Shell investe nelle rinnovabili
17.03.2019
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Articolo del 24 gennaio 2019
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Centrali fotovoltaiche e agricoltura non si escludono: ecco nascere l'agrovoltaico
A Kauai, l’isola geologicamente più antica dell’arcipelago hawaiiano, è stata realizzata una centrale fotovoltaica di nuova generazione che ricopre oltre mezzo km2 di territorio. Essa contribuirà a coprire oltre il 50% del fabbisogno in elettricità dell’intera isola con le rinnovabili.
Se da un lato si tratta di una centrale hi-tech, i cui pannelli mobili sono sempre rivolti in modo ottimale verso il sole, dall’altro essa comprende anche un elemento low-tech, ossia una squadra di 300 pecore incaricata di tenere il terreno libero dalla vegetazione.
Non si tratta certamente della prima volta in cui l’interesse dei produttori di energia pulita e quelli degli agricoltori si incontrano. In Giappone ad esempio sono state realizzate delle centrali fotovoltaiche su suolo agricolo che garantiscono un duplice guadagno agli agricoltori: quello derivante dall’affitto pagato per il terreno su cui sorgono i pannelli e quello derivante dalla vendita degli ortaggi prodotti sullo stesso terreno. Ecco dunque nato il termine “agrovoltaico”.
Per funzionare gli impianti solari devono però rispondere a un paio di requisiti.
In questo modo si garantisce da un lato una maggiore umidità del suolo e si evitano i danni alle piante per eccessivo irraggiamento solare e dall’altro si garantisce lo spazio di manovra necessario alle macchine agricole.
Tenendo conto che oggi i vetri di gran parte delle serre in cui vengono coltivati gli ortaggi che consumiamo devono essere spruzzati in estate con la calce per evitare un eccessivo irraggiamento solare e un calore sovrabbondante al loro interno, la soluzione agrovoltaica appare più che sensata, perché da un lato risolve il problema dell’irraggiamento eccessivo, problema particolarmente sentito in questi tempi di riscaldamento climatico, e dall’altro fornisce al contadino una fonte di reddito supplementare.