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Le centrali a pellet producono più CO2 di quelle a carbone

Articolo del 14 ottobre 2021

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Le centrali a carbone hanno una pessima reputazione a causa delle enormi quantità di CO2 che rilasciano nell'atmosfera, ma c’è di peggio: le centrali che funzionano a legna (vedi grafico sotto)

La Drax Power Station, situata nel North Yorkshire in Gran Bretagna, una cosiddetta centrale elettrica "verde" che brucia legname sotto forma di pellet, un combustibile considerato "rinnovabile", è la principale fonte di emissioni di CO2 in Gran Bretagna e emette più CO2 e più polveri fini della maggior parte delle centrali a carbone più sporche d'Europa. La centrale di Drax rilascia infatti nell’atmosfera 13,3 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, il 30% in più dell’intero settore britannico del carbone, acciaierie incluse, il quale ne emette solamente, si fa per dire, 10 milioni di tonnellate.

A dirlo è Ember-Climate, un think tank ambientalista senza scopo di lucro con sede a Bruxelles e Londra, impegnato nella ricerca e in una campagna volta a ridurre l'uso del carbone nelle centrali elettriche dell'Unione Europea.

Una centrale sussidiata massicciamente con soldi pubblici

Drax Group, che si autodefinisce “una società britannica impegnata nella generazione di energia rinnovabile, nella produzione di biomassa sostenibile e nella vendita di elettricità rinnovabile alle imprese” (UK-based renewable energy company engaged in renewable power generation, the production of sustainable biomass and the sale of renewable electricity to businesses), descrive la sua centrale elettrica del North Yorkshire, come un impianto "puramente rinnovabile" e si vanta di aver ridotto le sue emissioni di CO2 del 90% dal 2012 ad oggi. 

Rivestito di questo "soprabito verde", l'impianto del North Yorkshire, ha ricevuto l'anno scorso dallo stato 832 milioni di sterline (979 milioni di euro) di sussidi diretti, senza contare poi ulteriori circa 258 milioni di sterline (294 milioni di euro) sotto forma di crediti d'imposta sul CO2. Tutto ciò in modo perfettamente legale, perché, stando alle disposizioni britanniche, dell’Unione Europea e anche della Svizzera, la produzione di energia a partire dalla biomassa, e sotto questo termine figurano anche i pellet, è considerata "neutra dal punto di vista climatico”.

Una forma di energia certo rinnovabile, …. ma solo dopo un secolo

Questa valutazione si basa sul presupposto che le emissioni di CO2 prodotte dalla combustione della biomassa saranno compensate dalla crescita di nuovi alberi. Tuttavia questa compensazione può avvenire solo sul lunghissimo termine. Si calcola infatti che passano almeno dagli 80 ai 100 anni prima che un albero appena piantato abbia raggiunto dimensioni tali da aver riassorbito gran parte del CO2 prodotto dalla combustione del suo predecessore abbattuto per produrre energia. Ecco perché  il European Academies' Scientific Advisory Council (EASAC) ha messo in guardia proprio all'inizio di quest'anno dal sostituire le centrali a carbone con centrali a biomassa. Stando all’EASAC, tale sostituzione non porterebbe a una riduzione delle emissioni di CO2 per almeno mezzo secolo, un tempo che, al ritmo in cui il clima si sta surriscaldando sul nostro pianeta, oggi non abbiamo più.

DRAX non emette solo CO2, ma anche quantità colossali di polveri fini

I dati appena pubblicati dimostrano che la centrale a pellet del North Yorkshire non è solo il terzo peggior emettitore di CO2 in Europa, le prime due essendo le centrali a carbone di Neurath in Germania e di Bełchatów in Polonia. Si tratta anche del quarto peggior emettitore di particolato PM10 d'Europa, dietro tre centrali a carbone situate in Polonia e in Romania. Di fatto la centrale di DRAX è l'unico impianto a biomassa che si piazza nella Top Ten delle liste europee delle emissioni di CO2 e di PM10.

Qualsiasi forma di combustione provoca un aumento del CO2 nell’atmosfera

Che bruciare legna per salvare il clima non sia la cosa più intelligente da fare lo dimostrano anche gli effetti deleteri sul clima dei giganteschi incendi che hanno devastato negli scorsi mesi le foreste della Siberia, della California, dell’Amazzonia e anche attorno al Mediterraneo, in paesi come la Grecia, la Turchia, l’Algeria, la Spagna e il Portogallo.

Oltre ai danni che questi incendi hanno causato alla vegetazione, alla fauna selvatica e alle persone, essi hanno anche rilasciato nell’atmosfera enormi quantità di CO2 e di metano, contribuendo così in modo non indifferente al surriscaldamento del clima. Secondo i dati rilevati in tempo reale dai satelliti del Copernicus Atmosphere Monitoring Service, nel solo mese di luglio 2021, gli incendi forestali hanno rilasciato nell’atmosfera oltre 1’258 milioni di tonnellate di CO2, a questi se ne sono aggiunti altri 1’384 milioni in agosto. In Siberia gli incendi sono stati particolarmente devastanti e hanno distrutto ben 2.5 milioni di ettari di foreste, facendo aumentare le emissioni di gas a effetto serra della Russia del 75% rispetto all'anno precedente, ossia di 1.3 miliardi di tonnellate.

Bruciare legna non solo produce enormi quantità di CO2, ma riduce anche drammaticamente la superficie boschiva in grado di riassorbirlo

In questi ultimi anni si sono registrati roghi immensi un po’ ovunque. Enormi superfici boschive sono andate in fumo nell’emisfero Sud in particolare in Australia e Sudamerica, mentre nell’emisfero Nord le zone più colpite sono state le immense regioni artiche della Siberia, della Scandinavia, del Canada e dell’Alaska. Nel 2020 gli incendi di boschi hanno contribuito per il 4.2% alle emissioni di CO2. Si calcola che i danni ambientali diretti, legati alle emissioni di questi incendi, ammontano a oltre 150 miliardi di euro. Per ripristinare gli ecosistemi forestali andati distrutti saranno necessari investimenti valutati fra i 125 ai 245 miliardi di euro e tempi lunghissimi valutati in parecchi decenni. Il fatto è che la deforestazione continua ad avanzare in modo inesorabile al ritmo di un campo di calcio al secondo, e ciò non soltanto per via degli incendi e del disboscamento effettuati per far posto a terreni coltivabili e pascoli, ma anche per produrre i pellet destinati a riscaldare case e ad alimentare centrali elettriche.

Tuttavia, nella drammatica situazione climatica in cui ci troviamo, tagliare un albero equivale oramai a un atto criminale. Dobbiamo quindi cambiare radicalmente i nostri comportamenti, riorientando i nostri investimenti per eliminare completamente dalla nostra produzione energetica qualsiasi tipo di combustibile, sia esso fossile o no. La parola d’ordine deve essere conservare, ricostruire, e rigenerare le foreste, e non di certo utilizzarle come fonte di combustibile a buon mercato al posto del carbone.