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Nuove Fake News sulle auto elettriche

Articolo del 06 maggio 2022

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Stando a diversi media le automobili elettriche produrrebbero altrettante polveri sottili dannose per la salute delle automobili a benzina o diesel

Da quando le auto elettriche si stanno diffondendo, le fake news su questo tipo di veicoli abbondano. Si tratta di pseudonotizie diffuse solo allo scopo di proteggere gli interessi dei produttori di energie fossili.  Eccone alcune fra le più note:

Le auto elettriche inquinerebbero più di quelle con motore a benzina o a diesel

Certo se si prende in considerazione anche aspetti come la produzione e lo smaltimento del veicolo e la produzione dell’elettricità necessaria per ricaricarle anche le auto elettriche inquinano. Tuttavia ad inquinare è anche la produzione, lo smaltimento e il carburante che utilizzano quelle con motore a scoppio, e vi è fior fiore di studi che dimostrano che un veicolo elettrico inquina molto meno di un veicolo con motore a scoppio e ciò anche nell’ipotesi che tutta l’elettricità per fabbricarlo e farlo viaggiare venga prodotta esclusivamente con carbone, che, ricordiamolo, è il tipo di combustibile fossile più inquinante.

Il confronto è schiacciante: il motore elettrico è infatti molto più efficace di quello a scoppio e trasforma in km percorsi dall’80 al 90% dell’energia che consuma, mentre quello a benzina o a diesel ne trasforma solo dal 30 al 40%, il resto dell’energia viene disperso nell’ambiente sotto forma di calore. Una centrale elettrica a carbone trasforma per contro circa il 50% del combustibile in elettricità e ricupera gran parte del calore emesso dalla combustione a supporto dell’industria o delle reti di teleriscaldamento. Senza poi dimenticare il fatto che di anno in anno una percentuale sempre più alta di elettricità viene prodotta tramite il fotovoltaico, l’eolico.

Le auto elettriche prenderebbero fuoco più facilmente e poi non si riuscirebbe più a spegnerle

Certo, anche le auto elettriche si possono incendiare, ma statisticamente non più di quelle a combustione. Anzi, curiosamente quando si verificano situazioni di questo tipo uno dei primi imputati è la batteria a 12 volt, presente sia su quelle elettriche, sia su quelle con motore a scoppio. In caso d’incendio i pompieri dispongono di un manuale con le linee guida per domare anche gli incendi delle auto elettriche.

Le batterie delle auto elettriche sarebbero particolarmente inquinanti per l’ambiente

La maggior parte delle auto elettriche hanno batterie al litio che hanno una durata notevole e diverse vite prima di essere riciclate. La prima vita si svolge ovviamente a bordo dell’auto elettrica per la quale i costruttori danno una garanzia per circa 200’000 km di percorrenza e un’efficienza finale attorno all’80%.

La seconda vita di queste batterie si svolge nelle più svariate strutture, dove i suoi pacchi di accumulatori servono a stoccare energia proveniente dal fotovoltaico o dall’eolico. L’energia per l’illuminazione dell’Arena di Amsterdam è fornita ad esempio da batterie che per anni equipaggiavano la Nissan Leaf.

La loro terza vita è quella del riciclo. Per molti decenni le batterie esauste furono trattate come rifiuti pericolosi, mentre oggi rappresentano una fonte preziosa di materie prime. La Cina è all’avanguardia nel recupero delle materie delle batterie, ma anche la Tesla ha brevettato tre anni fa un procedimento per il recupero al 99,98% dell’idrossido di nichel-cobalto contenuto nelle batterie delle sue automobili. Dopo 15-20 anni di onorati servizi le batterie agli ioni di litio delle auto elettriche possono quindi essere riciclate, recuperando integralmente i loro preziosi componenti fra cui figurano litio, cobalto e manganese, oltre a nickel e alluminio.

Non ci risulta che il petrolio bruciato dalle automobili con motore a combustione possa essere riciclato. Al contrario il CO2 prodotto da questi motori finisce nell'atmosfera, dove incrementa in modo sostanziale il surriscaldamento del clima.

Le auto elettriche avrebbero troppo poca autonomia

Ciò poteva valere nei primi anni 2000 quando le citycar elettriche avevano un’autonomia che superava a fatica i 100 km. Oggi le compatte al 100% elettriche hanno un’autonomia diverse centinaia di km, mentre l'autonomia di quelle di alta gamma supera facilmente i 500 km. Da notare che il conducente medio non percorre più di 12'000 km all’anno, il che fa poco più di 30 km al giorno.

Le auto elettriche sarebbero troppo care rispetto ai veicoli con motore a scoppio

Si tratta di un’altra fake news. Per paragonare il costo complessivo di un'automobile occorre infatti non solo prendere in considerazione il prezzo d’acquisto, bensì anche i costi di gestione (carburante e manutenzione), come pure il valore residuo alla rivendota del veicolo. Bisogna poi considerare che i veicoli al 100% elettrici hanno un ciclo di vita ben più lungo di quelli con motore a combustione. Un motore a benzina o diesel è molto complesso ed è fatto di ben 1'400 componenti, quello elettrico di sole 200 ed è praticamente indistruttibile. Ecco perché la manutenzione di un veicolo elettrico è molto meno costosa di quella di un veicolo tradizionale.

A queste Fake News ora è venuta ad aggiungersi anche quella secondo cui in materia di polveri sottili le auto elettriche sarebbero altrettanto inquinanti di quelle con motore a benzina o a diesel

L'ADEME, Agenzia francese della transizione ecologica, ha infatti appena pubblicato un documento riguardante le emissioni di polveri sottili provenienti dall'abrasione dei freni, dei pneumatici e della strada, causate dall'uso di automobili e di veicoli commerciali leggeri. Dopo la pubblicazione del rapporto dell’ADEME vari media si sono precipitati sul tema pubblicando articoli sensazionalistici in cui si afferma che le auto elettriche hanno lo stesso impatto dei modelli a combustione. Alcuni esempi:

  • Phonandroid: "Le auto elettriche emettono tante particelle quante le altre auto, è dimostrato"
  • Automobile Magazine: "Nonostante l'assenza di combustione nel motore, l'auto elettrica sarebbe altrettanto dannosa se si tiene conto solo di questi due tipi di particelle fini".
  • Meta Trending: “non esisterebbe un divario significativo tra le emissioni di fuliggine dei veicoli elettrici più autonomi (e quindi i più pesanti) e i recenti veicoli con motori a combustione dotati di filtri antiparticolato”
  • La redazione: “Le auto elettriche emettono altrettante particelle fini delle altre”
  • Reporterre: “Inquinamento dell'aria: le auto elettriche emettono molte polveri sottili”.

Questi titoli sono nel peggiore dei casi classici esempi delle fake news che circolano sui presunti svantaggi delle automobili elettriche o sono nel migliore dei casi il risultato di un'interpretazione poco accurata e frettolosa della seguente frase che appare nel documento ADEME: "Non c'è una differenza significativa nelle emissioni totali di particelle tra i veicoli elettrici con una lunga autonomia e i nuovi veicoli a combustione interna, che non emettono quasi per niente particelle”. Curiosamente, la frase seguente è stata quasi sistematicamente ignorata: "Tuttavia, non bisogna dimenticare che i veicoli a combustione emettono ossidi di azoto e composti organici volatili che contribuiscono, a seconda delle condizioni atmosferiche, alla formazione di particelle secondarie, cosa che non avviene con i veicoli elettrici”, un fatto tutt'altro che neutrale in termini di impatto ambientale delle due categorie di veicoli. Occorre infatti leggere attentamente il documento di ADEME prima di saltare alla conclusione che, in quanto a impatto ambientale, i modelli di auto elettriche non sono migliori di quelle a diesel o a benzina.

I veicoli elettrici emettono meno polveri sottili durante le frenate 

Le auto elettriche emettono molte meno particelle dai loro sistemi di frenata rispetto ai veicoli a combustione. Ciò è dovuto a un dettaglio raramente messo in evidenza. Le particelle emesse dai freni diventano infatti sempre più piccole, e quindi sempre più dannose per la salute, più dura la frenata.

Ciò è dovuto al surriscaldamento delle pastiglie freni a causa dell’attrito. All'inizio della frenata si osserva lo strappo dalle pastiglie freni di particelle fini di dimensioni circa tra1 a 2 μm poi, con l'aumento della forza di frenata e il conseguente aumento della temperatura, si verifica, per via di un fenomeno di evaporazione e di condensazione dei componenti di carbonio delle pastiglie dei freni", la formazione di un'importante quantità di particelle intorno ai 200 nm, spiega ADEME. Tramite il loro sistema di recupero dell’energia durante le frenate, i veicoli elettrici si trovano meno spesso in questa situazione. Ad esempio durante la frenata all'arrivo a un casello autostradale entra in funzione il sistema di recupero di energia che risparmia in larga misura le pastiglie freni.

Da notare che le PM2.5 sono proprio le particelle più pericolose per la salute, questo per il fatto che sono le più piccole e che riescono pertanto a sfuggire a tutti i filtri che il nostro corpo possiede per difenderci dagli agenti esterni.

Il ruolo della dimensione dei pneumatici nel processo di abrasione dei pneumatici e del manto stradale e nella rimessa in sospensione delle polveri sottili

Il passaggio di un veicolo su una strada provoca l'abrasione di particelle dai pneumatici e dal manto stradale, ma ha anche come effetto di sollevare le polveri depositate sul manto stradale. Come si può dedurre dal grafico all'inizio dell'articolo, l'abrasione dei pneumatici e del manto stradale è ovviamente identica per le varie categorie di veicoli, che siano essi elettrici o con motore a combustione, e dipende soprattutto dalla larghezza dei pneumatici. Più i pneumatici del veicolo sono larghi, più aumenta non solo l'abrasione, ma anche l’intensità del rimescolamento delle polveri sottili. Stando al rapporto ADEME, a causa della maggiore massa dei modelli elettrici, la larghezza dei loro pneumatici sarebbe maggiore e questo aumenterebbe l'impatto dei veicoli elettrici in termini di rimescolamento delle polveri depositate sul manto stradale. Questo scenario non è tuttavia sistematico. Una Peugeot e-208, ad esempio, è dotata di pneumatici larghi 195 o 205 mm, gli stessi che troviamo sulle versioni a benzina e diesel. Lo stesso vale per la Renault Twingo versione elettrica, che dispone di pneumatici larghi 165 mm per le ruote anteriori e 185 mm per quelle posteriori, gli stessi identici della versione a benzina. D’altro canto la Hyundai Kona elettrica è dotata di pneumatici da 215 mm, mentre molte delle sue versioni termiche hanno pneumatici da 235 mm, dunque addirittura più larghi. Ciò che invece è preoccupante è la corsa degli automobilisti ai SUV equipaggiati di pneumatici particolarmente larghi, ma questo vale sia per i modelli con motore a combustione, sia per quelli elettrici. Anche la richiesta di una sempre maggiore autonomia può ovviamente portare il conducente di un’auto elettrica ad abbandonare la sua city car elettrica e ad acquistare un SUV elettrico.

Le particelle di abrasione dei freni contengono anche metalli pericolosi per la salute

Si sa che inalare polveri sottili, che si tratti di polline, sabbia del Sahara, polvere della casa o della fattoria, oppure di quelle dovute all’abrasione dei freni, dei pneumatici o della strada, è dannoso e ciò vale soprattutto per le persone che soffrono di problemi respiratori cronici. Non occorre dunque ignorarli e nemmeno di minimizzarli. Ecco perché il rapporto dell’ADEME riporta anche i timori di alcuni studi tossicologici che indicano la presenza di elementi metallici come fattore aggravante. Si parla ad esempio del rame, del bario, dello zinco e del ferro contenuti nelle pastiglie dei freni, ma non, o perlomeno solo in piccola parte, nella porzione dei pneumatici a contatto con la strada. Anche in questo caso, il bilancio dei veicoli con motore a combustione sarebbe dunque peggiore di quello dei veicoli elettrici. Su questo punto gli studi sono comunque ancora poco numerosi e occorrerà incrementare la ricerca, per poter classificare questi elementi metallici in base alla loro pericolosità per la salute.

Mezzi per combattere il problema

In ogni caso, ci sono diversi modi per combattere tutte queste particelle, che provengano esse da veicoli a benzina o diesel, oppure dall’industria, e non da ultimo anche da veicoli elettrici. Prima di tutto occorre ridurne le fonti, ad esempio favorendo il trasporto pubblico e il car pooling. Si possono poi produrre pneumatici e pastiglie freni con materiali meno pericolosi, una tematica di cui inizierà a tener conto il futuro standard Euro 7 per le automobili. E infine esistono già sistemi che permettono di catturare le emissioni di polveri sottili in modo molto localizzato a livello dei veicoli o con dispositivi installati ai bordi delle strade, come le trappole per particelle TrapAparT, che si possono collocare lungo i più trafficati grandi assi stradali urbani.

Le polveri sottili hanno un grave impatto sulla salute

Come abbiamo visto sopra, l’origine delle polveri sottili può essere naturale o dovuta alle attività umane. Fra quelle di origini naturali figurano pollini, spore, microorganismi, polvere, terra, sale marino alzato dal vento, fuliggine di incendi di boschi e di eruzioni vulcaniche, ecc. Fra quelle generate dalle attività umane ci sono le emissioni dovute ai riscaldamenti a nafta, carbone e legna, quelle generate dai motori a combustione di automobili, aerei e navi, dall’usura dei freni, dei pneumatici, del manto stradale, quelle generate dall'industria in generale, dai cementifici, dai cantieri, dalle attività agricole, dagli inceneritori e dalle centrali termoelettriche, e non da ultimo dal fumo del tabacco.

La composizione di queste polveri sottili varia moltissimo e dipende dalla fonte che le ha prodotte. Essa comprende metalli pesanti, solfati, nitrati, ammonio, carbonio organico, idrocarburi aromatici policiclici, diossine e furani.

I rischi per la salute relativi all’esposizione da polveri sottili possono essere riassunti come segue:

PM10, il particolato più grossolano di dimensioni fra i 10 e i 2.5 micron, è irritante per occhi, pareti nasali, cavità orale, trachea e bronchi. Questo tipo di polveri viene raramente assimilato in profondità.

PM2.5, il particolato più sottile con dimensioni uguali o inferiori a 2.5 micron, è invece in grado di penetrare fino negli alveoli polmonari, da dove le particelle più piccole possono diffondersi nel sangue innescando infiammazioni all'origine di trombosi, arteriosclerosi e dell’aumento della pressione del sangue. Ecco perché nei giorni in cui le concentrazioni di PM2.5 nell’aria sono particolarmente elevate si registra un aumento significativo dei ricoveri negli ospedali e dei decessi per malattie polmonari e cardiovascolari. Nelle donne il PM2.5 può addirittura accumularsi nel feto e nel seno dove può provocare il cancro.

Stando all’AEA, l’Agenzia Europea dell’Ambiente, l'inquinamento atmosferico è una delle principali cause di morte prematura e il più grande rischio per la salute in Europa. Sempre secondo l’AEA, nel 2019 l'inquinamento atmosferico ha causato nei 27 Stati membri dell'Unione Europea 307’000 morti premature attribuite all'esposizione cronica a polveri sottili, 40’400 morti premature attribuite all'esposizione cronica al biossido di azoto e 16’800 morti premature dovute all'esposizione acuta all'ozono. I maggiori rischi per la salute in termini di morti premature e anni di vita persi sono attribuibili all'esposizione alle PM 2.5, proprio il tipo di polveri sottili prodotte in maggior numero dai freni delle automobili con motore a benzina e a diesel.