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Le automobili a diesel e benzina consumano 300 volte più materie prime delle auto elettriche di pari cilindrata

Articolo del 12 aprile 2021

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L’impatto ambientale della produzione delle automobili elettriche, in particolare delle loro batterie, è spesso criticato nei media. Queste critiche concernono in particolare i metodi di estrazione delle materie prime, che hanno la reputazione di causare drammatici danni ambientali. Ma quanto è grave per l’ambiente l'estrazione delle materie prime per le batterie delle auto elettriche e quanto inquinano le auto elettriche nei confronti di quelle a benzina o a diesel?

Stando a uno studio di Transport & Environment (T&E), una federazione di organizzazioni non governative europee di trasporto, al termine del ciclo di vita di una tipica batteria agli ioni di litio per auto elettriche, vanno persi circa 30 chilogrammi di materie prime, ciò includendo anche i materiali che sarebbero in linea di principio riciclabili. Nel ciclo di vita di un solo veicolo a combustione medio, vengono invece bruciati circa 17.000 litri di petrolio, l’equivalente di una pila di fusti di petrolio da 218 litri, alta quanto un palazzo di 25 piani. In altre parole il confronto delle le risorse necessarie per i due tipi di propulsione rispetto al loro peso, mostra che i motori a combustione interna "bruciano" almeno  300 volte più materiale di quello che si perde una volta rottamata la batteria di un'auto elettrica. Ma vediamo le cose un po’ più in dettaglio.

L’estrazione del litio

Il litio è il metallo più leggero. Il litio puro è però molto reattivo e s’infiamma rapidamente all’aria, reagendo con l'azoto atmosferico. In natura, si presenta quindi solo sotto forma di composti chimici, come ad esempio i sali di litio che si trovano nell'acqua di mare. Grazie a questa sua reattività, i suoi ioni, caricati positivamente, sono estremamente mobili e possono essere facilmente estratti da composti come ad esempio dal biossido di cobalto e di litio, il che li rende ideali per le funzioni richieste a una batteria. In condizioni ideali, il litio può anche accumularsi in acque interne, come ad esempio nei laghi salati degli altipiani desertici, situati al confine fra Cile, Argentina e Bolivia. Questi laghi salati sono corpi d'acqua prosciugatisi in superficie nel corso dei millenni e in cui i minerali e i sali sono altamente concentrati. Per estrarne il litio si effettuano trivellazioni per raggiungere gli strati sotterranei di acqua con la concentrazione di sali più alta. Quest'acqua viene pompata in superficie e fatta poi evaporare in grandi bacini. Utilizzando metodi chimici che richiedono, tra l'altro, acqua fresca si separa poi il carbonato di litio dagli altri minerali.

Gli impianti di estrazione del litio dei laghi salati si trovano in un ambiente estremamente ostile alla vita: non ci sono piante, l'umidità dell'aria è bassissima e la radiazione solare è spietata. L'acqua pompata è così salata da non poter essere utilizzata né come acqua potabile, né per l'agricoltura. Il problema ambientale dovuto all'estrazione del litio nasce dal fatto che, a causa del pompaggio di acqua salata, l'acqua delle falde freatiche delle aree circostanti si riversa nella falda acquifera dei laghi salati, privando così la popolazione indigena delle aree circostanti dell’acqua necessaria ai loro allevamenti di bestiame. Esisterebbero delle soluzioni per recuperare l'acqua d’evaporazione dei bacini di decantazione e renderla di nuovo utilizzabile. L'elettricità necessaria per realizzare questo processo potrebbe essere generata facilmente tramite il fotovoltaico, ma ogni processo aggiuntivo renderebbe la materia prima estratta più costosa, a scapito del profitto delle compagnie minerarie.

Va notato che in questa zona il litio viene estratto da decenni. Esso serve infatti per esempio all’industria chimica come agente riducente nella fusione dei metalli, o come parte delle leghe di acciaio. A ciò si aggiunge la forte domanda di litio per tutti i dispositivi elettronici mobili, come computer portatili, telefoni cellulari, tablet e simili, una domanda, questa, che supera quella attuale dell’industria dell’automobile elettrica. Va poi notato che il Cile, nonostante disponga delle più importanti riserve di litio al mondo, non è il maggiore esportatore di questo metallo: è l'Australia ad aver assunto questo ruolo. In Australia, il litio viene estratto tramite estrazione mineraria classica, che è più costosa, uno svantaggio che viene però compensato dalle vie di trasporto più brevi verso i grandi centri cinesi di produzione di materiale elettronico.

L’estrazione del cobalto

Chi segue la discussione pubblica sulla mobilità elettrica può avere facilmente l'impressione che il cobalto venga estratto esclusivamente attraverso il lavoro di bambini nella Repubblica del Congo. Infatti, in questo paese africano ci sono molte piccole cooperative minerarie, in cui la popolazione rurale estrae il minerale di cobalto dal terreno con semplici strumenti manuali, senza alcuna misura di sicurezza. Il problema è che alcuni lavoratori possono guadagnare molto di più lavorando in queste miniere che non nell'agricoltura o nell'allevamento del bestiame. In queste cooperative lavorano anche molti bambini, che partecipano così al sostentamento delle loro famiglie impoverite. Nel Katanga, una regione ricca di cobalto, si stima che questi minatori minorenni impiegati nell'estrazione del minerale siano fino a 20.000. Da notare che questi lavoratori sono poi anche ricattati da bande criminali  do stampo mafioso, che dirottano spesso gran parte dei profitti col pretesto di garantir loro la protezione. Va però notato che essi estraggono solo una minima parte del cobalto estratto e utilizzato in tutto il mondo. 

Infatti, analogamente a quella del litio, anche l'estrazione del cobalto per le batterie delle automobili deve essere vista in un contesto globale. Se la Repubblica del Congo possiede più della metà dei giacimenti di cobalto conosciuti al mondo, anche per questa materia prima la concorrenza a livello mondiale è oramai agguerrita. Godendo di un grande vantaggio competitivo, grazie alle brevi vie di trasporto verso i porti cinesi, ancora una volta sono state le miniere australiane ad aumentare notevolmente la produzione di cobalto negli ultimi anni.

Va detto che, come il litio, anche il cobalto non è affatto usato solo per fabbricare batterie per automobili elettriche. Si tratta infatti di un ingrediente comprovato per la tempra dell'acciaio e in numerose componenti dei motori a combustione. Il cobalto si trova anche in parecchi prodotti di uso quotidiano, come i telefonini, i coloranti usati per la porcellana e i cosmetici, quali ad esempio le tinture per capelli. Va poi notato che negli ultimi anni i produttori di automobili elettriche si sono impegnati a ridurre la quantità di cobalto necessaria alle loro batterie. Per citare un solo esempio, Tesla è riuscita a ridurre il fabbisogno di cobalto nelle sue batterie a un terzo e punta ora tutto su una nuova generazione di batterie completamente prive di cobalto.

L’estrazione delle terre rare

I metalli del gruppo delle terre rare, come ad esempio il neodimio, giocano un ruolo importante nei cosiddetti magneti permanenti usati in tutti i motori elettrici, che siano essi di automobili a batteria, automobili a motorizzazione ibrida, auto a idrogeno, treni, ascensori, scale mobili, ecc.. Anche i generatori di elettricità delle turbine eoliche fanno affidamento a questi metalli.

Quasi il 50% dell’estrazione mondiale di terre rare avviene nell'enorme miniera di Bayan Obo nel nord della Repubblica Popolare Cinese, vicino al confine con la Repubblica Mongola. Questa miniera causa immensi problemi ambientali, ma attualmente non c'è alternativa al neodimio cinese sui mercati mondiali. Occorrono quindi decisioni di politica industriale da parte dei paesi occidentali che permettano di avviare anche lo sfruttamento di altri giacimenti di terre rare sulla base di standard ambientali e sanitari occidentali.

Il petrolio è molto più dannoso per l’uomo e per l’ambiente

Prestare molta attenzione a come sono estratte le materie prime per le batterie delle auto elettriche è certamente una buona cosa: infatti solo la pressione dei consumatori e dei grandi produttori di autoveicoli e quella di altri produttori di congegni elettronici possono migliorare le condizioni di estrazione di queste materie prime. Tuttavia, la pur giustificata critica dei processi di estrazione di singole materie prime non dovrebbe sfociare nel fatto di screditare l'intera tecnologia.

Va poi precisato che anche l’estrazione stessa del petrolio e il suo trasporto sono fonte di immense catastrofi ecologiche. Per farsi un’idea delle dimensioni di queste catastrofi basta consultare in Wikipedia la “Lista dei maggiori disastri petroliferi”. Ma non è tutto: petrolio greggio e gas naturale, una volta bruciati, continuano inoltre a esistere sotto forma di gas di scarico e di polveri fini. I primi, aumentano la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, incrementando l’effetto serra, e alimentano la catastrofe climatica, le seconde provocano ogni anno la morte di milioni di persone. Nella sola Europa si calcola che l’inquinamento atmosferico causato dall’uso dei combustibili fossili sia all’origine di 400'000 morti premature all’anno. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, questo tipo di inquinamento è uno dei principali fattori di rischio per la salute dell’essere umano. Al contrario le auto elettriche non producono alcun gas di scarico e tutte le materie prime necessarie alla loro produzione possono già oggi essere riciclate.

Un motore elettrico consuma molto meno energia di uno a combustione

Tuttavia, questo confronto fra l’impatto di un motore a scoppio e di un motore elettrico non tiene ancora conto delle eventuali emissioni causate dalla produzione di elettricità tramite centrali alimentate con combustibili fossili. Queste emissioni variano tantissimo da paese a paese, a seconda del modo in cui ogni paese produce la sua elettricità. Per citare alcuni esempi: l'elettricità prodotta in Polonia genera 650 g di CO2 al chilowattora, quella prodotta in Germania 410 g, quella prodotta in Spagna 290 g, quella prodotta in Francia 40 g e quella prodotta in Svezia 20 g. La Svizzera, che non dispone di centrali elettriche a gas o a carbone e produce quasi tutta la sua elettricità tramite l’idroelettrico o il nucleare, mentre la Scozia produce il 98% della sua elettricità tramite l’eolico. Nella maggior parte dei paesi europei la percentuale delle rinnovabili è comunque in rapida ascesa. 

Ma anche se tutta l’elettricità necessaria alla sua propulsione fosse prodotta tramite combustibili fossili, un veicolo elettrico emetterebbe il 64% di CO2 in meno di un veicolo con un motore a combustione. La ragione di questo divario risiede nel fatto che il rendimento del combustibile utilizzato in una centrale elettrica è praticamente il doppio di quello utilizzato nel motore a combustione di un autoveicolo, che spreca gran parte dell’energia consumata sotto forma di calore, il quale, invece di servire a far avanzare il veicolo, viene semplicemente disperso nella natura tramite il radiatore e il tubo di scappamento. Ecco perché i motori a benzina raggiungono solo un rendimento energetico di circa il 25% circa, mentre quelli elettrici arrivano quasi all'80%. Il che spiega anche perché nel corso del suo intero ciclo di vita, tenendo conto anche della sua fabbricazione e della sua rottamazione, un’auto elettrica consuma complessivamente il 58% di energia in meno di un’auto a benzina o a diesel.