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Il livello degli oceani salirà di 2,5 metri anche rispettando gli accordi di Parigi

Articolo del 24 settembre 2020

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La calotta glaciale dell’Antartide copre una superficie pari a circa a tutto il Nordamerica ed è spessa fino a 5 km. In essa è immagazzinata oltre la metà di tutta l’acqua dolce della terra. Un aumento di soli 2°C della temperatura media globale farà sciogliere una parte di questa calotta e salire il livello del mare di 2 metri e mezzo. La fusione è oramai innescata e appare irreversibile. Londra, Amburgo, New York, Miami, Shanghai, Giacarta, Mumbai, Tokyo, Londra e tantissime altre città costiere finiranno coi piedi in acqua, costringendo all’esodo centinaia di milioni di persone. Non si tratta di uno scenario da fantascienza, ma il risultato delle ultime minacciose proiezioni di un gruppo di autorevoli ricercatori tedeschi e americani, pubblicate nella rivista scientifica “Nature”, che, assieme a “Science”, è quella considerata di maggior prestigio dalla comunità scientifica internazionale

Sulla facciata di un grattacielo di Manhattan è stato inaugurato sabato scorso il “Climate Clock”, un orologio che fa il conto alla rovescia per la catastrofe climatica. Esso si basa sugli studi più recenti condotti sul surriscaldamento del clima. Qualora le emissioni di gas a effetto serra dovessero continuare al ritmo degli ultimi 5 anni, il che sembra oramai accertato, il 1° gennaio 2028 avremo infatti superato il limite di +1,5°C rispetto all’epoca preindustriale, limite fissato dagli accordi di Parigi per mantenere il clima entro parametri sopportabili.

Si delinea uno scenario da film apocalittico in stile “The Day After Tomorrow”

Il fatto è che, anche se dovessimo smettere immediatamente di produrre gas a effetto serra, ciò non basterà ad evitare la catastrofe climatica. Ad affermarlo è uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”, il quale conferma che lo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide è oramai definitivamente innescato. Si tratta di un processo lento ma irreversibile, che porterà come minimo ad un innalzamento del livello dei mari di 2,5 metri, ciò a condizione di riuscire a limitare il riscaldamento climatico a +2°C. Con un aumento di 4°C delle temperature medie globali, il livello degli oceani salirebbe invece di 6,5 metri, soltanto a causa della fusione dei ghiacciai dell’Antartide, senza contare l’apporto di quelli della Groenlandia, mentre con un aumento di 6°C esso salirebbe addirittura di quasi 12 metri.

“Saremo ricordati come la generazione che ha affogato nel mare New York”

Ad affermarlo è Anders Levermann, professore di dinamica del sistema climatico all’Istituto di Fisica dell’Università di Potsdam e coautore of dello studio effettuato dai ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research e della Columbia University di New York. I ricercatori fanno notare che il processo appare oramai irreversibile e ciò a causa del modo in cui le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide si sciolgono. Infatti, man mano che le temperature salgono, lo scioglimento dei ghiacciai accelera ulteriormente. Un’illustrazione di questo fenomeno ci viene offerto dalla Groenlandia, dove, con la scomparsa della banchisa, ossia del ghiaccio marino che circonda l’isola, i ghiacciai situati sulla terraferma hanno iniziato a scivolare sempre più rapidamente verso il mare. Man mano che questi giganteschi fiumi di ghiaccio scorrono verso zone altimetriche sempre più basse incontrano strati d'aria più calda e finiscono rapidamente per sciogliersi. L’esempio più spettacolare di questo fenomeno ci è dato dal ghiacciaio groenlandese di Jakobshavn, un ghiacciaio che copre una superficie di 110’000 km2 e che scivola oramai verso il mare alla fenomenale velocità di 17 km all’anno, ossia di 2 metri all’ora. Un fenomeno analogo si sta delineando anche per il colossale ghiacciaio Thwaites, che ricopre una superficie di 191’000 km2 sulla costa occidentale dell’Antartide: un ghiacciaio il cui collasso, stando agli esperti, provocherà da solo un innalzamento del livello degli oceani di 65 cm. Da notare che, nella sua estensione attuale, la calotta glaciale antartica esiste da ben 34 milioni di anni, ma che la sua futura forma verrà determinata dall’uomo entro una sola generazione.

Più impariamo sull'Antartide, più le previsioni diventano inquietanti

Secondo gli autori dello studio, un aumento della temperatura media di 2°C, cioè entro il parametro massimo fissato dagli accordi di Parigi, rappresenta una minaccia esistenziale per intere nazioni, le quali saranno letteralmente inghiottite dal mare e cancellate dalle nostre carte geografiche. Cito qui solo esempio del Bangladesh con i suoi oltre 160 milioni di abitanti, dove, se il livello del mare dovesse salire anche soltanto di un metro, il 50% del territorio finirebbe sott’acqua. Ad aggravare la situazione il fatto che la catastrofe non potrà essere evitata nemmeno se le temperature dovessero tornare a scendere. Infatti le calotte glaciali non potranno tornare al loro livello precedente, se non dopo millenni, a causa del meccanismo auto-rinforzante oramai innescato dalla loro stessa fusione. In altri termini è più facile fare fondere i ghiacciai che farli ricrescere. È quello che in termine scientifico si chiama “isteresi”, ossia un sistema che non reagisce in modo lineare in base all’energia assorbita, ma in ritardo sulle sollecitazioni applicate e ciò a dipendenza dello stato precedente. Ecco perché, stando a Anders Levermann, “avremo un enorme innalzamento del livello degli oceani, pur rispettando gli accordi di Parigi, e un aumento catastrofico se non riusciremo a rispettarli”.

Con ogni frazione di grado in più i danni crescono in modo esponenziale

Stando alle misurazioni satellitari del programma Copernicus (Global Monitoring for Enviroment and Security), gestito dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) e dalla Commissione Europea, oggi la temperatura media del nostro pianeta supera di 1,3°C quella dell’era preindustriale. Mancano dunque solo 0,2°C al limite di +1,5°C considerato come sopportabile alla conferenza sul Clima di Parigi, eppure i danni sono già molto più che evidenti. Dopo gli incendi senza precedenti che hanno devastato l’Amazzonia, l’Australia, la Siberia e che stanno tuttora bruciando lungo tutta la costa occidentale degli Stati Uniti, dopo una stagione mai vista prima di uragani che ha addirittura esaurito la lista dei nomi con cui vengono ogni anno battezzati, dopo i record di temperature, di 38°C in Siberia, di 32°C in Alaska, di quasi 22°C nelle isole Svalbard (a soli 900 km dal Polo Nord), di oltre 20°C in Antartide e in Groenlandia, ecco che lo studio pubblicato da “Nature” ci fa finalmente capire, che anche un riscaldamento climatico, considerato incautamente finora come tutto sommato “moderato”, ha conseguenze incalcolabili per l’umanità e che i danni non crescono in modo lineare con l’aumento delle temperature, bensì in modo esponenziale con ogni frazione di grado in più.