La Finlandia spinge l’Unione Europea ad azzerare le emissioni di CO2
05.03.2019
Notizie negative
Articolo del 26 ottobre 2022
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Stando a un nuovo studio internazionale, pubblicato lo scorso 18 ottobre su Nature Reviews earth&environment, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso il riscaldamento degli oceani ha subito una forte accelerazione
Che bruciando combustibili fossili l’uomo immetta nell'atmosfera enormi quantità di gas serra non lo nega oramai quasi più nessuno, eccezion fatta per qualche imbecille. Oltre il 90% del calore trattenuto dai gas serra sul nostro pianeta finisce però negli oceani. Ecco perché, per capire a che velocità sta cambiando il clima, occorre guardare agli oceani. Essi sono la chiave per capire i meccanismi che hanno forgiato il nostro passato e permettono di intravvedere cosa ci riserva il futuro. Capire questi meccanismi è l’obiettivo che s’è posto una squadra internazionale di scienziati, diretta dal professor Lijing Cheng dell'Accademia cinese delle Scienze, e che ha coinvolto ricercatori di spicco di importanti istituzioni scientifiche cinesi, francesi, statunitensi, australiane e britanniche.
I ricercatori hanno raccolto una enorme quantità di dati sulla temperatura degli oceani e dei mari di tutto il mondo utilizzando tutta una serie di sensori. Alcuni di questi sono stati collocati negli oceani dagli stessi ricercatori, altri sono stati dispiegati da mercantili. Molti sono dispositivi autonomi che galleggiano nelle correnti oceaniche, altri sono fissati a una boa o a un ormeggio. Combinando le migliaia di misurazioni effettuate da questi dispositivi, gli scienziati sono riusciti a ricostruire un quadro chiaro del riscaldamento globale degli oceani a partire dagli anni '50 del secolo scorso.
Negli ultimi 50 anni gli oceani hanno assorbito più energia di quella che produrrebbe l’esplosione di 5 miliardi di bombe atomiche tipo Hiroshima
Analizzando i dati raccolti, i ricercatori hanno scoperto che lo strato superiore delle acque oceaniche fino a 2000 metri di profondità, ha iniziato a riscaldarsi fin da prima degli anni ‘50. Nel 1960 gli oceani assorbivano già ogni anno circa 5 zettajoule di calore. Nel corso dei decenni successivi il tasso di riscaldamento ha poi subito un’importante accelerazione, fino a raggiungere nel 2010 i 10 zettajoule all’anno. La stragrande maggioranza di noi il termine zettajoule non l’ha neppure mai sentito nominare, cerchiamo quindi di spiegare le dimensioni del fenomeno con le parole più semplici di uno specialista, ossia di David Schoeman, professore alla University of the Sunshine Coast in Australia e coordinatore del capitolo sugli oceani dell'ultimo rapporto delle Nazioni Unite sul clima. Ebbene secondo Schoeman, si stima che fra il 1971 e il 2018 gli oceani abbiano assorbito in media ogni secondo calore per “un'energia equivalente a circa 3,5 bombe atomiche di Hiroshima”, del tipo cioè di quella fatta detonare dagli americani sopra la città giapponese di Hiroshima durante la seconda guerra mondiale. Messe tutte assieme si tratterebbe di oltre 5 miliardi di queste bombe atomiche spalmate su un periodo di 47 anni.
Cosa succederà nei decenni a venire
I ricercatori hanno fatto tesoro delle misurazioni del passato per prevedere cosa ci riserverà il futuro. Se si dovesse riuscire a tagliare radicalmente le emissioni di gas serra, come previsto nell'Accordo sul clima di Parigi, limitando così l’aumento globale della temperatura a un massimo di 2°C rispetto al livello preindustriale, il riscaldamento degli oceani dovrebbe smettere di accelerare intorno al 2030. Ciò non significa tuttavia affatto che gli oceani non continueranno a riscaldarsi, lo faranno semplicemente meno in fretta, almeno fino a quando la nostra atmosfera continuerà a contenere gas serra in eccesso. Secondo il climatologo Kevin Trenberth, coautore dello studio e illustre studioso del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica degli Stati Uniti, "anche se dovessimo arrivare allo zero netto nel 2050, il contenuto di calore degli oceani continuerà a salire e il livello del mare continuerà a crescere per un paio di secoli". Se tuttavia dovessimo mancare gli obiettivi di Parigi, cosa che sembra delinearsi, le previsioni appaiono molto più drammatiche. In quel caso entro il 2090 tasso annuale di riscaldamento degli oceani sarà fino a quattro volte superiore a quello attuale.
Le conseguenze di un oceano molto più caldo sono enormi, non solo per la vita marina, vedi moria delle barriere coralline, ma anche per il regime dei venti e il meteo dell’intero pianeta, come pure per la catena alimentare. L’acqua di un oceano più caldo evapora di più e provoca temporali più intensi, inondazioni più letali e tifoni e uragani sempre più violenti e distruttivi. A causa del cambiamento del regime dei venti alcune zone del pianeta, oggi verdeggianti, diventeranno più secche e subiranno un forte aumento delle ondate di calore e di siccità. Altre parti diventeranno invece più umide e saranno sempre più frequentemente in balia di forti rovesci.
Gli oceani non si scaldano in modo uniforme
Gli autori dello studio sottolineano poi il fatto che quando grandi quantità di calore supplementare entrano negli oceani, le correnti marine lo trasportano fino alle regioni più remore del pianeta. È quello che sta succedendo già adesso nelle regioni polari le quali si riscaldano a un ritmo di 4 volte superiore a quello del resto del pianeta, accelerando enormemente la fusione delle calotte polari e rendendo le regioni costiere sempre più vulnerabili all'innalzamento del livello del mare.
Nell’ultima manciata di anni il nostro pianeta ha già sperimentato una vasta gamma di nuovi disastri climatici: ondate di calore estremo, siccità, giganteschi incendi di foreste, inondazioni e uragani di dimensioni mai viste, ecc. Se il clima attuale può già apparire sempre più imprevedibile e selvaggio, i prossimi decenni non promettono nulla di buono. Il peggio non è certamente ancora arrivato.