+32,3% di rinnovabili nel 2018 in Europa
09.02.2019
Notizie negative
Articolo del 20 agosto 2019
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A partire dagli anni ’90 del secolo scorso s’è fatta strada l’idea che utilizzare legna come combustibile fosse rispettoso dell’ambiente. La legna essendo un combustibile rinnovabile, si pensava che bruciarla fosse neutrale dal punto di vista climatico: un ragionamento basato su un fatale errore di calcolo
Bonus, incentivi, agevolazioni …. Nella lodevole intenzione di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, oggi molti paesi incentivano l’istallazione di riscaldamenti a pellet al posto di quelli tradizionali a carbone, a nafta o a gas. Essendo questi ultimi combustibili fossili, mentre i pellet sono fatti di una materia prima rinnovabile, il ragionamento sembra filare liscio come l’olio. Recenti studi indicano tuttavia che si tratta di una pia illusione con effetti catastrofici sul clima.
Come nascono i pellet
Gli alberi, con il cui legno sono prodotti i pellet, sono fatti di carbonio. Tramite le foglie l’albero assorbe CO2 dall’aria, mentre con le radici assimila dal terreno acqua e altre sostanze importanti per la sua crescita. Per mezzo del complesso processo della fotosintesi ogni molecola di CO2 assorbita viene scissa in un atomo di carbonio (C) e una molecola di ossigeno (O2). Mentre il carbonio serve all’albero per crescere, l’ossigeno viene rilasciato nell’aria, dove serve da carburante vitale per tutto il mondo animale, uomo incluso. È importante sapere che il carbonio accumulato dall’albero rimane racchiuso nel suo legno per tutta la durata della sua vita. Se dunque si taglia un albero e si brucia il suo legname, anche sotto forma di pellet, il carbonio accumulato durante tutta vita di quest’albero viene rilasciato d’un sol colpo nell’atmosfera sotto forma di CO2. Va notato che un metro cubo di legna o di pellet contiene l’equivalente in carbonio di una tonnellata di CO2.
Perché è un paralogismo pensare che bruciare pellet sia un bene per il clima
William R. Moomaw, professore emerito della Tufts University del Massachusetts specializzato nello sviluppo sostenibile, è uno scienziato che ha pubblicato diverse ricerche sul ciclo del carbonio delle foreste. Pure lui ammette che decenni fa pensava che bruciare legna fosse un processo neutrale dal punto di vista del bilancio di CO2 e che non avesse alcun impatto per quel che concerne il clima. Era fare i conti solo con la sola fisica, dimenticando la matematica. Certo, gli alberi possono anche ricrescere, ma purtroppo, prima che essi giungano al massimo della loro capacità di assorbire CO2, ci vogliono almeno 50 anni e questo tempo ci manca. Bruciando legna e pellet per riscaldarci o per generare elettricità (sí … perché i pellet si utilizzano anche in diverse centrali elettriche al posto del carbone!) si immettono nell’atmosfera in breve tempo enormi quantità di CO2, quantità paragonabili, per intenderci, a quelle immesse dagli enormi incendi di boschi della Siberia o della California. Questo CO2 rimarrà poi nell’atmosfera per decenni o addirittura secoli. Come lo ha ribadito recentemente in modo estremamente chiaro l’IPCC (il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) nel suo ultimo rapporto, ci rimangono però soli 10 anni di tempo per dimezzare le emissioni di CO2 ed evitare che il clima vada completamente fuori controllo
Piantare alberi permette di riassorbire parte del CO2 da noi prodotto, ma ….
Di tutte le soluzioni proposte per contrastare l’incombente catastrofe climatica, piantare alberi è certamente quella più popolare. Poco più di un mese fa un gruppo di ricercatori del Politecnico federale di Zurigo ha pubblicato nella rivista "Science Journal" uno studio in cui la riforestazione viene definita una delle armi più efficaci per contrastare il surriscaldamento del clima. Secondo questo studio, se a livello globale si procedesse al rimboschimento di 900 milioni di ettari di terreno (una superficie superiore all’intero Brasile!), una volta cresciuti, gli alberi potrebbero assorbire due terzi delle emissioni causate finora dall'uomo, ossia 205 miliardi di tonnellate di anidride carbonica sulle 300 rilasciate nell'atmosfera dall'umanità da quando è iniziata la rivoluzione industriale. Il problema è che tutti questi alberi dovrebbero già essere stati piantati e che comunque impiegherebbero almeno 5 decenni prima di raggiungere la loro piena capacità di stoccaggio di CO2, tempo di cui non disponiamo.
Piantare nuovi alberi, continuando nel contempo a bruciarne altri è una fatica di Sisifo
Le grandi e lodevolissime operazioni di riforestazione, come quella in corso in Etiopia, dove ci si sta impegnando a piantare 4 miliardi di alberi entro la fine di quest’anno, o quelle in corso in India e in Cina, rappresentano purtroppo solo la classica goccia nell’oceano, perché nel contempo la deforestazione continua a un ritmo sfrenato (anche per produrre pellet), mentre gigantesche superfici forestali scompaiono divorate da vasti incendi, come quelli scoppiati in Siberia, Alaska e California. A tutto ciò si aggiunge anche il CO2 prodotto dal legno che bruciamo pensando di fare del bene al clima. Non si tratta certo di bazzecole: negli ultimi 10 anni la produzione mondiale di pellet è quadruplicata e ogni anno la domanda cresce del 14%. In Svizzera lo scorso anno ne sono state bruciate ben 300'000 tonnellate (30% delle quali importate dall’estero), in Europa 24 milioni di tonnellate, di cui 9 importate. I più grandi esportatori mondiali di pellet sono gli Stati Uniti e il Canada, dove vengono rase al suolo intere foreste per ricavarne il prezioso "oro marrone".
Per il clima bruciare legna non è meglio che bruciare carbone, petrolio e gas
Secondo uno studio pubblicato l’anno scorso dall’M.I.T., il Massachusetts Institute of Technology, legna e pellet devono essere considerati nel breve termine alla stessa stregua dei combustibili fossili. Certo, gli alberi possono eventualmente ricrescere, ma per compensare il CO2 emesso durante la loro combustione sotto forma di pellet occorre alle nostre latitudini un lasso di tempo variante dai 44 a oltre 100 anni a seconda della specie, mentre nel frattempo il surriscaldamento climatico avrà prodotto dei danni irreversibili. Purtroppo vari paesi europei, fra cui la Svizzera, sovvenzionano gli impianti a pellet alla stessa stregua degli impianti fotovoltaici, ecco perché 800 scienziati hanno firmato una lettera al Parlamento Europeo in cui si chiede di porre termine a questo tipo di assurde sovvenzioni. Finora la lettera è rimasta senza risposta. Da notare che attualmente in Europa la cosiddetta biomassa, che comprende anche i pellet, rappresenta circa il 50% del mix di energie considerate rinnovabili.
E la Svizzera? .... “It’s mathematics, stupid!”
Come si può dedurre da queste cifre, gli alberi non saranno certamente quelli che ci salveranno dalla catastrofe climatica che abbiamo avviato, tanto più se li bruciamo. L’unica vera soluzione è azzerare le nostre emissioni di gas serra, ponendo termine a tutte le forme di produzione di energia basate sulla combustione.
Ciò non significa però affatto che gli alberi non siano importantissimi per il nostro clima: se invece di tagliare gli alberi nelle nostre foreste secondarie per ricavarne combustibile li lasciassimo crescere indisturbati tutt’attorno al globo, permetteremmo loro di sequestrare ogni anno 2,8 miliardi di tonnellate di CO2 supplementari. Ciò equivale a circa il 60% del divario fra la quantità di CO2 che l’umanità produce e quella che la natura è oggi in grado di assorbire nel corso dell'anno (Fonte: Woods Hole Research Center).