Riscaldamento climatico: superato il punto di non ritorno?
15.06.2019
Notizie negative
Articolo del 29 aprile 2019
Clicca sul tag per altri articoli
Un deputato UDC del Gran Consiglio bernese ha proposto un sistema da lui ritenuto “geniale” per risolvere il problema delle emissioni di CO2, stoccando questo gas serra sotto forma di humus nei terreni agricoli del nostro paese, una “notizia” accolta con entusiasmo da diversi pennivendoli nostrani
Il CO2, lo si sa, viene assorbito dalle piante per procurarsi carbonio. In un mondo ideale, senza l’uso di combustibili fossili, il CO2 prodotto dal mondo animale, compreso l’uomo, viene riassorbito da quello vegetale che ne estrae il carbonio di cui necessita per crescere e che a sua volta fornisce cibo a quello animale. In poche parole si tratta di un ciclo chiuso che si è ripetuto all’infinito per milioni di anni, mantenendo il tenore di CO2 nell’aria attorno alle 280 ppm (parti per milione). Così è stato fino a quando è iniziata la rivoluzione industriale, che, con la sua sete sfrenata di energia, ha portato l’uomo ad estrarre dal sottosuolo, dove erano rimasti intrappolati per centinaia di milioni di anni, miliardi di tonnellate di combustibili fossili e a bruciarli per ricavarne appunto l’energia necessarie a far funzionare le sue industrie e lo stile di vita dell’uomo moderno. Ragione per cui nel 20° secolo il tenore di CO2 nell’aria ha cominciato inesorabilmente a salire, superando nel 1950 per la prima volta da milioni di anni la soglia dei 300 ppm, per arrivare all’inizio di quest’anno a oltre 410 ppm.
Ed ecco che Daniel Lehmann, deputato UDC nel Gran Consiglio bernese, ha avuto la sua idea “geniale”: rimettere nella terra dei campi il CO2 in eccesso sotto forma di supplemento di humus. Secondo Lehmann si potrebbero sotterrare in questo modo 30 tonnellate di CO2 per ettaro, ossia, citiamo: “9 milioni di tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni di 1,8 milioni di abitanti del nostro paese”.
La notizia è stata ripresa acriticamente e con entusiasmo dalla Radio Televisione Romanda (RTSR), dal quotidiano romando Le Matin Dimanche e anche dal nostrano Claudio Mésoniat, già direttore Giornale del Popolo, che sul Mattino della Domenica afferma addirittura che basterebbe, citiamo, “incrementare del 4% il tasso di humus nei terreni agricoli del pianeta per compensare il totale delle emissioni mondiali di CO2”
Secondo Le Matin Dimanche per aumentare lo strato di humus e cancellare il CO2 in eccesso basterebbe semplicemente lasciare marcire gli scarti vegetali sui campi. Ma dove cavolo andiamo a prendere questi scarti organici da lasciar marcire sui campi? Attualmente la maggior parte delle sostanze organiche in grado di produrre humus finiscono nei nostri piatti sotto forma di frutta e verdura, come foraggio per gli animali, come materie prime per industrie come quella della carta e per la produzione di energia, vedi il pellet per i riscaldamenti a legna. Tutto il resto: residui di colture, paglia, sovescio verde, radici, letame, liquami viene già utilizzato oggi per produrre humus. Non sorprende dunque se, secondo gli esperti della Confederazione, il CO2 sequestrato secondo questo metodo non dovrebbe superare le 300'000 tonnellate, anche perché non tutti i contadini participerebbero all’azione e comunque la materia organica disponibile è limitata.
Va poi ricordato a questi "giornalisti" che ogni Svizzero produce in media 12 tonnellate di CO2 all’anno, in altri termini sono oltre 100 i milioni di tonnellate di CO2 che dovremmo eliminare ogni anno per tornare ad un ciclo del CO2 naturale. Quindi risparmiarne 300'000 tonnellate di CO2 significa ridurre le emissioni di questo gas serra solo di un misero 0,33%. Altro che risolvere il problema! Senza poi contare il fatto che i nostri stregoni della scienza ignorano un fatto primordiale: per creare uno strato dello spessore di un solo centimetro di humus ci vogliono dai 100 ai 300 anni, a seconda del tipo di terreno e di clima. L’humus di cui disponiamo alle nostre latitudini è infatti il frutto di processi biologici durati oltre 10'000 anni, cioè iniziati dopo l’ultima glaciazione.
La scienza, lo sappiano, non è il piatto forte della maggioranza di noi concittadini, ma se pretendiamo di fare i giornalisti e scrivere per informare il pubblico, dovremmo perlomeno riflettere un attimo prima di cominciare a scrivere e andare ad informarci da coloro che le cose le studiano per mestiere.
Purtroppo non ci sono scorciatoie né sistemi miracolosi per ridurre senza fare fatica le nostre emissioni di anidride carbonica: dobbiamo smettere di utilizzare combustibili fossili e sostituirli con fonti energetiche rinnovabili. Sarà dunque un processo lungo, difficile e irto di ostacoli.