30% di carbone bruciato in meno in Europa dal 2012
09.02.2019
Notizie positive
Articolo del 18 ottobre 2019
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Negli Stati Uniti fra il 2007 e il 2017 la produzione di carbone è diminuita di un terzo e secondo gli economisti potrebbe calare di un altro 75% nel corso dei prossimi 10 anni. Dall’altra parte dell’Atlantico, in Gran Bretagna, le ultime 4 centrali elettriche a carbone chiuderanno i battenti entro i prossimi 5 anni
“Blackjewel LLC annuncia la chiusura di due delle più grandi miniere di carbone dello Wyoming e dichiara la bancarotta”, “Blackhawk Mining LLC, chiude 4 miniere nella Virginia occidentale e dichiara bancarotta”, “Robert Murray, considerato il re dell’industria mineraria del carbone e grande sostenitore di Donald Trump, tenta di salvare il suo impero dalla bancarotta”, “Dallo scorso mese di marzo 3 dei 9 produttori di carbone del Powder River Basin hanno dichiarato bancarotta”. Sono solo alcuni dei titoli apparsi negli scorsi mesi nei media statunitensi. Eppure Donald Trump aveva promesso nella sua campagna elettorale del 2016 di salvare l’industria americana del carbone e, una volta al potere, s’è mosso rapidamente, abolendo le norme a protezione dell’ambiente promulgate dal suo predecessore Barak Obama, istallando alla testa dell’EPA, l’agenzia americana per la protezione dell'ambiente Andrew Wheeler, un noto lobbista del carbone.
Calo massiccio del prezzo delle energie rinnovabili
Appena 10 anni fa la metà dell’elettricità degli Stati Uniti era prodotta in centrali alimentate a carbone, oggi meno del 30%, e l’industria del carbone lotta per la sopravvivenza. Da quando nel gennaio del 2017 Donald Trump è entrato alla Casa Bianca, hanno chiuso i battenti oltre 50 centrali elettriche americane a carbone, mettendo in crisi tutta la filiera. Il fatto è che i prezzi delle energie rinnovabili sono letteralmente precipitati. Ad esempio un parco fotovoltaico, inaugurato quest’anno nel Portogallo, fornisce elettricità al prezzo imbattibile di appena 1,7 centesimi di dollaro al chilovattora. Con questi prezzi possono competere solo ancora l’eolico e il gas, mentre carbone e nucleare vanno fuori mercato. Parallelamente sono sprofondati anche i prezzi delle batterie. Dal 2010 ad oggi il calo è stato dell’85%. Ciò permette di immagazzinare a prezzi ragionevoli l’elettricità prodotta dagli impianti fotovoltaici durante le ore di soleggiamento e di distribuirla anche durante la notte, rispettivamente di immagazzinare l’elettricità prodotta dagli impianti eolici nelle giornate di grande vento e di ridistribuirla in quelle poco ventose. Ecco perché a nulla sono valse le misure decretate da Trump a favore del carbone e perché molte centrali elettriche a carbone, soprattutto quelle più vetuste e meno produttive, hanno già dovuto chiudere i battenti. Queste chiusure hanno provocato il crollo del prezzo del carbone, mettendo così in crisi l'intera filiera e mandando in bancarotta molte miniere.
Anche dal nostro lato dell’oceano Atlantico il declino del carbone è iniziato
La Gran Bretagna è stata in passato il paese del carbone per eccellenza e nel 2014 produceva ancora il 30% della sua elettricità col carbone. Quattro anni più tardi, nel 2018, la parte del carbone era scesa al 5,4% e oggi è a meno dell’1%. Secondo i piani del governo di Londra, l’ultima centrale elettrica a carbone dovrebbe chiudere entro i prossimi 5 anni. Una parte del carbone è stato sostituito con gas fossile, il quale però, per lo stesso rendimento elettrico, emette solo la metà di CO2 del carbone. L’altra parte è stata invece sostituita con l’eolico e il fotovoltaico. È di questi giorni la notizia di un sorpasso storico: per la prima volta dalla costruzione della prima centrale elettrica britannica (a carbone), nel lontano 1882, il Regno Unito ha prodotto più energia elettrica da fonti rinnovabili a zero emissioni CO2 che da quelle fossili. Nel 3° trimestre di quest’anno (luglio, agosto e settembre) l’elettricità ottenuta tramite parchi eolici, impianti fotovoltaici e impianti idroelettrici è stata superiore a quella ottenuta tramite gas, carbone e petrolio. Questo eccellente risultato è dovuto soprattutto all’aumento esponenziale della produzione di energia eolica, dovuta a sua volta all’inaugurazione di tutta una serie di nuovi parchi eolici offshore (marini). E non è tutto: nel prossimo futuro sono già in via di realizzazione o di pianificazione tutta una serie di nuovi parchi eolici offshore, che dovrebbero portare la produzione eolica dagli attuali 8'500 MW a 20'000 MW entro la fine dell’anno prossimo e a 30'000 MW entro il 2030.
UK: sono calate del 43% le emissioni di CO2 dal 1990
Il 2019 segna dunque una cesura storica: è la prima volta dall’inizio della rivoluzione industriale che l’elettricità prodotta con le rinnovabili sorpassa quella prodotta col carbone e col gas. Al momento attuale in Gran Bretagna la corrente elettrica proviene per il 20% dall’eolico, per il 12% dalla biomassa, per il 6% dal fotovoltaico e per il 2% da altre fonti rinnovabili, il che fa in totale poco più del 40% per le rinnovabili. Il 19% dell’elettricità britannica è poi prodotto tramite centrali nucleari, che sono a zero impatto CO2, mentre il 39% proviene dal gas e meno dell’1% dal carbone e dal petrolio. In totale dunque poco meno del 40% dell’elettricità proviene ancora da fonti fossili con un forte impatto climatico. E dire che meno di 10 anni fa la Gran Bretagna produceva ancora l’80% della sua elettricità col carbone e col gas fossile!
Il passaggio all’elettricità rinnovabile ha permesso al Regno Unito di ridurre le sue emissioni di CO2 di oltre il 43% dal 1990 ad oggi e ciò malgrado il fatto che nello stesso lasso di tempo le emissioni di CO2 del suo settore dei trasporti siano rimaste praticamente invariate.