relativamente blandi, ma ricordiamo che nel 1973, in un inverno particolarmente secco, come quello che stiamo vivendo quest’anno, sono andati in fumo 7’229 ettari, ossia oltre 72 km2 di bosco.