Notizie negative

Meno dell'1% dei fondi d'investimento sono allineati con gli obiettivi climatici di Parigi

Articolo del 27 ottobre 2021

Solo 158 dei 16.500 fondi d’investimento sono in linea con l'obiettivo di limitare il surriscaldamento del clima ben sotto dei 2°C. A dirlo è il Carbon Disclosure Project, un'organizzazione internazionale no-profit con sede nel Regno Unito, Giappone, India, Cina, Germania e Stati Uniti e che aiuta le aziende e le città a rivelare il loro impatto ambientale

A pochi giorni dall'apertura della COP26 a Glasgow, un nuovo rapporto delle Nazioni Unite sottolinea il divario tra promesse fatte dai vari stati nel 2015 nell’ambito degli accordi sul clima di Parigi volti a contenere il riscaldamento globale e a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Non solo le emissioni di questi gas non sono diminuite, ma stando all’Agenzia Internazionale dell’Energia nel 2021 si registrerà addirittura un aumento record di 1,5 miliardi di tonnellate di CO2, il secondo più grande aumento nella storia. La produzione di combustibili fossili continua dunque senza sosta e aumenta addirittura nonostante gli impegni presi a Parigi.

Aumentare la pressione sulle aziende

Purtroppo i 158 fondi d’investimento che sono in linea con l'obiettivo dell'accordo di Parigi rappresentano soltanto lo 0,5% dei 27'000 miliardi di capitale gestito a livello globale. Oltre 8.000 fondi, che rappresentano il 62% di questo totale, hanno effettuato investimenti in attività che porteranno a un aumento della temperatura di più di 2,75 gradi. Oggi, nell’economia reale, solo una società quotata su dieci è allineata sull’obiettivo di contenere il riscaldamento a +1,5°C. Se poi non si considerano soltanto le emissioni dirette (per esempio, il gas naturale che alimenta le fabbriche o l'elettricità che illumina gli uffici di un'azienda), ma anche quelle indirette, ossia quelle generate dai fornitori dell'azienda e dall'uso dei prodotti venduti, solo 65 fondi sui 16'500 analizzati sono allineati sugli obiettivi dell'Accordo di Parigi e questi rappresentano solo lo 0,2% del totale del patrimonio investito. Tenendo conto anche delle emissioni indirette, più del 60% dei fondi investiti avrà come conseguenza un aumento della temperatura di oltre 3°C. Ecco perché gli investitori devono aumentare significativamente la pressione sulle aziende. Sono infatti gli investitori a  tenere il coltello per il manico per costringere alla decarbonizzazione anche le imprese più recalcitranti. Ma non tutte le notizie in quest'ambito sono negative.

Uno dei più grandi fondi pensione del mondo annuncia la sua decisione di liquidare entro il 2023 tutti i suoi investimenti nei campi del carbone, del petrolio e del gas

Si tratta di ABP, il fondo pensionistico olandese per dipendenti pubblici e insegnanti, un fondo che pesa ben 528 miliardi di euro. Attualmente ABP ha partecipazioni per un totale di 15 miliardi di euro (circa 3% del suo patrimonio totale) in un’ottantina di aziende del settore dei combustibili fossili, tra cui anche nella Royal Dutch Shell.

Stando a Corien Wortmann-Kool, il presidente del fondo pensionistico, ABP non sarebbe stato in grado di convincere il settore delle energie fossili a procedere abbastanza velocemente alla sua decarbonizzazione. Wortmann-Kool ha poi aggiunto che non si aspetta che la decisione abbia un impatto negativo sui rendimenti a lungo termine del fondo e in ultima analisi sui suoi clienti pensionati. I 15 miliardi verranno dunque reinvestiti in compagnie elettriche, nell'industria automobilistica e nell'aviazione.

Che il clima politico stia nettamente cambiando a favore di una lotta molto più efficace contro il surriscaldamento del clima lo dimostra il fatto che appena nel maggio scorso, all’assemblea generale di Shell, ABP aveva votato a favore della strategia dell'azienda, una strategia che prevedeva per il prossimo decennio un ulteriore aumento delle sue emissioni. L’improvvisa svolta “green” di ABP non appare tuttavia una scelta completamente volontaria. Appena un mese fa Fossil Free, un gruppo d’azione per il clima, ha intentato una causa giudiziaria contro ABP, chiedendo al tribunale di costringere ABP ad allineare la sua politica d’investimento alle disposizioni dell’accordo sul clima di Parigi.

Ricordiamo che, lo scorso mese di maggio, in seguito a una denuncia del movimento Friends of the Earth, un tribunale dell'Aia, aveva emesso una sentenza storica, ordinando alla Royal Dutch Shell di tagliare le sue emissioni globali di carbonio del 45% entro la fine del 2030, e ciò rispetto ai livelli del 2019.