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I boschi della Svizzera italiana devono fare i conti con la crescente siccità

Articolo del 27 marzo 2021

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Negli ultimi anni le primavere ticinesi si sono fatte vieppiù calde e secche. Gli alberi, essendo perlopiù ancora ancora privi delle foglie, lasciano filtrare i raggi solari fino nel sottobosco, dove asciugano in modo importante lo strato di humus. Ecco quindi che basta un nonnulla per innescare un incendio

Stando a MeteoSvizzera, l’aumento complessivo della temperatura sul versante sudalpino è quasi il doppio rispetto all’aumento medio della temperatura globale terreste. Secondo l’IPCC una delle regioni più vulnerabili al cambiamento climatico dell’intero pianeta è proprio quella del Mediterraneo. Questo mare è poco profondo e quindi le sue acque si riscaldano più in fretta e maggiormente rispetto a quelle degli oceani. Ad oggi la temperatura delle sue acque superficiali è già aumentata di più di 1.8°C, raggiungendo in estate anche picchi di oltre 30°C. Non a caso in questi ultimissimi decenni nel Mare Nostrum sono comparse e si sono istallate definitivamente diverse specie ittiche tipiche dei tropici. Secondo i climatologi fra qualche decennio i paesi situati sulla sponda settentrionale del Mediterraneo dovranno fare i conti con un clima oggi tipico di paesi come il Marocco, l’Algeria o la Tunisia

Il ghiaccio scompare mettendo a rischio l’approvvigionamento idrico

Parallelamente è in corso nelle Alpi un declino massiccio dei ghiacciai. Stando a uno studio basato su rilevamenti satellitari, effettuato da ricercatori dell'Università di Erlangen-Norimberga e pubblicato l’anno scorso sulla rivista scientifica «Nature Communications», i ghiacciai della regione alpina hanno perso un sesto del loro volume totale nel corso di soli quattordici anni (2000-2014), ossia 22 chilometri cubi di ghiaccio, l’equivalente di uno strato di ghiaccio di oltre mezzo metro sull’intera superficie della Svizzera. Il problema è che sono proprio questi ghiacciai a fornire una parte cospicua dell’acqua che scorre nei nostri fiumi in estate. La loro scomparsa significa dunque carenza di acqua nelle estati più calde e aride. A ciò si aggiunge il fatto che pure le precipitazioni stanno lentamente diminuendo: stando a MeteoSvizzera, a sud delle Alpi sono calate di quasi il 10% dal 1900 ad oggi. Ad aggravare ulteriormente la situazione c’è il fatto che la loro distribuzione temporale sta pure cambiando: episodi di precipitazioni estremamente intensi si alternano oramai regolarmente a lunghi periodi di siccità, mettendo in difficoltà tutta la vegetazione locale.

I boschi svizzeri confrontati con la siccità

Quest’anno, ad esempio, della “pioggerellina di marzo, che picchia argentina sui tegoli vecchi del tetto” (celebre filastrocca del poeta Angiolo Silvio Novaro) non s’è praticamente vista traccia. Nei prossimi decenni dobbiamo dunque attenderci a un cambiamento notevole nella composizione dei nostri ecosistemi forestali a favore di specie più termofile. Stando all’Istituto Federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, i boschi svizzeri stanno diventando sempre più aridi. Specie iconiche quali il faggio e l’abete rosso, alberi con un apparato radicale poco profondo, sono oramai minacciati di estinzione, per cui occorre prendere in considerazione la loro pura e semplice sostituzione con specie più adatte a un clima caldo e secco. Non a caso a Nord delle Alpi s’è iniziato a piantare aceri, querce, tigli, noci e castagni, alberi tipici del versante meridionale delle Alpi.

E da noi?

Anche da noi le cose stanno cambiando rapidamente e non è escluso che in un tempo non troppo lontano diverse specie esotiche, oggi considerate invasive e combattute a forza di motosega e trapano, finiscano per avere il sopravvento, perché più adatte al nostro clima. Un bell’esempio in questo campo è quella che i nostri connazionali oltralpe chiamano amorevolmente “Tessiner Palme”, la palma ticinese, che di fatto ticinese non è, bensì cinese. Il suo vero nome è Trachycarpus fortunei, una lontana parente della Chamaerops humilis, la palma nana tipica della macchia mediterranea. Molte varietà di palme, lo si sa, hanno sviluppato delle tecniche molto sofisticate per sopravvivere senza problemi anche in zone moto aride. Trachicarpus fortunei riassume tutte le caratteristiche che ne fanno una delle palme più resistenti del globo: sopporta temperature fino a -23°C, resiste estremamente bene sia alle piogge intense, sia a prolungati periodi di siccità.

Stando ai ricercatori cinesi Xiao Feng, Zhao Yang e Wang Xiu-Rong dell’Università di Guizhou, questa palma ha infatti sviluppato una strategia molto sofisticata per resistere alla siccità: da un lato essa modifica l’apparato fotosintetico delle foglie, riducendone la capacità di catturare la luce e di conseguenza la fotosintesi, in modo da evitare danni ai cloroplasti durante la fase di disidratazione, dall’altro riduce la produzione di fenilpropanoide nelle radici per proteggere la permeabilità delle membrane cellulari delle stesse. Questi processi vengono invertiti non appena c’è sufficiente disponibilità di acqua. Ecco perché anche dopo mesi di siccità queste palme appaiono sempre lussureggianti.