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+2°C = livello dei mari fino a 20 m più alto di oggi

Articolo del 08 ottobre 2019

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Secondo uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature da parte di Georgia Rose Grant e Timothy Naish, due ricercatori della Victoria University di Wellington, se la temperatura media del nostro pianeta dovesse oltrepassare di 2°C quella preindustriale, il livello degli oceani si innalzerebbe fino a 20 metri

Nel corso delle varie ere geologiche la temperatura media del nostro pianeta si è sempre innalzata e abbassata a dipendenza dei cosiddetti cicli di Milankovitch, delle variazioni sul lungo termine dell’orbita della terra attorno al sole, orbita che cambia a un ritmo di 20'000, 40'000 e 100'000 anni. Da queste variazioni dell’orbita terrestre dipendono l’intercalarsi dei vari periodi glaciali e di quelli più temperati e, appunto, il livello degli oceani. Si tratta tuttavia di fenomeni che si rafforzano e s’indeboliscono sull’arco di migliaia di anni e non di un centinaio di anni, come il riscaldamento climatico al quale stiamo assistendo oggi e che è dovuto al massiccio aumento del tenore di CO2 nell’atmosfera provocato dalla combustione di miliardi di tonnellate di combustibili e propellenti fossili. Ricordiamo che ogni persona che vive oggi su questo pianeta consuma in media 80 volte più energia di uno che ci viveva 150 anni fa e che la maggior parte dell'energia consumata oggi è di origine fossile. Negli ultimi 150 anni la popolazione della terra s’è inoltre moltiplicata per otto.

Perché la geologia ci indica cosa arrischia di succedere in futuro

Lo studio della correlazione fra i cicli di Milankovitch e l’innalzamento o l’abbassamento del livello del mare è estremamente interessante perché ci fornisce delle indicazioni precise su quello che succede ai nostri oceani quando la temperatura aumenta. Ed è proprio questo che i due ricercatori neozelandesi hanno scoperto analizzando i sedimenti depositatisi principalmente durante il Pliocene (fra 5,3 e 2,5 milioni di anni fa) nel Whanganui Basin, situato nell’isola settentrionale della Nuova Zelanda. Le analisi hanno permesso di identificare oltre una cinquantina di fluttuazioni del livello degli oceani verificatesi su un arco di circa 3,5 milioni di anni. Quel che è interessante è che durante questo lasso di tempo il livello dei mari si è innalzato, rispetto ad oggi e a seconda del ciclo, da un minimo di 5 fino a un massimo di 25 metri.

Durante il Pliocene la geografia terrestre e le dimensioni delle calotte di ghiaccio polare erano molto simili a quelle di oggi, ma durante i periodi più caldi di questa era geologica i ghiacci polari si erano ridotti di parecchio, lasciando solo ancora una piccola calotta di ghiaccio sulla Groenlandia (circa il 30% di quella odierna), mentre quella dell’Antartide era diminuita di quasi un terzo. L’analisi dei sedimenti del Whanganui Basin mostra che in quei periodi 20 sui 25 metri di aumento del livello degli oceani furono proprio dovuti alla fusione parziale della calotta glaciale dell’Antartico.

Finora il 90% del riscaldamento climatico è stato assorbito dagli oceani

Finora oltre il 90% del calore supplementare trattenuto sulla terra dalle nostre emissioni di CO2 è stato assorbito dagli oceani, i quali si comportano da immensi termosifoni. Molto di questo calore viene trasportato dalle correnti marine verso l’oceano australe, sul quale si affacciano proprio i ghiacciai dell’Antartide. Mentre fino a una manciata di anni fa si pensava ancora che la calotta glaciale antartica fosse relativamente stabile, in questi ultimissimi anni si è dovuto costatare che la fusione dei suoi ghiacci sta accelerando paurosamente.

In pochi anni la fusione dei ghiacciai polari è triplicata

Prima del 2012 sparivano infatti in media dal Polo Sud "solo" 76 miliardi di tonnellate di ghiaccio all’anno, mentre negli ultimi cinque questa media è salita a 219 miliardi di tonnellate. Ancora più accentuato è il fenomeno in Groenlandia, dove, da una media di 34 miliardi di tonnellate di ghiaccio fuso ogni anno nell’ultimo decennio del 20° secolo, si è passati a una media di 280 miliardi tra il 2002 e il 2016 (cifre NASA). Ecco perché i climatologi sono così preoccupati. Secondo i calcoli fatti sulla base dell’analisi dei carotaggi effettuati nel Whanganui Basin, se la temperatura del nostro pianeta dovesse superare di 2°C quella dell’era preindustriale, la fusione parziale dei ghiacciai antartici e groenlandesi diventerebbe inarrestabile e farebbe salire il livello dei mari entro pochi secoli fino a 20 metri, sommergendo territori immensi e gran parte delle metropoli costiere. Ovviamente il fenomeno non sarà rapidissimo, calotte glaciali spesse migliaia di metri non possono infatti sciogliersi in pochi anni, ma il ritmo della loro fusione sta accelerando enormemente ed è triplicato nel corso di un solo lustro. Secondo i rilevamenti satellitari della NASA, negli ultimi 23 anni il livello medio del mare è già salito di 6 centimetri e potrebbe aumentare di altri 90cm entro i prossimi 80 anni. Le stime dell’IPCC non lasciano molti dubbi, se le nostre emissioni di CO2 continueranno ad aumentare come finora, il limite di +1,5°C potrebbe già essere superato nel 2030 e quello di +2°C nel 2050.